Lo straining è una forma moderata di vessazione del datore sul lavoratore, da cui nasce un diritto risarcitorio. Facciamo chiarezza
Avv. Francesco Pandolfi - Per definire il fenomeno dello straining dobbiamo pensare ad una forma di mobbing depotenziata.


Cos'è lo straining

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Lo straining è infatti un mobbing
in piccolo, uno stress forzato, dove non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie ma basta anche una singola azione lesiva purchè connotata da effetti duraturi. Si tratta di azioni che possono giustificare anche una pretesa risarcitoria ex art. 2087 c.c., nel caso siano produttive di danno all'integrità psico-fisica del lavoratore (pensiamo ai casi di demansionamento, dequalificazione o isolamento, che danno origine ad un danno riconoscibile e dimostrabile).

Ricordiamo che, più in generale, il mobbing riferito all'ambito lavorativo è un abuso reiterato, un insieme di condotte aggressive poste in essere da un soggetto in posizione di autorità a danno di un altro sottoposto; le azioni ripetute sono persecutorie, hanno il fine di emarginare la vittima e spesso sono fonte di danno alla salute.

Come individuare i beni protetti dalla legge?

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Se la vicenda aggressiva riesce a fiaccare la controparte debole del rapporto lavorativo, allora scatta la tutela.

Quando si verifica una situazione del genere, meritano adeguata protezione il diritto alla salute, la dignità unama e i diritti inviolabili della persona, così come tutelati dagli articoli 2, 32 e 41 della Costituzione.

Come capire se c'è responsabilità del datore di lavoro

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Per capirlo bisogna vedere cosa succede tutte le volte in cui l'evento dannoso è riconducibile ad un comportamento colposo, ossia all'inadempimento di specifici obblighi legali o contrattuali imposti, oppure al mancato rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede nel rapporto.

Per esempio: le Corti hanno più volte ritenuto sussistente la responsabilità di un Ministero in quanto il dipendente è stato oggetto di azioni ostili, puntualmente allegate e provate in giudizio, consistite nella privazione ingiustificata degli strumenti di lavoro, nell'assegnazione di mansioni non compatibili con lo stato di salute del dipendente, nella riduzione della persona ad una condizione umiliante di inoperosità (pensiamo al caso della docente dichiarata inidonea all'insegnamento, assegnata alla segreteria della scuola ed entrata in tensione con la dirigenza scolastica nel momento in cui rappresenta che occorre ulteriore personale per l'espletamento dei servizi amministrativi: alle rimostranze della dipendente, il dirigente reagisce sottraendole gli strumenti di lavoro, attribuendole mansioni didattiche sia pur in compresenza con altri docenti, nonostante l'accertata inidoneità; privandola infine di ogni mansione e lasciandola poi del tutto inattiva).

Come provare il danno alla salute

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In generale, le voci di danno risarcibile attengono alla sfera patrimoniale e non patrimoniale (biologico, morale ed esistenziale) del soggetto.

La casistica è ampia.

A puro titolo di esempio: la dimostrazione in Tribunale dell'esistenza di un danno può essere data attraverso gli accertamenti contenuti in una consulenza tecnica d'ufficio, idonea a rilevare che la condotta datoriale, sia pur non propriamente mobizzante integra in realtà un'ipotesi di straining, ossia di stress forzato deliberatamente inflitto alla vittima dal superiore gerarchico con un preciso obiettivo discriminatorio.

Compiuto e non contestato tale accertamento tecnico, ne consegue in giudizio la quantificazione in termini economici.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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