SENTENZA N. 328


ANNO 2008


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:


Franco BILE Presidente


Giovanni Maria FLICK Giudice


Francesco AMIRANTE “


Ugo DE SIERVO “


Alfonso QUARANTA “


Franco GALLO “


Luigi MAZZELLA “


Gaetano SILVESTRI “


Sabino CASSESE “


Maria Rita SAULLE “


Giuseppe TESAURO “


Paolo Maria NAPOLITANO “


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166 (Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili in attuazione dell’articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246), promossi dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sui ricorsi proposti da A. B. e da M. D. B. contro il Ministero della giustizia ed altri, con n. 2 ordinanze del 21 febbraio 2008 iscritte ai nn. 121 e 122 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2008.


Visti gli atti di costituzione di A. B. e di M. D. B. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;


udito nell’udienza pubblica dell’8 luglio 2008 il Giudice relatore Francesco Amirante;


uditi gli avvocati Mario Sanino per A. B., Mario Sanino e Federico Sorrentino per M. D. B. e l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri.




Ritenuto in fatto


1.— Nel corso di un giudizio amministrativo promosso da un aspirante notaio contro il provvedimento che lo aveva escluso dalla partecipazione alle prove orali del relativo concorso, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – con ordinanza del 21 febbraio 2008 – ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166 (Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili in attuazione dell’articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246), nella parte in cui prevede che le disposizioni dell’art. 11 dello stesso decreto «si applicano con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio».


Espone il giudice a quo, per quanto interessa in questa sede, che il ricorrente, candidato nel concorso a duecento posti di notaio bandito con decreto del 1° settembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 settembre 2004, ammesso a sostenere le prove scritte, è stato escluso da quelle orali, avendo riportato un punteggio complessivo pari a 96, di cui 30 nella prima prova e 33 nella seconda e nella terza. Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 166 del 2006, il legislatore ha stabilito una profonda innovazione nel sistema di valutazione dei candidati al concorso notarile, fra l’altro, introducendo espressamente l’obbligo di motivazione in caso di mancata ammissione agli orali.


In proposito, il TAR precisa che la previgente legislazione – e, più specificamente, l’art. 24 del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953 – prevedeva che il candidato, per essere ammesso agli orali, dovesse ottenere una votazione complessiva pari a non meno di 105, con non meno di 30 in ciascuna prova. Tale sistema dava corpo alla figura dei cosiddetti novantisti, ossia quei candidati che – come il ricorrente – pur avendo ottenuto il punteggio minimo di trenta in ciascuna prova, si vedevano ugualmente esclusi dalla partecipazione alle prove orali in conseguenza del mancato raggiungimento della votazione complessiva minima di 105. Con riguardo alla suddetta normativa, la giurisprudenza amministrativa – dalla quale il giudice a quo dichiara espressamente di non volersi discostare – è ferma nel ritenere che la commissione esaminatrice non sia tenuta ad alcun obbligo di motivazione, neppure in relazione ai candidati novantisti.


La situazione, però, prosegue il remittente, è radicalmente cambiata con il menzionato d.lgs. n. 166 del 2006, il quale – all’art. 11, comma 3, – dispone che la commissione possa attribuire soltanto un giudizio di idoneità o di non idoneità: nel primo caso, ciò comporta l’attribuzione automatica della votazione minima di 35 in ciascuna prova (senza alcun obbligo ulteriore di motivazione) mentre nel secondo la commissione è tenuta a motivare la valutazione di non idoneità.


In merito a tale innovazione legislativa, il giudice a quo rileva che, ai sensi del censurato art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 166 del 2006, le disposizioni del menzionato art. 11 – e, quindi, i nuovi criteri di valutazione dei candidati – si applicano «con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio». Conseguentemente, anche nel caso in cui – come nella specie è avvenuto – la correzione delle prove scritte si sia svolta dopo l’emanazione del bando di concorso successivo all’entrata in vigore del menzionato decreto n. 166, la nuova disciplina non può essere applicata al concorso precedentemente bandito, oggetto della presente controversia. Appare chiaro al remittente, infatti, che le disposizioni indicate «trovino applicazione a partire dal primo concorso successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo».


Ciò comporta, ad avviso del TAR, che l’impugnata disposizione sia in contrasto con i richiamati parametri costituzionali.


Un primo contrasto viene individuato con l’art. 3 Cost. – inteso come principio di uguaglianza che «viene ad evolversi in principio di ragionevolezza delle leggi» – il quale, oltre a vietare discipline differenziate, esige che le disposizioni di legge siano adeguate al fine pubblico perseguito dal legislatore. Nel caso di specie, l’art. 11 citato ha equiparato il giudizio di sufficienza a quello di idoneità ed ha imposto l’obbligo di motivazione per il giudizio di non idoneità, con ciò palesando l’obiettivo del legislatore di rendere chiare per tutti, attraverso la motivazione, le ragioni della mancata ammissione alle prove orali. Ora, se è vero che l’introduzione dell’obbligo di motivazione rientra nella sfera di discrezionalità insindacabile del legislatore, è altrettanto vero – ad avviso del remittente – che non vi è alcuna ragione per cui detto obbligo non trovi immediata applicazione, trattandosi di disposizione «volta al perseguimento di un fine di utilità generale». Di qui la prospettazione del dubbio di legittimità costituzionale della censurata disposizione, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.


In punto di rilevanza, il TAR osserva che l’eventuale accoglimento della presente questione renderebbe immediatamente applicabile l’art. 11 del d.lgs. n. 166 del 2006, con conseguente fondatezza della censura di difetto di motivazione dedotta dal ricorrente in sede di giudizio amministrativo.


2.— Si è costituito in giudizio A.B., ricorrente nel giudizio a quo, sollecitando, in primis, una diversa interpretazione della norma impugnata e chiedendo, in via subordinata, l’accoglimento della prospettata questione.


In ordine al profilo interpretativo, la parte privata rileva che la testuale dizione dell’art. 16, comma 2, impone di ritenere applicabile la nuova normativa – e, quindi, l’onere per la commissione di motivare il provvedimento di mancata ammissione agli orali – anche al concorso in fase di espletamento alla data di emanazione del bando di concorso successivo all’entrata in vigore della disposizione, tanto più che, in realtà, l’onere di motivazione degli atti amministrativi è già sancito dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990, sicché il decreto n. 166 del 2006 non ha fatto altro che esplicitare un’esigenza da tempo esistente in riferimento all’attività amministrativa. La commissione esaminatrice, pertanto, in ossequio ai principi di chiarezza e trasparenza – ribaditi proprio dalla normativa sopravvenuta – avrebbe dovuto procedere alla motivazione del provvedimento di esclusione, e ciò a prescindere dal momento di concreta entrata in vigore dell’art. 11 del citato decreto.


Ove questa Corte non concordasse con simile ricostruzione, la parte privata fa proprie, integralmente condividendole, le osservazioni del TAR in ordine all’illegittimità costituzionale del censurato art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 166 del 2006.


3.— In un giudizio amministrativo del tutto analogo al precedente, il TAR del Lazio, in diversa composizione ma con motivazione pressoché identica, ha sollevato la medesima questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli stessi parametri.


In questo caso, a differenza di quello precedente, il candidato aveva riportato, nelle prove scritte, la votazione complessiva di 93, comunque inferiore alla soglia di 105 fissata per l’ammissione agli orali.


4.— Nel giudizio si è costituito M.D.B., ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo alla Corte che – ove non ritenga di poter interpretare la normativa del d.lgs. n. 166 del 2006 come applicabile già alla procedura concorsuale in fase di svolgimento – la questione venga dichiarata fondata.


Premette la parte costituita che la normativa contenuta nel menzionato decreto ha eliminato la cosiddetta “zona grigia” costituita dai candidati che, pur avendo ottenuto una votazione di sufficienza nelle tre prove scritte, non venivano poi ammessi a quelle orali senza alcuna motivazione. Ne consegue che, nel sistema oggi vigente, sono possibili solo due alternative: la valutazione di idoneità – che comporta il punteggio minimo di 105 – e quella di non idoneità, che deve essere obbligatoriamente motivata. Il dettato legislativo, peraltro, non è in contrasto con la previgente normativa, della quale fornisce una sorta di interpretazione autentica.


In questo contesto, la disposizione transitoria oggetto della presente questione lega l’applicazione della nuova disciplina alla «data di emanazione del prossimo bando di concorso», con ciò lasciando intendere che – una volta emanato tale bando – la nuova disciplina deve applicarsi a tutte le fattispecie pendenti; e poiché il successivo concorso è stato bandito con decreto del 10 luglio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2006, almeno a far tempo da quest’ultima data la disposizione dell’art. 11 del d.lgs. n. 166 del 2006 avrebbe dovuto, secondo la parte, trovare applicazione. La commissione esaminatrice, invece, ha continuato ad operare con il vecchio sistema, da ritenere non più vigente.


Da simile ricostruzione deriva come corollario che l’interpretazione della normativa censurata fatta propria dal TAR, dal medesimo assunta come presupposto per l’odierna questione, dovrebbe essere considerata errata. Se così non fosse – osserva la parte privata – la norma transitoria in esame sarebbe, in pratica, del tutto inutile, «essendo pacifico che la nuova legge si applica certamente ai concorsi banditi successivamente alla sua entrata in vigore». Anche la giurisprudenza, del resto, privilegia sempre, in caso di dubbio, l’interpretazione più conforme al dettato costituzionale.


Ciò posto in punto di interpretazione, si rileva che, in caso di mancato recepimento di simile tesi, la disposizione censurata sarebbe certamente incostituzionale. A questo proposito la parte, oltre a fare proprie le censure avanzate dal giudice a quo in ordine alla violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, ipotizza anche una possibile violazione dell’art. 76 Cost., per eccesso di delega. Poiché, infatti, gli obiettivi della legge delega – e, in particolare, dell’art. 7 della legge 28 novembre 2005, n. 246 – erano quelli di snellire ed aggiornare la procedura concorsuale, anche tramite l’eliminazione della figura dei novantisti, sarebbe evidente che l’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 166 del 2006, limitando l’applicazione della nuova disciplina ai soli concorsi banditi successivamente alla sua entrata in vigore, violerebbe la ratio della legge delega.


5.— In una memoria depositata in prossimità dell’udienza M.D.B. Ribadisce le suddette osservazioni ed aggiunge che la mancata applicazione dell’obbligo di motivazione al concorso in fase di svolgimento avrebbe, a suo avviso, la grave conseguenza di determinare il protrarsi di una situazione di violazione degli artt. 24, 111, 113 e 117, primo comma, Cost., perché in contrasto con la tutela del diritto di difesa, il principio del giusto processo, il diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione e «i vincoli che l’ordinamento comunitario pone nei confronti del legislatore nazionale» in ordine al rispetto delle disposizioni della CEDU.


6.— In entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, con due memorie di identico contenuto, che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.


A giudizio dell’Avvocatura, la scelta di far decorrere l’entrata in vigore della nuova normativa a partire dalla data di emanazione del primo bando di concorso successivo appare «logica e coerente», anche perché la procedura concorsuale che interessa gli odierni ricorrenti è stata bandita nel 2004, mentre la norma sull’obbligo di motivazione è di oltre due anni e mezzo successiva. È ovvio, del resto, che la disciplina regolatrice di un concorso pubblico non può che essere stabilita prima che il medesimo si espleti, perché altrimenti ne risulterebbe irrimediabilmente leso il principio dell’affidamento.




Considerato in diritto


1.–– Il TAR del Lazio, con due ordinanze di contenuto uguale per quanto qui interessa, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166 (Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili in attuazione dell’art. 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246), nella parte in cui prevede che le disposizioni dell’art. 11 dello stesso decreto «si applicano con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio».


Le ordinanze risultano emesse in giudizi aventi ad oggetto i ricorsi di candidati al concorso notarile bandito il 1° settembre 2004 – esclusi dalle prove orali per aver ottenuto votazioni complessive nelle tre prove scritte inferiori a centocinque, pur avendo riportato, in ciascuna di queste, punteggi non inferiori a trenta – per ottenere l’annullamento dei suddetti provvedimenti di esclusione, deliberati quando, per essere stato pubblicato il bando di altro concorso, era già entrata in vigore la disposizione censurata.


A tal proposito, i remittenti espongono che il concorso de quo era stato bandito nella vigenza della disciplina del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953 (Disposizioni sul conferimento dei posti da notaro), e successive modificazioni, la quale stabiliva che per l’ammissione agli orali era necessario aver conseguito nelle tre prove scritte un punteggio non inferiore a centocinque e in ciascuna di esse non inferiore a trenta; che solo per l’esclusione a causa dell’attribuzione di un punteggio inferiore a trenta in una delle prove la Commissione aveva ritenuto necessaria un’espressa motivazione, mentre non soltanto per l’ammissione agli orali, ma anche per la non ammissione a causa del mancato conseguimento del suddetto punteggio complessivo, aveva invece ritenuto che l’attribuzione del punteggio numerico esaurisse l’obbligo di motivazione.


In diritto, i remittenti premettono che, durante l’esame delle prove scritte, relative al concorso cui inerivano gli atti impugnati, era entrato in vigore il d.lgs n. 166 del 2006, che aveva mutato le regole della valutazione e gli obblighi di motivazione stabilendo, ai fini dell’ammissione agli orali, che il giudizio positivo consegua automaticamente all’attribuzione del punteggio complessivo non inferiore a centocinque e che quello di non ammissione debba essere sorretto da espressa motivazione. La disposizione qui censurata stabilisce che le nuove norme si applichino «dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio». I remittenti – sul presupposto implicito, ma non contestato, che era stato nel frattempo bandito altro concorso – sostengono l’inapplicabilità della nuova normativa agli atti del concorso per il quale era in svolgimento la valutazione delle prove scritte, ma negano che siffatto differimento sia conforme ai parametri costituzionali evocati. In proposito, ritenuta, sulla base degli elementi di fatto esposti e sull’accertata impossibilità di accogliere altri motivi dei ricorsi, la rilevanza della questione, ne argomentano la non manifesta infondatezza sostenendo l’irragionevolezza del differimento dell’applicazione della nuova normativa. Essa, infatti, equiparando, ai fini della necessità di motivazione, ogni ipotesi di esclusione dalle prove orali, ha eliminato l’incongruenza della originaria disciplina consistente nel non richiedere la motivazione qualora l’esclusione fosse motivata dalla attribuzione di un punteggio complessivo inferiore a quello prescritto di centocinque, mentre era richiesta per l’insufficienza in una delle prove. La disciplina ora vigente assicura maggiore correttezza e trasparenza e contrasta, quindi, con il principio di uguaglianza negarne l’applicazione agli atti di una procedura concorsuale in via di svolgimento, con violazione anche del canone di buon andamento della pubblica amministrazione.


2.–– Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in entrambi i giudizi, ha concluso per l’infondatezza della questione, appellandosi alla libertà del legislatore nella regolamentazione del passaggio da una normativa ad un’altra e alla ragionevolezza della disposizione che stabilisce che una disciplina entrata in vigore nel 2006 non può applicarsi agli atti di un concorso bandito due anni prima, ancorché in via di svolgimento.


3.–– Le parti ricorrenti nei giudizi di merito, costituitesi, hanno entrambe contestato, in via principale, l’assunto dei remittenti sull’inapplicabilità della nuova disciplina agli atti del concorso cui hanno partecipato e sulla inesistenza dell’obbligo di motivazione, quantomeno in ogni caso di esclusione dalle prove orali. Siffatto obbligo – sostengono – già scaturiva dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed è stato ribadito dalla disposizione dell’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 166 del 2006, censurata dai remittenti, alla quale, secondo una delle parti private, va attribuita una valenza interpretativa se non se ne vuole affermare l’inutilità perché altrimenti priva di effetti.


In subordine, le parti ricorrenti nei giudizi di merito fanno proprie le argomentazioni dei remittenti, ma la parte costituitasi nel giudizio instaurato con l’ordinanza n. 122 del 2008 evoca anche l’art. 76 Cost. E sostiene che la disposizione censurata sarebbe viziata per essersi il legislatore delegato discostato dalla delega, differendo l’entrata in vigore della nuova disciplina e consentendo così il protrarsi dell’efficacia di una normativa contrastante con gli artt. 24, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione.


4.–– Deve essere disposta la riunione dei due giudizi, aventi ad oggetto la medesima questione.


In via preliminare, deve essere ribadito il principio che, nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, i termini della questione sono quelli fissati dal remittente, non essendo consentito alle parti mutarli o allargarli (vedi, per tutte, ordinanze n. 273 del 2005 e n. 194 del 2008).


5.–– Ciò premesso, la questione non è ammissibile, per diverse, concorrenti ragioni.


Si osserva anzitutto che sull’inapplicabilità della nuova disciplina alle procedure in corso e, soprattutto, sulla inesistenza di un già vigente, generale obbligo di motivazione, l’argomentare delle ordinanze di remissione è carente, risolvendosi in un generico richiamo alla giurisprudenza della quale, però, non vengono neppure sommariamente indicate le ragioni a sostegno.


La genericità di tale riferimento sarebbe stata superata ove i remittenti avessero adempiuto all’obbligo di motivare congruamente in proposito, tenendo conto di tutti i criteri interpretativi (letterale, storico, sistematico) e senza incorrere in contraddizioni.


Al contrario, si riscontra l’incongruità logica della motivazione rispetto al risultato che si vuole conseguire (applicazione della nuova normativa al concorso in via di svolgimento) sospettando di illegittimità costituzionale la disposizione suddetta. La questione, infatti, è letteralmente formulata in termini tali da far ritenere che, secondo l’assunto dei remittenti, una volta eliminato il riferimento «alla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio», la nuova disciplina – con gli obblighi di motivazione dei provvedimenti degli atti concorsuali che essa stabilisce – sarebbe senz’altro applicabile alle fattispecie oggetto dei giudizi di merito. Ma le ordinanze non spiegano le ragioni per le quali, una volta caducata la disposizione censurata, il d.lgs. n. 166 del 2006 sarebbe applicabile agli atti del concorso in via di svolgimento.


La questione, pur formulata nei termini suddetti, finisce, quindi, per risolversi nella richiesta di un intervento interpretativo di competenza dei remittenti e, quindi, non ammissibile in questa sede.


Per questi motivi


LA CORTE COSTIUZIONALE


riuniti i giudizi,


dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166 (Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili in attuazione dell’articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con le ordinanze indicate in epigrafe.


Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 luglio 2008.


F.to:


Franco BILE, Presidente


Francesco AMIRANTE, Redattore


Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere


Depositata in Cancelleria l’1 agosto 2008.


Il Direttore della Cancelleria


F.to: DI PAOLA