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Il danno risarcibile nell'infortunistica stradale

Quando è possibile ottenere il risarcimento di un danno subito a seguito di un sinistro

La fonte risarcitoria | Il nesso causaleAccertamento della causalitàLe condizioni riconosciute dalla giurisprudenza |Il concorso delle concauseLa causalità dei fatti omissiviLa risarcibilità dei danni indiretti | Giurisprudenza
Guida sull'infortunistica stradale

Il nostro ordinamento dà a tutti coloro che subiscono un danno a seguito di un comportamento illecito altrui il diritto ad essere risarciti.

A tal fine sono necessari, tuttavia, due presupposti indefettibili, rappresentati dall'effettiva esistenza del danno e dalla presenza di un illecito consistente nella violazione di un diritto capace di connotare tale danno come ingiusto.

La fonte risarcitoria

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La principale fonte normativa a sostegno dell'obbligo risarcitorio è rappresentata dall'articolo 2043 del codice civile, che prevede che "qualunque fato doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno".
Ma tale norma non è l'unica.
Il risarcimento del danno può derivare non solo dalla violazione della regola generale sopra richiamata (che disciplina la responsabilità cd. extracontrattuale) ma anche dall'inadempimento di un obbligo contrattuale.
Secondo la previsione dell'articolo 1218 del codice civile, infatti, "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile".
Tralasciando aspetti di natura dogmatica circa la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, dal punto di vista pratico/applicativo ciò che preme invece sottolineare è che nel campo dell'infortunistica stradale sono ravvisabili entrambi i tipi di responsabilità.

Il nesso causale

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Come accennato, affinché da un fatto illecito o da un rapporto contrattuale possa scaturire, in capo al danneggiato, un diritto al risarcimento del danno occorre che venga accertato un duplice rapporto casuale.
Innanzitutto deve esserci una causalità materiale tra la condotta, omissiva o commissiva, e la lesione dell'interesse giuridicamente protetto dall'ordinamento giuridico.
Ci deve essere, poi, una causalità giuridica tra quest'ultima lesione e i danni che ne sono derivati.
Come riconosciuto in più occasioni dai giudici di legittimità e di merito, l'accertamento del nesso di causalità materiale dovrà perciò svolgersi alla luce dei principi generali dettati in ambito penalistico dagli articoli 40 e 41 del codice penale, con tutti i problemi ad essi afferenti ai fini della delimitazione dell'ambito di responsabilità.

Accertamento della causalità

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A tal proposito, l'accertamento della causalità (prodromico rispetto all'accertamento della natura colposa o dolosa della condotta che si pone alla base) è stato effettuato negli anni facendo riferimento principalmente a tre diverse teorie. 
Innanzitutto la teoria della conditio sine qua non, in forza della quale deve ritenersi che un evento sia causato da una condotta quando, in assenza di quest'ultima, esso non si sarebbe verificato. Tale teoria, più precisamente, sostiene che la realizzazione di una qualsiasi delle cause concorrenti, da sole sufficienti a cagionare un evento, possa integrare il nesso di causalità.
C'è poi la teoria della causalità adeguata, secondo la quale può essere considerato causa di un evento esclusivamente l'antecedente storico che in termini probabilistici o statistici, secondo la legge della natura, è idoneo a determinarlo.
Infine, si suole far riferimento alla teoria della causalità umana in forza della quale l'uomo può cagionare esclusivamente quegli eventi che è in grado di dominare con i suoi poteri volitivi e conoscitivi e non quelli eccezionali, che hanno delle probabilità minime di verificarsi.

Le condizioni riconosciute dalla giurisprudenza

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Nessuna di tali teorie, tuttavia, è da sola idonea a permettere un effettivo accertamento del nesso di causalità, tanto che la giurisprudenza, mediando, ha negli anni ritenuto che a tal fine è invece indispensabile la sussistenza di due condizioni.
La prima è rappresentata dalla necessità che l'eventus damni abbia rappresentato una conseguenza per così dire normale della condotta.
La seconda è rappresentata dalla necessità che la condotta non sia stata poi neutralizzata, sul piano eziologico, da un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento.
La sussistenza del nesso causale andrà perciò accertata valutando tutti gli elementi a disposizione al fine di stabilire se il fatto era obiettivamente e concretamente idoneo a produrre l'evento, secondo un rapporto di probabilità scientifica.
Ciò vuol dire che il nesso causale deve ritenersi sussistente quando l'evento può dirsi altamente probabile o verosimile in rapporto alla condotta presa in considerazione.

Il concorso delle concause

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Se poi l'eventus damni è riconducibile ad una pluralità di azioni o di omissioni secondo i dettami dell'art. 40 c.p. si dovrà ritenere che tutte abbiano egualmente concorso all'evento dannoso, senza distinzione. Affinché una causa possa ritenersi causa esclusiva di un evento è infatti necessario che questa, inserendosi nella successione di più cause, sia tale da spezzare ogni legame tra le concause e l'evento perché capace di porsi fuori dalla normale linea di sviluppo della serie causale in corso.

La causalità dei fatti omissivi

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In ordine alla sussistenza o meno di un rapporto di causa effetto tra la condotta e l'evento dannoso fonte di responsabilità risarcitorie si registrano forti oscillazioni giurisprudenziali in tema di rapporto causale per fatti omissivi. Con riferimento a questi ultimi, infatti, è necessario condurre un accertamento particolarmente rigoroso volto a verificare se l'evento dannoso si sarebbe verificato anche se fosse stata tenuta la condotta omessa.
Si tratta, insomma, di una ricostruzione ipotetica da condurre secondo termini probabilistici e che, di conseguenza, pone non pochi problemi dal punto di vista pratico/applicativo.
A tal proposito i giudici di legittimità hanno quindi elaborato una serie di criteri, tra i quali spicca quello del giudizio contrafattuale. Esso, in sostanza, consiste nell'ipotizzare quali sarebbero state le conseguenze della condotta alternativa omessa, così da valutare se questa sarebbe stata idonea ad evitare il danno sulla base delle leggi scientifiche pertinenti.
Si tratta tuttavia di un principio, mutuato dal sistema penale, che non ha un riconoscimento unanime.
Il più importante scostamento si è avuto con la sentenza della Corte di cassazione n. 581 dell'11 gennaio 2008, in forza della quale, ai fini del risarcimento del danno, il nesso causale tra una condotta omissiva e l'evento dannoso deve ritenersi sussistente ogni qualvolta possa affermarsi che, in base alle circostanze del caso concreto, la condotta alternativa corretta avrebbe impedito l'avverarsi dell'evento con una probabilità superiore al cinquanta per cento.
Si è ritenuta insomma sufficiente una ragionevole probabilità.

La risarcibilità dei danni indiretti 

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Il risarcimento del danno, specie nell'infortunistica stradale, non è comunque circoscritto alle conseguenze dirette ed immediate dell'illecito o dell'inadempimento.
L'evoluzione giurisprudenziale sul punto, infatti, è giunta a ritenere risarcibili anche i danni indiretti e mediati, pur se a condizione che essi si configurino come un effetto normale secondo il principio della c.d regolarità causale (e dunque non appaiono inverosimili rispetto all'evento). Proprio sulla scorta di una simile apertura è stato così ritenuto risarcibile il danno patrimoniale patito dal prossimo congiunto di persona rimasta ferita in conseguenza dell'illecito altrui, costretto ad un pensionamento anticipato per assistere il parente, così come il danno non patrimoniale comunque derivatogli.

Giurisprudenza

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Ecco alcune sentenze rilevanti in materia di danno risarcibile nell'infortunistica stradale.
"Nelle cause di risarcimento danni subiti dagli automobilisti, in tema di ripartizione dell'onere probatorio nel caso in cui sia presente un ostacolo sulla carreggiata autostradale, il gestore dell'autostrada ha l'onere di provare l'inesistenza di una propria negligenza per omessa vigilanza. Ciò sia nel caso in cui il titolo della responsabilità dedotta in giudizio dall'utente abbia natura contrattuale, sia quando abbia natura extracontrattuale. Nel primo caso, infatti, la società concessionaria può liberarsi dal risarcimento provando che l'inadempimento è derivato da causa a lei non imputabile ex art. 1218 c.c.; nel secondo caso, invece, deve dare prova liberatoria del fortuito ex art. 2051 c.c. attesa la possibilità della vigilanza da parte del soggetto concessionario dell'autostrada" (Cass. n. 10689/2008)

"Il proprietario di una strada non è responsabile, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., degli infortuni occorsi ai fruitori di quest'ultima, ove sia provata l'elisione del nesso causale tra la cosa e l'evento, quale può aversi, in un contesto di rigoroso rispetto di eventuali normative esistenti o comunque di una concreta configurazione della cosa in condizioni tali da non essere in grado di nuocere normalmente ai suoi fruitori avveduti e prudenti, nell'eventualità di accadimenti imprevedibili ed ascrivibili al fatto del danneggiato stesso - tra i quali una sua imperizia o imprudenza - o di terzi" (Cass. n. 2692/2014)

"Il danno alla salute subito dai prossimi congiunti della vittima di un incidente stradale costituisce danno non patrimoniale, risarcibile iure proprio nei confronti di tali soggetti ove sia adeguatamente provato il nesso causale tra la menomazione dello stato di salute dell'attore ed il fatto illecito" (Cass. n. 15491/2014)

"Allorquando la messa in circolazione di un autoveicolo in condizioni di insicurezza è ricollegabile all'azione o all'omissione sia del conducente (che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza) che del trasportato, emerge una fattispecie caratterizzata dal reciproco consenso dei medesimi alla circolazione, con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell'altro, e accettazione dei relativi rischi, integrante un'ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa del fatto evento dannoso che, a parte i profili di responsabilità per gli eventuali danni arrecati a terzi disciplinati dall'art. 2054 c.c., obbliga il conducente del veicolo al risarcimento dei danni sofferti dal trasportato in conseguenza del sinistro, atteso che il comportamento di quest'ultimo nell'ambito dell'indicata cooperazione non vale ad interrompere il nesso causale tra la relativa condotta del conducente e il danno, né ad integrare un valido consenso del trasportato alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili" (Cass. n. 10526/2011)

"La mera violazione di una norma, in materia di circolazione stradale, da parte del danneggiato, non è fonte di per sé di responsabilità civile, ove tale violazione non si ponga come elemento causale rispetto all'evento dannoso" (Cass. n. 24432/2009).

Aggiornamento: ottobre 2016