Considerazioni sulla recente sentenza della Corte di Cassazione secondo cui in mediazione vi è l'obbligo della presenza personale o, in mancanza, serve la procura notarile

Avv. Giovanni Giangreco Marotta* - La Corte di Cassazione, sez. III Civile, con sentenza del 27 marzo 2019, n. 8473, si è pronunciata sulla obbligatorietà della presenza personale delle parti in mediazione, nonchè sulla questione che individua il momento in cui può dirsi assolta la condizione di procedibilità di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010.

Insufficiente la semplice procura dell'avvocato in mediazione

La giurisprudenza di merito di vari tribunali italiani in più occasioni ha affermato la obbligatorietà della presenza personale delle parti.

In particolare, poi, il Tribunale di Vasto, con sentenza del 17/12/2018, ha escluso la possibilità che la parte potesse essere sostituita dall'avvocato "perché pensare che la mediazione si possa correttamente svolgere con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore (quantunque i legali si presentino all'incontro muniti di procura speciale) significherebbe frustrare lo spirito dell'istituto. Ciò impedirebbe allo stesso strumento di manifestare le sue notevoli potenzialità, sia sotto il profilo della pacificazione sociale sottesa alla facilitazione di accordi amichevoli, sia sotto il distinto e connesso profilo della deflazione del contenzioso giudiziario".

Leggi https://www.studiocataldi.it/articoli/33239-mediazione-l-avvocato-non-basta.asp

Con la citata sentenza, tuttavia, la Suprema Corte, ribalta detto orientamento e ritiene che "nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte possa anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente anche nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura speciale sostanziale.

La procura, infatti, deve riportare lo specifico oggetto della mediazione e conferire ad un rappresentante a conoscenza dei fatti il potere di disporre espressamente dei diritti sostanziali che sono oggetto della mediazione.

Tale procura, continua la S.C., non può essere autenticata dallo stesso avvocato "perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione, non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore".

Chi deve autenticare la procura speciale?

Dalle considerazioni enunciate dalla Cassazione, nonchè dai principi affermati dalla sentenza n. 2010/2017 della Corte d'Appello di Trieste che ha approfondito tale questione, si evince che la procura non possa che essere autenticata da un notaio.

Pertanto, la parte in mediazione potrà essere rappresentata solo mediante una procura speciale notarile che riporti "lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto".

Sta ora a tutti gli organismi di mediazione civile rispettare e far osservare rigorosamente tale nuova disposizione.

Potenziale conflitto di interessi

In un passaggio della sentenza, la S.C. richiama il lavoro svolto dalla Commissione Alpa - istituita nel 2016 dal Ministro della Giustizia Orlando per elaborare una riforma organica delle a.d.r. - e ricorda come la stessa Commissione, ponendosi il problema della rappresentanza in mediazione, abbia previsto l'obbligatorietà della presenza di un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia.

Invero, la Commissione Alpa ha proposto anche la soluzione a un problema che la Corte di Cassazione ha perso l'occasione di affrontare nella sentenza in esame, ovvero quello del potenziale confitto di interessi dell'avvocato chiamato a decidere dei diritti sostanziali di un suo assistito.

La proposta della Commissione Alpa prevedeva infatti che "le parti devono essere presenti di persona oppure, per giustificati motivi, tramite un rappresentante diverso dall'avvocato che le assiste in mediazione".

Tutelare l'interesse del cliente è la priorità di ogni buon avvocato la cui moralità, tuttavia, potrebbe essere pregiudicata laddove il professionista stesso sia chiamato a decidere anche sugli interessi economici finali ed esterni alla prestazione richiestagli.

L'avvocato deve assistere il cliente in mediazione e poi, eventualmente, rappresentarlo in giudizio, evitando di "sposare" il cliente e le sue cause.

Una commistione dei due ruoli rischia di essere lesiva degli interessi del cliente e di far perdere all'avvocato il necessario distacco rispetto alle questioni trattate.

Assolvimento della condizione di procedibilità

Altra vexata quaestio affrontata dalla S.C. nella sentenza in esame, riguarda l'effettività del tentativo di mediazione civile ai fini dell'assolvimento della condizione di procedibilità.

Quando si può ritenere soddisfatta detta condizione?

È sufficiente che le parti compaiano, assistite dai loro avvocati, per il primo incontro davanti al mediatore o è necessario che si dia effettivo corso alla mediazione?

Secondo la Cassazione, l'onere della parte che intenda agire in giudizio di dar corso alla mediazione obbligatoria si ritiene adempiuto con l'avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, ben potendo solo la parte istante manifestare liberamente un parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare la procedura di mediazione.

Le motivazioni che la S.C. riporta a sostegno di tale tesi suscitano più di qualche perplessità.

In primo luogo, si legge nella sentenza, detta interpretazione sull'assolvimento della condizione di procedibilità è data "al fine di non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l'accesso alla tutela giurisdizionale".

La S.C., quindi, si preoccupa dei tre mesi, in media, necessari per lo svolgimento di una mediazione, e non dei tempi infiniti, delle complessità e dei costi di un giudizio.

I detrattori della mediazione, a questo punto, osserveranno che però se con la mediazione non si trova un accordo bisogna comunque fare una causa, con conseguente aumento dei costi a carico del cliente.

E allora parliamo di costi.

Per un giudizio il cui valore è di 25.000 €, si pagano 237,00 € per il contributo unificato, 27,00 € per la marca da bollo e poi ci sono le eventuali consulenze tecniche d'ufficio (migliaia di euro) e l'imposta di registro sulla sentenza, da un minimo di 200,00 € a un max di 2.250,00 € (a seconda dei casi).

Le spese per la mediazione civile, invece, per una lite dello stesso valore, ammontano complessivamente ad appena 370,00 €, più iva, (di cui 40 € per spese di avvio, 240 € per spese di mediazione, 90 € per la maggiorazione per esito positivo), ma è previsto un credito d'imposta sulle spese di mediazione sostenute fino ad un massimo di 500 €.

Nell'esempio sopra riportato, quindi, la mediazione si svolgerebbe a costo zero.

Poi, le spese per le consulenze tecniche sono solo eventuali e, comunque, più economiche di quelle di un giudizio.

Inoltre, tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura (art. 17 d.lgs. cit.) e il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite d valore di 50.000 € (art. 20).

A ben vedere, con la mediazione civile, non solo l'utente recupera i costi sostenuti per le spese della procedura ma ottiene pure un notevole risparmio sulle tasse.

Siamo ancora convinti che la mediazione civile costituisca veramente un ostacolo all'accesso alla giustizia?

E ancora, non si comprende perché la S.C. consideri su piani diversi la posizione della parte istante e quella della parte chiamata in mediazione.

Per la S.C., infatti, mentre se "l'attore dichiara di non intendere impegnarsi nella mediazione deve ritenersi che il mediatore debba prenderne atto e che l'attività si concluda anche in questo caso al termine dell'incontro preliminare, che la mediazione sia stata esperita e che abbia dato esito negativo, e che quindi la condizione di procedibilità sia soddisfatta", laddove a non voler coltivare il tentativo di mediazione sia, invece, la parte chiamata, "di questo comportamento si potrà eventualmente tenere conto nel successivo giudizio, come prevede il comma 4 bis dell'art. 8 ("Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116 c.p.c., comma 2. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio)".

In realtà, a rigor di logica, a dover essere valutato più severamente dovrebbe essere il comportamento di parte istante che, avviata la procedura di mediazione, si presentasse al primo incontro solo per dichiarare di non voler effettivamente impegnarsi nella mediazione, in quanto la procedura è stata avviata solo per assolvere la condizione di procedibilità.

Che senso ha avallare un comportamento del genere?

Che senso ha far avviare una pratica di mediazione, quando si sa già a priori di non volerla coltivare, per svolgere un primo incontro in cui far presenziare parti e/o avvocati ai quali il mediatore debba esporre la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, se per di più sussiste a carico dell'avvocato un obbligo di informativa dettagliata nei confronti del cliente, come disciplinato dall'art. 4, comma 3, d.lgs. 28/2010?

Non è forse questo il comportamento - che la giurisprudenza di merito stava correggendo e che da oggi invece è approvato dalla S.C. - a costituire un inutile ed oneroso ostacolo all'accesso alla giustizia?

E ancora...

La S.C. dichiara che a favore della propria interpretazione depone la struttura del procedimento, disciplinata dall'art. 8 e suddivisa in un primo incontro preliminare davanti al mediatore ("Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.") e in uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione. Solo se le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà avanti, interloquendo con le parti fino a proporre o a far loro proporre una possibile soluzione, altrimenti si arresterà alla fase preliminare (all'esito della quale sono dovute solo le spese, e non anche il compenso del mediatore). Non andrà in ogni caso avanti, dando atto dell'esito negativo della mediazione, se il potenziale convenuto non compare, o se compare e dichiara di non essere interessato alla mediazione.

Evidenzio sommessamente che, stando al tenore ai sensi dell'art. 8, non esiste né un "primo incontro preliminare" nè è previsto che le parti debbano "dare il via" al mediatore.

Quella del carattere preliminare del primo incontro è ormai una realtà avallata dalla prassi e da parte della giurisprudenza e oggi anche dalla S.C..

Esiste il "primo incontro" di una procedura nel corso del quale le parti sono chiamate ad esprimersi sulla possibilità di avviare una procedura di mediazione.

Anche la S.C. sembra confondere la possibilità oggettiva richiamata dall'art. 8 con la volontà soggettiva delle parti.

La lite verte su diritti disponibili? Tutte le parti sono presenti o correttamente rappresentate?

Se non ci sono elementi oggettivamente ostativi all'avvio di una procedura di mediazione, la possibilità di avviare la mediazione sussiste e deve essere effettivamente svolta, altrimenti si svuoterebbe il valore della obbligatorietà della mediazione di cui all'art. 5, comma 1 bis.

E poi, se il legislatore avesse voluto rimettere il prosieguo della mediazione alle volontà delle parti, avrebbe appunto parlato di volontà e non di possibilità.

E poi, che dire quanto alla mediazione delegata? Avrebbe senso che le parti, invitate dal giudice a svolgere effettivamente un tentativo di mediazione, si presentino davanti al mediatore per dire che non vi sono i presupposti per il raggiungimento di un accordo e che non vogliono aderire alla procedura di mediazione?

Non è stato forse il giudice a valutare preventivamente la "mediabilità" della controversia e a invitare le parti ad avviare con la controparte un confronto serio e coscienzioso sull'oggetto della controversia innanzi al mediatore?

"Creazione forzosa della cultura della mediazione"

Infine, una breve riflessione sul fatto che la S.C. parli di "creazione forzosa della cultura della mediazione".

La funzione dello Stato è anche quella di indirizzare le azioni dei cittadini, al fine di sviluppare comportamenti virtuosi che siano di giovamento al sistema paese.

Non è stato forse imposto il divieto di fumare nei luoghi pubblici o l'obbligo di mettere le cinture di sicurezza in auto? Sebbene all'inizio ci sia stata una forte resistenza, oggi questi comportamenti ci sembrano del tutto naturali.

E allora, se è stato necessario imporre l'obbligo di comportamenti virtuosi così semplici, davvero si pensa che, in una società litigiosa come la nostra, il cittadino possa, da solo e senza alcun ausilio, abituarsi all'idea di effettuare un tentativo di mediazione prima di avviare una causa?

Anche il Parlamento Europeo, peraltro, nella Risoluzione del 13 settembre 2011 ha riconosciuto un plauso alla obbligatorietà della mediazione civile italiana in quanto finalizzata proprio all'obiettivo primario della riduzione della congestione nei Tribunali.

Purtroppo, la S.C. ha perso un'importante occasione per esercitare correttamente la propria funzione nomofilattica e confermare la corretta interpretazione data dalla giurisprudenza di merito ad una normativa di per sé poco chiara.

Sono certo che verranno altre sentenze di merito a censurare le considerazioni della S.C. e, me lo auguro, altre sentenze di legittimità più coerenti con una reale cultura della mediazione.

Tavolo di lavoro sulla mediazione civile

Sarebbe opportuna, da parte del Ministero della Giustizia, la costituzione di un tavolo di lavoro sulla mediazione che veda la partecipazione di illustri rappresentanti del mondo della mediazione per studiare soluzioni che possano correggere le storture evidenziate.

A distanza di quasi dieci anni dalla sua introduzione, è giunto il tempo di riconoscere alla mediazione civile il ruolo di centralità nelle a.d.r. che si è guadagnata con il costante impegno di tanti organismi e di migliaia di mediatori.

Gli organismi di mediazione, i mediatori, gli avvocati per la mediazione non mollano.

Il tempo è un galantuomo e rimette a posto tutte le cose! Voltaire dixit.


*Avv. Giovanni Giangreco Marotta

Presidente ASS.I.O.M. - Associazione Italiana degli Organismi di Mediazione


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