Il lavoratore lasciato a casa senza stipendio perché non vaccinato contro il Covid per i giudici può trovare un altro lavoro e in ogni caso il danno non è irreparabile

I lavoratori non vaccinati possono stare a casa senza stipendio

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Sulla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per chi non è vaccinato contro il Covid, giudici diversi giungono a conclusioni simili.

Secondo il tribunale di Modena, infatti, chi viene sospeso dal posto di lavoro e lasciato a casa senza retribuzione perché non si è vaccinato contro il Covid, non subisce un danno irreparabile (ordinanza n. 2467/2021 sotto allegata), anche perché, come chiarisce il Tar del Lazio (ordinanza n. 137/2022), la sospensione dalle mansioni lavorative, è un danno meramente patrimoniale limitato ad un periodo di tempo circoscritto.

In ogni caso, a dire dei giudicanti, la legge non vieta di trovare un'altra occupazione.

Vediamo perché e come le due autorità giudiziarie sono giunte a queste conclusioni.

Perdere momentaneamente la retribuzione non è danno "irreparabile"

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Il caso di cui si è occupato il Tribunale di Modena riguarda due fisioterapiste, dipendenti di una residenza per anziani, che vengono esonerate dal servizio con sospensione della retribuzione perché non vaccinate contro il Covid.

Per il Tribunale il fumus boni iuris non sussiste in relazione al ricorso 700 c.p.c presentato dalle lavoratrici. E' infatti il datore a dover rispondere della salute dei suoi ospiti e dei suoi dipendenti, comprese le due fisioterapiste. Inoltre, sottolinea il Tribunale, la Corte Costituzionale insegna che il diritto alla salute è ambivalente perché non riguarda solo il singolo, ma tutta la collettività.

Necessario inoltre tutelare i soggetti fragili presenti nel contesto lavorativo delle due lavoratrici, poiché il virus fa molte vittime nelle RSA.

Insussistente inoltre il periculum in mora perché "il ricorrente è tenuto ad allegare e provare circostanze (in ordine alla sua situazione familiare, alla necessità di affrontare spese indilazionabili, alla compromissione del suo equilibrio psico fisico) dalle quali emerga che la perdita del posto di lavoro o la mancata assunzione - e quindi la conseguente perdita (o mancata acquisizione) della retribuzione - possa configurarsi come fonte di pregiudizio irreparabile, così da permettere alla controparte l'esercizio di un'effettiva difesa ed al giudice di operare una verifica finalizzata alla tutela di un pregiudizio concretamente e non teoricamente irrimediabile, non potendo il "periculum in mora" reputarsi esistente "in re ipsa" neppure nel fatto stesso della disoccupazione".

La perdita della retribuzione, in conclusione per il tribunale, non causa comunque un danno imminente, visto che si tratta di un danno risarcibile a posteriori.

Per il Tar un dipendente sospeso può trovare un altro lavoro!

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Il caso invece di cui si è occupato in questi giorni il Tar del Lazio con l'ordinanza n. 137/2022 riguarda dei dipendenti scolastici, che hanno agito in giudizio contro il Ministero dell'Istruzione, per ottenere l'annullamento:

- della nota n. 1889 del 07.12.2021 relativa al DL n. 172/2021, n. 172, nella parte in cui introduce dal 15 dicembre 2021 l'obbligo vaccinale per il personale della scuola (dirigenti scolastici);

- dell'Informativa sul trattamento dei dati personali del personale scolastico (dirigenti scolastici) nella parte in cui si prevede che i dati relativi allo stato vaccinale - a differenza degli esiti delle verifiche sullo stato di validità del Green Pass - sono conservati nel SIDI e che i log applicativi dell'obbligo vaccinale e i dati relativi al personale in servizio soggetto alla verifica saranno custoditi nella banca dati del SIDI."

Il TAR non rileva alcuna lesione dei diritti dei ricorrenti nei due provvedimenti impugnati in quanto atti meramente interni che forniscono agli uffici le modalità operative relative alla fonte legislativa che ha previsto l'obbligo vaccinale.

Il danno che gli stessi lamentano e che deriverebbero dalla sospensione dal diritto allo svolgimento della propria attività lavorativa ha "comunque natura meramente patrimoniale, sarebbe delimitato ad un definito e ridotto periodo temporale previsto a livello normativo ("non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021" ex art. 4 ter, co.3 della ridetta legge 76 del 2021) e potrebbe anche risultare ridotto o azzerato dallo svolgimento di altra attività lavorativa fonte di reddito non essendo impedito tout court ai soggetti non vaccinati di lavorare."

Non sussiste neppure il fumus boni iuris perché i provvedimenti impugnati sono solo atti applicativi dell'obbligo vaccinale normativamente previsto dalla legge per il personale scolastico, ritenuto contrario alle norme costituzionali e comunitarie.

Scarica pdf Tribunale Modena n. 2467/2021
Scarica pdf Tar Lazio n. 137/2022

Foto: 123rf.com
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