Corte Costituzionale

Ordinanza 24 aprile 2008, n. 115

(Pres. BILE, Rel. AMIRANTE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco BILE Presidente

- Giovanni Maria FLICK Giudice

- Francesco AMIRANTE "

- Ugo DE SIERVO "

- Paolo MADDALENA "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14-septies, quarto e quinto comma, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, promosso dal Tribunale di La Spezia nel procedimento civile vertente tra L. D. e il Ministero dell'economia e delle finanze ed altri, con ordinanza del 25 settembre 2006 iscritta al n. 194 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2007.

Visti gli atti di costituzione di L. D. e dell'INPS nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 marzo 2008 il Giudice relatore Francesco Amirante;

uditi gli avvocati Sante Assennato per L. D., Alessandro Riccio per l'INPS e l'avvocato dello Stato Fabio Tortora per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale di La Spezia, sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma, e 38, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 14-septies, quarto e quinto comma, della legge 29 febbraio 1980, n. 33 - recte: del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33 - «nella parte in cui non prevede, anche per il richiedente la pensione di inabilità, di cui all'art. 12 della legge 30 gennaio 1971, n. 118» (Conversione in legge del decreto legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), «l'esclusione dal computo dei redditi di quelli percepiti dagli altri componenti il suo nucleo familiare»;

che, quanto alla rilevanza della questione, il remittente espone che la ricorrente nel giudizio a quo, assumendo di essere invalida civile assoluta, ha chiesto la pensione d'inabilità negatale dall'INPS in sede amministrativa in quanto il suo reddito, cumulato con quello del coniuge, superava il limite di legge mentre, se fosse stato escluso il cumulo, l'entità del solo reddito dell'interessata le avrebbe consentito di godere della prestazione assistenziale in argomento;

che la questione sarebbe non manifestamente infondata con riferimento ad entrambi i parametri evocati, in quanto, per il soggetto parzialmente invalido, ai fini dell'attribuzione dell'assegno mensile, la legge stabilisce che non si tenga conto dei redditi degli altri componenti del nucleo familiare, sicché è irragionevole, secondo il remittente, stabilire più restrittivi limiti di reddito per soggetti più gravemente inabili rispetto a chi aspira all'assegno (per esserlo solo parzialmente);

che non ha rilievo l'affermazione, contenuta nella sentenza di questa Corte n. 88 del 1992, secondo cui, anche ai fini dell'attribuzione della pensione d'inabilità, non si deve tener conto del reddito del coniuge dell'interessato, perché si tratta di un'affermazione fatta incidentalmente, non necessaria ai fini della decisione, e costantemente contraddetta dall'orientamento della Corte di cassazione;

che, ad avviso del remittente, un diverso indirizzo giurisprudenziale, rinvenibile in parte della giurisprudenza di merito, non può essere seguito perché in contrasto con l'univoco dettato normativo;

che il giudice a quo sottolinea come la diversità di normativa sulla determinazione del requisito reddituale tra pensione ed assegno non sia originaria, bensì insorta successivamente attraverso modifiche non ben coordinate della disciplina, la cui necessità di razionalizzazione era stata posta in evidenza da questa Corte con la suddetta sentenza n. 88 del 1992;

che si sono costituiti in giudizio sia la parte privata sia l'INPS;

che la prima aderisce alle considerazioni del remittente e chiede quindi l'accoglimento della questione;

che l'Istituto previdenziale sostiene, invece, l'infondatezza della questione sul rilievo secondo cui la pensione di inabilità, di importo notevolmente superiore all'assegno, trova la sua giustificazione nella impossibilità di sopperire alle necessità dell'inabile mediante l'attuazione degli obblighi di solidarietà familiare, con la conseguenza che è il reddito familiare ad essere rilevante;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza della questione in quanto spetta al legislatore bilanciare le necessità dell'inabile e gli obblighi della solidarietà familiare e dell'intera collettività.

Considerato che alcune carenze di motivazione riscontrabili nell'ordinanza di rimessione in punto di rilevanza non consentono l'esame nel merito della questione di legittimità costituzionale la quale, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;

che, anzitutto, se può considerarsi non implausibile la motivazione con cui il giudice remittente ha ritenuto di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale ancor prima di disporre consulenza tecnica per la valutazione delle condizioni fisiche della ricorrente, la mancanza di qualsiasi accenno alle medesime ed alla relativa documentazione non consente neppure, sotto tale profilo, una delibazione sulla fondatezza della pretesa;

che, in secondo luogo, poiché la Direzione centrale dell'INPS, con messaggio n. 9879 del 17 aprile 2007 - confermativo, però, di un precedente, risalente indirizzo enunciato in altro atto generale, e con riferimento anche alla citata sentenza di questa Corte n. 88 del 1992 - inviato a tutte le sedi regionali, provinciali e alle agenzie, ha affermato che, in tema di pensioni d'inabilità civile, il requisito reddituale va riscontrato tenendo conto del «solo reddito personale del richiedente, come per gli assegni d'invalidità parziale», il remittente avrebbe dovuto chiarire quale fosse a tal riguardo l'atteggiamento in causa dell'INPS, su quale dei requisiti per l'assegnazione della pensione vertessero le sue contestazioni e con quali argomentazioni fossero sostenute.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 14-septies, quarto e quinto comma, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 (Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, sollevata, in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma, e 38, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di La Spezia, sezione lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2008.