Il reato di appropriazione indebita si consuma al momento del rendiconto annuale quando l'amministratore omette di restituire le somme possedute

Avv. Paolo Accoti - Commette il reato di appropriazione indebita l'amministratore di condominio che, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro o di cose mobili di proprietà dei condòmini, delle quali detiene il possesso in virtù del rapporto di mandato allo stesso conferito dall'assemblea condominiale (art. 646 Cp).

Lo stesso, infatti, in virtù di apposito contratto, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici nell'interesse di un altro soggetto, i condòmini, pertanto, la sua figura è riconducibile a quella del mandatario con rappresentanza (artt. 1703-1741 Cc).

In forza di tale contratto i condòmini, salvo patto contrario, sono tenute a fornire all'amministratore tutti i mezzi necessari e, in particolare, le risorse economiche, per l'esecuzione del mandato e per l'adempimento delle obbligazioni che a tal fine l'amministratore ha contratte in proprio nome (art. 1719 Cc), di contro, l'amministratore, è tenuto a rendere ai condòmini il conto del suo operato ed a rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato (art. 1713 Cc).

Ciò posto, la dimensione temporale della gestione condominiale risulta pacificamente annuale per come si desume da diverse norme del codice civile, di talché l'amministratore è tenuto ogni anno a predisporre il rendiconto annuale, tanto lo si evince dall'art. 1130 n. 1), Cc, a mente del quale l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea annualmente per l'approvazione del bilancio e dall'art. 1130 n. 11), Cc, laddove viene stabilito che l'amministratore deve redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e ribadisce che lo stesso deve convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centoottanta giorni.

Conseguentemente, nel caso di appropriazione indebita di somme di denaro di pertinenza dei condòmini, tale reato si consuma ogni anno nel momento in cui l'amministratore, chiamato a rendere il conto della propria gestione ed a restituire le somme possedute per conto dei predetti condòmini, omette tale restituzione trattenendo le somme con la volontà di farle proprie.

Tale momento consumativo del reato esplica i suoi effetti sul termine di prescrizione che, nel caso di specie, è di sette anni e sei mesi, atteso che lo stesso inizia a decorrere alla chiusura di ogni esercizio annuale, quando sorge l'obbligo di rendicontazione.

Questi i principi di diritto fissati dalla Corte di Cassazione, II Sezione Penale, nella sentenza n. 21011, pubblicata in data 11 Maggio 2018.

La vicenda giudiziaria

La Corte d'Appello di Milano confermava la condanna inflitta dal Tribunale di Monza ad un amministratore di condominio in virtù di dodici episodi di appropriazioni indebite continuate e aggravate di somme di denaro, in danno dei condòmini dallo stesso amministrati, con condanna anche al risarcimento del danno e alla refusione delle spese processuali in favore dei condòmini costituitisi parti civili.

Propone ricorso per cassazione l'amministratore di condominio, evidenziando come la carica di amministratore cesserebbe ogni anno, con conseguente obbligo di dare conto della gestione e di restituzione delle somme detenute.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ritiene il ricorso parzialmente fondato.

A tal proposito ricorda come <<il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, nel momento in cui l'agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, con la conseguenza che il momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del comportamento illecito è irrilevante ai fini della individuazione della data di consumazione del reato e di inizio della decorrenza del termine di prescrizione (Sez. 2, n. 17901 del 10/04/2014,; Sez. 5, n. 1670 del 08/07/2014).>>.

In virtù di ciò <<deve ritenersi evidente che lo stesso si è appropriato delle somme dei diversi condomini amministrati ogni anno, quando era tenuto a rendere il conto della gestione ed a restituire le somme detenute per conto di ogni condominio, ed ometteva invece tale restituzione con la volontà di far proprie le somme dovute. Conseguentemente, giacché in virtù dei diversi atti interruttivi deve considerarsi il termine massimo della prescrizione, determinato in anni sette e mesi sei di reclusione dal combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. proc. pen., va riconosciuta l'estinzione per prescrizione dei fatti di appropriazione indebita antecedenti al 6/8/2010.>>.

La sentenza, pertanto, viene annullata senza rinvio limitatamente ai fatti di appropriazione indebita antecedenti al 6/8/2010, perché estinti per prescrizione, confermando le statuizioni civili in ordine agli stessi reati.

Cass. Pen., Sez. II, 11.05.2018, n. 21011
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