REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

La Corte dei conti

Sezione giurisdizionale per la Regione TOSCANA


IL GIUDICE UNICO


Nella persona del dott. Leonardo Venturini


Ha pronunciato la seguente


SENTENZA

nel giudizio iscritto al n. 56808\PC del registro di segreteria, su ricorso proposto da B. S. rappresentato e difeso dall’Avv. A. Lippi e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Roma,via Giunio Bazzoni 5


CONTRO

FERROVIE DELLO STATO S.P.A. In persona dell’avv.to A. Russo, legale institore, dom.to in Roma, P.zza della Croce Rossa 1, rapp. E dif. Dall’avv.to G. Conte, ed el.te dom.ta in Firenze, presso lo studio dell’avv.to G. Chiesi, P.zza della Signoria 4;


INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA sociale con sede centrale in Roma, via Ciro il Grande 21, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rapp. E dif. Dall’avv.to S. Imbriaci, presso il cui studio in Firenze, Via de’ Vecchietti n. 13 è elettivamente domiciliato


Per la declaratoria del diritto ai benefici di cui all’art. 2 della l. 336 del 1970, in qualità di profugo


E l’annullamento


Del DM n. 288 del 18.2.1993 delle Ferrovie dello Stato, unitamente al silenzio rigetto dell’INPS;


Tenutasi la pubblica udienza il giorno 23 aprile 2008, con l’avv.to Ceni su delega dell’avv.to Lippi, Messeri su delega dell’avv.to Conte;


Visti gli atti e i documenti tutti di causa;


Ritenuto in


FATTO


Con il decreto n.288, in data 18 febbraio 1993, menzionato in epigrafe, le Ferrovie dello Stato hanno attribuito all’ex dipendente B. S. - cessato dal servizio in data 1 dicembre 2003 – la pensione ordinaria diretta definitiva, calcolata sul servizio utile da lui maturato.


L’interessato ha richiesto all’Amministrazione che, nella qualità di profugo, gli fossero applicati i benefici di cui alla legge 24 maggio 1970, n. 336, ma tale richiesta è stata disattesa.


Da ciò il ricorso giurisdizionale alla Corte dei conti, depositato a questa Sezione in data 10 febbraio 2007, nel quale ha impugnato il provvedimento di liquidazione in parte qua, affermando sussistente il suo diritto alla riliquidazione della pensione mediante inclusione dei benefici di cui alla predetta legge n. 336 del 1970.


Più in particolare il ricorrente ha sostenuta la doglianza richiamando il proprio status di profugo rimpatriato dalla Libia, e dunque non in applicazione del Trattato di pace, il riconoscimento di tale status, nonché l’equiparazione dei profughi della categoria alla quale egli appartiene con le altre, operata con la legge 26 dicembre 1981, n. 763, recante “Normativa organica per i profughi”. A tenore dell’articolo 1 di quest’ultima, ha assunto il ricorrente, i profughi “da territori esteri in seguito a situazioni di carattere generale che hanno determinato lo stato di necessità al rimpatrio” - categoria alla quale egli afferma di appartenere in quanto rientrato in Italia a seguito degli eventi politici verificatisi in Libia nel 1969 – risultano “equiparati a tutti gli effetti” a quelli provenienti dalla stessa Libia, dalla Somalia, dall’Eritrea, dall’Etiopia, dai territori sui quali è cessata la sovranità italiana e dai territori esteri in seguito ad eventi bellici. In virtù di tale equiparazione non vi sarebbero motivi ostativi, giuridicamente apprezzabili, affinché il beneficio richiesto gli sia negato dall’ex datrice di lavoro. In tale senso, secondo il ricorrente, deporrebbe la deliberazione della Sezione Controllo Stato della Corte dei conti n. 1369, in data 15 luglio 1983 nella quale, in dissenso con un indirizzo interpretativo della Corte di cassazione, è stato affermato che la volontà di equiparazione manifestata dal Legislatore tra tutte le categorie di profughi e operata dalla legge n. 763 del 1981 debba intendersi riferita anche agli effetti della legge n. 336 del 1970, recante i benefici, anche a fini pensionistici, che il B. rivendica gli siano attribuiti.


Conclusivamente il ricorrente ha chiesto che la Corte voglia annullare il provvedimento “de quo” e dichiarare il diritto del ricorrente al computo degli aumenti previsti dalla L. 336/70 sulla base pensionabile e corresponsione del trattamento pensionistico corrispondente.


L’INPS si è costituita in giudizio con dettagliata memoria affermando la nullità del ricorso e l’infondatezza della domanda nel merito mentre le Ferrovie dello Stato, oltre l’infondatezza, in via preliminare hanno eccepito il difetto di legittimazione passiva.


Considerato in


DIRITTO

Il ricorso è infondato, per i motivi che seguono, e pertanto va rigettato. Già questa Sezione, con chiara motivazione, ebbe ad adottare simile decisione, con sentenza n. 76 del 2005. Ma, soprattutto, pare esaustiva, con profondità di motivazione, la decisione della Sezione Umbria della Corte dei Conti, n. 376/06. Ad essa, premesso che è priva di pregio l’eccezione di legittimazione passiva delle Ferrovie dello Stato, stante la copiosa giurisprudenza del Giudice della nomofilachia in questione, alle cui argomentazioni si rimanda, si farà riferimento seguendo il filo logico-motivazionale.


La questione all’esame del Giudice delle pensioni concerne la doglianza dell’ex dipendente delle Ferrovie sig. B., circa la mancata inclusione, ai fini della liquidazione della pensione ordinaria diretta di spettanza operata dall’Amministrazione già datrice di lavoro con il decreto impugnato in parte qua, dei benefici previsti dalla legge 24 maggio 1970, n. 336, benché gli fosse stata riconosciuta la qualifica di “profugo”, in quanto rimpatriato dalla Libia.


Si ripete, il ricorso è infondato e deve essere respinto.


La legge 24 maggio 1970, n. 336, recante “Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti e assimilati” ha stabilito che i benefici ivi previsti si applicano “ai profughi per l’applicazione del trattato di pace e categorie equiparate”, alla quale il B. afferma di appartenere per effetto del provvedimento prefettizio innanzi richiamato, benché egli sia stato rimpatriato non “in applicazione del trattato di pace”, bensì a causa di eventi politici che si sono verificati nell’ex territorio metropolitano d’Africa settentrionale a partire dall’anno 1969, ed in forza dell’equiparazione prevista dalla legge 26 dicembre 1981, n. 731, recante: “Normativa organica per i profughi”.


La questione non è stata priva di controverse interpretazioni già nella sede amministrativa, in quanto, a fronte delle circolari del Ministero della difesa n. 34000/A/4, in data 29 settembre 1995 (la quale, peraltro, non esprime una propria valutazione sul tema, ma, pur rilevando l’opposto indirizzo assunto dalla Corte di cassazione, esprime agli Uffici destinatari l’avviso di uniformarsi all’interpretazione di cui alla deliberazione della Corte dei conti – Sezione controllo Stato n. 1369 del 1983, in quanto la Corte stessa “ammette a registrazione i decreti concessivi dei benefici combattentistici ai profughi e rimpatriati dalla Libia dopo l’agosto 1970”) e dell’I.G.O.P. Della Ragioneria generale dello Stato del Ministero del tesoro n. 165646, in data 26 settembre 1994 (la quale pure si conforma meramente alla citata delibera della Sezione controllo Stato del 1983), la Presidenza del Consiglio dei Ministri – dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali, con circolare n. 932 del 9 febbraio 1996, ha espresso avviso del tutto diverso, affermando che la qualifica di profugo, sia pure a seguito dell’equiparazione ai sensi della legge n. 731 del 1981, “non conferisce titolo per usufruire dei benefici combattentistici di cui alla legge n. 336, i cui destinatari rimangono solo ed esclusivamente gli appartenenti alle categorie ivi espressamente indicate, e tra costoro i <<profughi per l’applicazione del trattato di pace e categorie equiparate>> comunque riferibili o collegabili all’ultimo conflitto mondiale e non certamente ad avvenimenti successivi di quasi un trentennio. È da ritenere, quindi, che le provvidenze a favore dei profughi di cui alla citata legge n. 763 siano quelle in essa contemplate (ai titoli I II III IV e V) e non altre”.


Quanto, poi, alle interpretazioni date dalla Corte dei conti in sede di controllo atti, se è vero – come ribadito dal ricorrente ed assunto nelle circolari ministeriali della Difesa e del Tesoro innanzi richiamate – che la Sezione Controllo Stato ebbe ad orientarsi, con la più volte menzionata delibera n. 1369 del 1983, nel senso della estensibilità dei benefici della legge n. 336 del 1970 anche ai profughi appartenenti alle categorie equiparate ai sensi della legge n. 763 del 1981, è da notare che in singole occasioni, qual è quella richiamata dalla convenuta mediante allegazione del rilievo n. 1654/99, essa ha negato il visto e la conseguente registrazione ad un provvedimento pensionistico inclusivo dei suddetti benefici ad un profugo dalla Libia rimpatriato nel 1970 osservando che i rimpatriati dopo l’agosto 1969, secondo un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato “non possono usufruire dei benefici combattentistici di cui alla L. 336/70, trattandosi di cittadini italiani che furono costretti a rientrare in Italia a seguito di eventi provocati non direttamente dalla guerra o dal trattato di pace”.


Né elementi in senso diverso fornisce una sentenza della Sezioni giurisdizionale regionale per il Lazio n. 818/06, le conclusioni della quale non sono qui condivise, in quanto essa s’è limitata a riprodurre per relationem la medesima tesi sostenuta nella ridetta delibera della Sezione Controllo Stato n. 1369 del 15 luglio 1983, la quale costituisce, ex professo, un’interpretazione assolutamente controversa e non aderente all’indirizzo indicato in tema dalla Suprema Corte.


In effetti quest’ultima, anche in molteplici occasioni successive alla delibera della Sezione Controllo Stato della Corte dei Conti del 1983 che ne aveva contraddetto le sentenze più risalenti nel tempo, ha mantenuto e – per così dire – arricchito il senso delle proprie pronunzie, negative circa l’estensibilità dei benefici della legge n. 336 del 1970 anche a profughi non resi tali dall’applicazione del Trattato di pace ed alle categorie ad essi equiparate.


Tra le molte (Sez. lavoro, 15 febbraio 1985, n. 1321; 17 novembre 1884, n. 5873) merita particolare analisi quanto la medesima Corte, con sentenza della Sezione lavoro 11 aprile 1998, n. 3749, ha avuto modo di affermare ripercorrendo integralmente la successione nel tempo delle norme regolanti la materia, precisandone l’effettivo significato dispositivo anche ai fini che qui interessano.


Nella circostanza la Corte di cassazione ha considerato, in estrema sintesi, che:


in Italia sono state emanate una serie di disposizioni a favore dei profughi, tali resi in varia guisa, con provvedimenti, in genere, parziali e contingenti;


la normativa è, inoltre, varia per contenuto e presupposti;


la legge n. 763 del 1981 ha riordinato la materia e, pur facendo propri molti istituti e molte definizioni della precedente legislazione contiene molti principi innovatori, rendendo illimitata la vigenza di norme in precedenza soggette a termine di validità e spesso prorogate, ovvero sottoponendo i diritti ad ottenere le provvidenze a termini di decadenza decorrenti dal rimpatrio o, in alcuni casi, dall’entrata in vigore;


ha definito in modo generale la nozione di profugo, che – però – non ha determinato la caducazione della distinzione, contenuta nelle precedente legislazione, tra profughi di guerra e per il trattato di pace da un lato, e connazionali rimpatriati, ossia profughi di più recente data, dall’altro;


la distinzione conserva, tuttavia la sua rilevanza per le provvidenze anteriori alla legge e, in particolare, per quelle previste dalla legge a favore degli ex combattenti, in quanto “se la comunanza dei pericoli ha giustificato l’estensione delle provvidenze previste per gli ex combattenti anche a profughi di guerra, ingiustificato e forse anche ridicolo sarebbe invece estendere le stesse provvidenze a soggetti colpiti da sventure degne certamente di attenta considerazione, ma tuttavia molto diverse per tempo e per natura dagli eventi bellici”;


l’espressione “profughi per l’applicazione del trattato di pace e categorie equiparate” contenuta nella legge n. 336 del 1970 comprende non tutti i profughi, ma solamente coloro che sono stati coinvolti in maniera immediata e diretta negli effetti del trattato di pace, così che le “categorie equiparate” di cui alla norma in esame sono “formate soltanto dalle persone che, con apposite leggi, hanno ottenuto la parificazione non già a tutti i profughi indistintamente, ma a quei profughi in particolare”;


coloro che, come il ricorrente, sono tornati dalla Libia dopo l’agosto 1969 per eventi non direttamente provocati dalla guerra o dal trattato di pace “sono legittimati a chiedere i benefici della legislazione vigente per i profughi e i rimpatriati in generale, ma non quelli della normativa speciale relativa agli ex combattenti e assimilati contenuta nella legge 1970 n. 336”;


nessun rilievo, in specie, può essere attribuito al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 1970, che ha dichiarato l’esistenza dello stato di necessità nei riguardi dei connazionali residenti in Libia anteriormente al 1 settembre 1969 e che siano rimpatriati o che rimpatrieranno dopo tale data, essendo questo atto inteso ad estendere nei confronti di costoro le provvidenze a favore dei profughi in generale, ma non quelle particolari provvidenze previste per gli ex combattenti e per le categorie equiparate, che comprendono i profughi di guerra, ma non tutti i profughi in generale.


Tutte le riportate considerazioni meritano piena condivisione anche in questa sede.


Ritiene, infatti, il Giudice delle pensioni che la specialità delle disposizioni di particolare favore contenute nella legge n. 336 del 1970, all’esito dell’esame della normativa di riferimento e del complesso di interpretazioni fornite nelle varie sedi e innanzi riepilogate, non possa che determinare la permanenza della distinzione – beninteso, ai fini che qui interessano – tra le diverse categorie di profughi che pure, ad altri fini (nel senso di un generale riordino della materia, come la stessa Suprema Corte ha estesamente denotato) la legge del 1981 ha inteso sottoporre ad un omogeneo e definito regime giuridico.


Ne consegue che il provvedimento attributivo della pensione ordinaria diretta al B., assunto dalle Ferrovie S.p.A. Ed oggetto della doglianza del ricorrente in parte qua, non è meritevole delle censure delle quali è stato fatto oggetto nell’atto introduttivo del giudizio e deve esser confermato anche in questa sede giurisdizionale.


Sussistono giusti motivi, per la complessità della controversia, per compensare tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.


La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Toscana, in composizione monocratica, definitivamente decidendo,


respinge


secondo quanto in parte motiva, il ricorso proposto da B. S..


Compensa le spese.


Così deciso in Firenze, il 23 aprile 2008.


IL GIUDICE UNICO


f.to Dr. Leonardo Venturini



Depositata in Segreteria il 21 luglio 2008


IL DIRIGENTE


f.to G. Badame