Norme a tutela del suolo e delle acque

Raccolta Normativa

Indice del codice dell'ambiente

PARTE TERZA
NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE, DI TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE
SEZIONE I
NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
CAPO I
PRINCIPI GENERALI

ART. 53

(finalita)


1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad

assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione.

2. Per il conseguimento delle finalita' di cui al comma 1, la

pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonche' preordinata alla loro esecuzione, in conformita' alle disposizioni che seguono.

3. Alla realizzazione delle attivita' previste al comma 1

concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunita' montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.

ART. 54

(definizioni)


1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 4 MARZO 2014, N. 46;

b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;

c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;

e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che puo' essere parzialmente sotterraneo;

g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimita' della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;

i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonche' di acque di transizione o un tratto di acque costiere;

m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attivita' umana;

n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attivita' umana, e' sostanzialmente modificata;

o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o piu' falde acquifere;

p) falda acquifera: uno o piu' strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosita' e permeabilita' sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantita' significative di acque sotterranee;

q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;

r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;

s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o piu' bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unita' per la gestione dei bacini idrografici;

u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attivita' riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonche' del territorio a questi connessi, aventi le finalita' di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;

v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;

z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;

((z-bis) Autorita' di bacino distrettuale o Autorita' di bacino: l'autorita' competente ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49;

z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto)).

ART. 55

(attivita' conoscitiva)


1. Nell'attivita' conoscitiva, svolta per le finalita' di cui

all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;

b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi

dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del

territorio;

d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione

dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;

e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta

necessaria per il conseguimento delle finalita' di cui all'articolo 53.

2. L'attivita' conoscitiva di cui al presente articolo e' svolta,

sulla base delle deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonche' modalita' di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilita' di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.

3. E' fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad

ordinamento autonomo, nonche' alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))), secondo le modalita' definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.

4. L'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce

allo svolgimento dell'attivita' conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonche' ai fini della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresi' con riguardo a:

a) inquinamento dell'aria;

b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo

idrico integrato;

c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;

d) tutela del territorio;

e) sviluppo sostenibile;

f) ciclo integrato dei rifiuti;

g) energie da fonti energetiche rinnovabili;

h) parchi e aree protette.

5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attivita' di cui al comma 4

attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)). Con decreto del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) sono definiti i criteri e le modalita' di esercizio delle suddette attivita'. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste per il ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)).

Per l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale.

ART. 56

(attivita' di pianificazione, di programmazione e di attuazione)


1. Le attivita' di programmazione, di pianificazione e di

attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalita' di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attivita' istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei

bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;

b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua,

dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonche' delle zone umide;

c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso,

vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;

d) la disciplina delle attivita' estrattive nei corsi d'acqua,

nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste; e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonche' la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;

f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di

risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;

g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e

dall'erosione delle acque marine ed il ripascimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;

h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali

e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonche' la polizia delle acque;

i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di

navigazione interna, nonche' della gestione dei relativi impianti;

l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli

impianti nel settore e la conservazione dei beni;

m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi

di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;

n) il riordino del vincolo idrogeologico.

2. Le attivita' di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri,

metodi e standard, nonche' modalita' di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneita' di:

a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio,

ivi compresi gli abitati ed i beni;

b) modalita' di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di

gestione dei servizi connessi.

CAPO II
COMPETENZE

ART. 57

(Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo)


1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione

del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:

a) su proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del

territorio e del mare)):

1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche

tecnici, per lo svolgimento delle attivita' di cui agli articoli 55 e 56, nonche' per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;

2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;

3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa

diffida, in caso di persistente inattivita' dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;

4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore

disciplinato dalla presente sezione;

b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il

programma nazionale di intervento. (24)

2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della

difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), e' composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attivita' produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attivita' culturali, nonche' dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile.

3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed

adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attivita'. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.

4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le

diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.

5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il

Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.

6. I principi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al

presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

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AGGIORNAMENTO (24)

La Corte Costituzionale, con sentenza 15 - 23 luglio 2009, n. 232

(in G.U. 1a s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del comma 1, lettera b), del presente articolo "nella parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato con il previo parere della Conferenza unificata".

ART. 58

(competenze del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)))


1. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare)) esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.

2. In particolare, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del

territorio e del mare)):

a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini

dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni

dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonche' la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA)));

c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8

luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.

3. Ai fini di cui al comma 2, il ((Ministero dell'ambiente e della

tutela del territorio e del mare ))svolge le seguenti funzioni:

a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in

materia di difesa del suolo;(24)

b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni

e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;

c) indirizzo e coordinamento dell'attivita' dei rappresentanti

del Ministero in seno alle Autorita' di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;

d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del

territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonche' con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali;(24)

e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta,

elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))), e di consultazione dei dati, definizione di modalita' di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonche' definizione degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei

piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;

g) coordinamento dei sistemi cartografici.

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AGGIORNAMENTO (24)

La Corte Costituzionale, con sentenza 15 - 23 luglio 2009, n. 232

(in G.U. 1a s.s. 29/07/2009, n. 30) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo, comma 3, lettera a), "nella parte in cui non prevede che le funzioni di programmazione e finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo siano esercitate previo parere della Conferenza unificata"; comma 3, lettera d), "nella parte in cui non prevede che le funzioni in esso indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata".

ART. 59

(competenze della Conferenza Stato-regioni)


1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed

osservazioni, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 57, in ordine alle attivita' ed alle finalita' di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne e' richiesta dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)). In particolare:

a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e

dei criteri di cui al predetto articolo 57;

b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed

organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attivita' di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;

c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro

conformita' agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;

d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti

autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;

e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza

statale.

ART. 60

(competenze dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) - ((ISPRA)))


1. Ferme restando le competenze e le attivita' istituzionali

proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPAR))) esercita, mediante il Servizio geologico d'Italia Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:

a) svolgere l'attivita' conoscitiva, qual e' definita

all'articolo 55;

b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale

integrati di rilevamento e sorveglianza;

c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e

consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.

ART. 61

(competenze delle regioni)


1. Le regioni, ferme restando le attivita' da queste svolte

nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:

a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di

bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;

b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la

redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;

c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed

attuazione dei piani di tutela di cui all'articolo 121;

d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e

provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;

e) provvedono, per la parte di propria competenza,

all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della

navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e

sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) entro il mese di dicembre;

h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia

di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.

2. Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva,

anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero delle attivita' produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.

3. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province

autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.

4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla

progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacita' di invaso.

5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio

decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.

6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative gia'

trasferite o delegate alle regioni.

ART. 62

(competenze degli enti locali e di altri soggetti)


1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le

comunita' montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.

2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di

apposite convenzioni, del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) ( ((ISPRA)) ) e sono tenuti a collaborare con la stessa.

ART. 63

(( (Autorita' di bacino distrettuale).))


((1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 e' istituita l'Autorita' di bacino distrettuale, di seguito denominata "Autorita' di bacino", ente pubblico non economico che opera in conformita' agli obiettivi della presente sezione e uniforma la propria attivita' a criteri di efficienza, efficacia, economicita' e pubblicita'.

2. Nel rispetto dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza nonche' di efficienza e riduzione della spesa, nei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, le regioni, al fine di adeguare il proprio ordinamento ai principi del presente decreto, istituiscono l'Autorita' di bacino distrettuale, che esercita i compiti e le funzioni previsti nel presente articolo; alla medesima Autorita' di bacino distrettuale sono altresi' attribuite le competenze delle regioni di cui alla presente parte. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell'ISPRA, assume le funzioni di indirizzo dell'Autorita' di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorita' di bacino distrettuali.

3. Sono organi dell'Autorita' di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la conferenza operativa, la segreteria tecnica operativa e il collegio dei revisori dei conti, quest'ultimo in conformita' alle previsioni della normativa vigente. Agli oneri connessi al funzionamento degli organi dell'Autorita' di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto dei principi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle stesse e di sussidiarieta'. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati l'attribuzione e il trasferimento alle Autorita' di bacino di cui al comma 1 del presente articolo del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle Autorita' di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando l'attuale organizzazione e i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell'ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Al fine di garantire un piu' efficiente esercizio delle funzioni delle Autorita' di bacino di cui al comma 1 del presente articolo, il decreto di cui al periodo precedente puo' prevederne un'articolazione territoriale a livello regionale, utilizzando le strutture delle soppresse Autorita' di bacino regionali e interregionali.

4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio e' interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unita' di personale trasferite alle Autorita' di bacino e sono determinate le dotazioni organiche delle medesime Autorita'. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti piu' elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'ente incorporante, e' attribuito, per la differenza, un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresi', individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e finanziarie. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

5. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorita' di bacino di cui al comma 1 sono adottati in sede di conferenza istituzionale permanente, convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti o del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla conferenza istituzionale permanente partecipano i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio e' interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati, nonche' il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e, nei casi in cui siano coinvolti i rispettivi ambiti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza istituzionale permanente e' validamente costituita con la presenza di almeno tre membri, tra i quali necessariamente il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e delibera a maggioranza dei presenti. Le delibere della conferenza istituzionale permanente sono approvate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta salva la procedura di adozione e approvazione dei Piani di bacino. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

6. La conferenza istituzionale permanente:

a) adotta criteri e metodi per l'elaborazione del Piano di bacino in conformita' agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;

b) individua tempi e modalita' per l'adozione del Piano di bacino, che puo' articolarsi in piani riferiti a sotto-bacini o sub-distretti;

c) determina quali componenti del Piano di bacino costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a piu' regioni;

d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;

e) adotta il Piano di bacino e i suoi stralci;

f) controlla l'attuazione dei programmi di intervento sulla base delle relazioni regionali sui progressi realizzati nell'attuazione degli interventi stessi e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della regione interessata che, a tal fine, puo' avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) delibera, nel rispetto dei principi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle funzioni stesse e di sussidiarieta', lo statuto dell'Autorita' di bacino in relazione alle specifiche condizioni ed esigenze rappresentate dalle amministrazioni interessate, nonche' i bilanci preventivi, i conti consuntivi e le variazioni di bilancio, il regolamento di amministrazione e contabilita', la pianta organica, il piano del fabbisogno del personale e gli atti regolamentari generali, trasmettendoli per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dell'economia e delle finanze. Lo statuto e' approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

7. Il segretario generale e' nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

8. Il segretario generale, la cui carica ha durata quinquennale:

a) provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell'Autorita' di bacino;

b) cura l'istruttoria degli atti di competenza della conferenza istituzionale permanente, cui formula proposte;

c) promuove la collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali, ai fini del coordinamento delle rispettive attivita';

d) cura l'attuazione delle direttive della conferenza operativa;

e) riferisce semestralmente alla conferenza istituzionale permanente sullo stato di attuazione del Piano di bacino;

f) cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati nonche' alle risorse stanziate per le finalita' del Piano di bacino da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali e comunque agli interventi da attuare nell'ambito del distretto, qualora abbiano attinenza con le finalita' del Piano medesimo, rendendoli accessibili alla libera consultazione nel sito internet dell'Autorita'.

9. La conferenza operativa e' composta dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente; e' convocata dal segretario generale che la presiede. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza operativa delibera a maggioranza dei tre quinti dei presenti e puo' essere integrata, per le attivita' istruttorie, da esperti appartenenti a enti, istituti e societa' pubbliche, designati dalla conferenza istituzionale permanente e nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza diritto di voto e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e nel rispetto del principio di invarianza della spesa. La conferenza operativa esprime parere sugli atti di cui al comma 10, lettera a), ed emana direttive, anche tecniche qualora pertinenti, per lo svolgimento delle attivita' di cui al comma 10, lettera b).

10. Le Autorita' di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

a) a elaborare il Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci, tra cui il piano di gestione del bacino idrografico, previsto dall'articolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e successive modificazioni, e il piano di gestione del rischio di alluvioni, previsto dall'articolo 7 della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, nonche' i programmi di intervento;

b) a esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi dell'Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche.

11. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62 del presente decreto, le Autorita' di bacino coordinano e sovrintendono le attivita' e le funzioni di titolarita' dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonche' del Consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago Maggiore, del Consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago d'Iseo e del Consorzio dell'Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e alla fitodepurazione)).

TITOLO II
I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI
CAPO I
I DISTRETTI IDROGRAFICI

ART. 64

(( (Distretti idrografici).))


((1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, e' ripartito nei seguenti distretti idrografici:

a) distretto idrografico delle Alpi orientali, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Adige, gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Alto Adriatico, gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

3) bacini del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

4) Lemene, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

b) distretto idrografico del Fiume Po, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Po, gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Reno, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

3) Fissero Tartaro Canalbianco, gia' bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

4) Conca Marecchia, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

5) Lamone, gia' bacino regionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

6) Fiumi Uniti (Montone, Ronco), Savio, Rubicone e Uso, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

7) bacini minori afferenti alla costa romagnola, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Arno, gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Serchio, gia' bacino pilota ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

3) Magra, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

4) bacini della Liguria, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

5) bacini della Toscana, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

d) distretto idrografico dell'Appennino centrale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Tevere, gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Tronto, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

3) Sangro, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

4) bacini dell'Abruzzo, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

5) bacini del Lazio, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

7) Fiora, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

8) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

e) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Liri-Garigliano, gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Volturno, gia' bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

3) Sele, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

4) Sinni e Noce, gia' bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

5) Bradano, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

6) Saccione, Fortore e Biferno, gia' bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

7) Ofanto, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

8) Lao, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

9) Trigno, gia' bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

10) bacini della Campania, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

11) bacini della Puglia, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

12) bacini della Basilicata, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

13) bacini della Calabria, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

14) bacini del Molise, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

f) distretto idrografico della Sardegna, comprendente i bacini della Sardegna, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

g) distretto idrografico della Sicilia, comprendente i bacini della Sicilia, gia' bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183)).

CAPO II
GLI STRUMENTI

ART. 65

(valore, finalita' e contenuti del piano di bacino distrettuale)


1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha

valore di piano territoriale di settore ed e' lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

2. Il Piano di bacino e' redatto dall'Autorita' di bacino in base

agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo-valle.

3. Il Piano di bacino, in conformita' agli indirizzi, ai metodi e

ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalita' indicate all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema

fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonche' dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in

atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonche' delle relative cause;

c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del

suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;

d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:

1) dei pericoli di inondazione e della gravita' ed estensione

del dissesto;

2) dei pericoli di siccita';

3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;

4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed

economico o di riequilibrio territoriale nonche' del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;

e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche,

agrarie, forestali ed estrattive;

f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle

opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;

g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla

lettera f), qualora siano gia' state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;

h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei

litorali marini che sottendono il distretto idrografico;

i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone

agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;

l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra

ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;

m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione

dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e

prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;

o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di

desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilita' della risorsa idrica ed il riuso della stessa;

p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con

specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;

q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la

navigazione od altre;

r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le

derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantita';

s) le priorita' degli interventi ed il loro organico sviluppo nel

tempo, in relazione alla gravita' del dissesto;

t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a

legislazione vigente.

4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere

immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonche' per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.

5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione

del Piano di bacino le autorita' competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attivita' agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualita' delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.

6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni

dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.

7. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorita'

di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da cio' possa derivare un grave danno al territorio, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attivita' antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la m ancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessita' di un intervento cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente comma.

8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per

sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.

9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi

o maggiori oneri per la finanza pubblica.

ART. 66

(adozione ed approvazione dei piani di bacino)


1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono

sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto.

2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale

ai fini di cui al comma 1, e' adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:

a) i termini per l'adozione da parte delle regioni dei

provvedimenti conseguenti;

b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo

delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o piu' regioni.

3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale

di cui al comma 2, e' inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il

Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario "ad acta", per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano.

5. Dell'adozione del piano e' data notizia secondo le forme e con

le modalita' previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.

6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica

(VAS), sulla base del giudizio di compatibilita' ambientale espresso dall'autorita' competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalita' di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.

7. Le Autorita' di bacino promuovono la partecipazione attiva di

tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinche', per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione

del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di

gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima

dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

ART. 67

(i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio)


1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorita' di bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

2. Le Autorita' di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano altresi' piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumita' delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorita' di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalita' di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate. ((119))

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi gia' adottati da parte delle Autorita' di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilita' del territorio e' connessa con piu' elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorita' per le aree ove e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. ((119))

4. Per l'attivita' istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonche' della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorita' di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), per quanto di rispettiva competenza.

5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorita' assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilita' del territorio e' connessa con piu' elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumita' delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.

6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attivita' produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorita' connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresi' un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attivita' produttive e delle abitazioni private realizzate in conformita' alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demo lizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalita' previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facolta' di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprieta' in conseguenza del verificarsi di calamita' naturali.

7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.


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AGGIORNAMENTO (119)

Il D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1 ha disposto (con l'art. 47, comma 1, lettera m)) che "Tutti i riferimenti alla legge 24 febbraio 1992, n. 225 e ai relativi articoli, contenuti in altre disposizioni, si intendono riferiti al presente decreto e ai corrispondenti articoli. In particolare:

[...]

m) l'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, citato nell'articolo 67, commi 2 e 3, e nell'articolo 191, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, deve intendersi riferito agli articoli 24 e 25 del presente decreto".

ART. 68

(procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio)


1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 del articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalita' di cui all'articolo 66.

2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.

3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro ambito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorita' di bacino.

4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

ART. 68-bis

(( (Contratti di fiume).))


((1. I contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree)).

CAPO III
GLI INTERVENTI

ART. 69

(programmi di intervento)


1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali

di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalita' dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.

2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore

al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:

a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli

impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;

b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione

interna, di piena e di pronto intervento idraulico;

c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento

di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilita', dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.

3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza

istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.

4. Le province, i comuni, le comunita' montane e gli altri enti

pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.

ART. 70

(adozione dei programmi)


1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza

istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.

2. La scadenza di ogni programma triennale e' stabilita al 31

dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.

3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale

in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalita' di cui al comma 1, sono trasmessi al ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), affinche', entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.

4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma

attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

ART. 71

(attuazione degli interventi)


1. Le funzioni di studio e di progettazione e

tecnico-organizzative attribuite alle Autorita' di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformita' ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.

2. L'esecuzione di opere di pronto intervento puo' avere carattere

definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.

3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai

sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.

ART. 72

(finanziamento)


1. Ferme restando le entrate connesse alle attivita' di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.

2. Per le finalita' di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorita' indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))).

4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA))), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.

5. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.

ART. 72-bis

(( (Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico).))


((1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e' istituito un capitolo per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di opere e immobili realizzati, in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, ovvero di opere e immobili dei quali viene comprovata l'esposizione a rischio idrogeologico, in assenza o in totale difformita' del permesso di costruire.

2. Ai fini del comma 1 e' autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno finanziario 2016. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per l'anno 2016, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Ferme restando le disposizioni in materia di acquisizione dell'area di sedime ai sensi dell'articolo 31, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, i comuni beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti esecutivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi. Il comune, entro trenta giorni dalla riscossione, provvede al versamento delle somme di cui al primo periodo ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, trasmettendone la quietanza di versamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinche' le stesse siano integralmente riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al capitolo di cui al comma 1 del presente articolo.

4. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 6, 13, 29 e 30 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, sono ammessi a finanziamento, sino a concorrenza delle somme disponibili nel capitolo di cui al comma 1 del presente articolo, gli interventi su opere e immobili per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, con priorita' per gli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, sulla base di apposito elenco elaborato su base trimestrale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e adottato ogni dodici mesi dalla Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali.

5. Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i comuni presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare apposita domanda di concessione, corredata di una relazione contenente il progetto delle attivita' di rimozione o di demolizione, l'elenco dettagliato dei relativi costi, l'elenco delle opere e degli immobili ubicati nel proprio territorio per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti e la documentazione attestante l'inottemperanza a tali provvedimenti da parte dei destinatari dei medesimi. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida relativi alla procedura per la presentazione della domanda di concessione.

6. I finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 del presente articolo sono aggiuntivi rispetto alle somme eventualmente percepite ai sensi dell'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Resta ferma la disciplina delle modalita' di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o di rimozione di opere e immobili abusivi contenuta in altre disposizioni.

7. Nei casi di mancata realizzazione degli interventi di rimozione o di demolizione di cui al comma 4, nel termine di centoventi giorni dall'erogazione dei finanziamenti concessi, i finanziamenti stessi devono essere restituiti, con le modalita' di cui al secondo periodo del comma 3, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione sull'attuazione del presente articolo, in cui sono indicati i finanziamenti utilizzati e gli interventi realizzati)).

SEZIONE II
TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

ART. 73

(finalita)


1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la

disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento

dei corpi idrici inquinati;

b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed

adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;

c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche,

con priorita' per quelle potabili;

d) mantenere la capacita' naturale di autodepurazione dei corpi

idrici, nonche' la capacita' di sostenere comunita' animali e vegetali ampie e ben diversificate;

e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccita'

contribuendo quindi a:

1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e

sotterranee di buona qualita' per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;

2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque

sotterranee;

3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli

obiettivi degliaccordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare

lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.

2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si

realizza attraverso i seguenti strumenti:

a) l'individuazione di obiettivi di qualita' ambientale e per

specifica destinazione dei corpi idrici;

b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi

nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;

c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo

Stato, nonche' la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualita' del corpo recettore;

d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e

depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;

e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione

dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;

f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al

risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;

g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi,

delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorche' contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e

delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.

3. Il perseguimento delle finalita' e l'utilizzo degli strumenti

di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.

Art. 74

Definizioni


1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;

b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;

c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;

e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;

f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;

g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attivita' domestiche;

h) "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attivita' commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;

i) "acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;

l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;

m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalita' consentite dalla stessa legge;

n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attivita' produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;

o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;

p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;

q) ente di governo dell'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;

r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operativita' del servizio idrico integrato;

s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;

t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;

u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;

v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attivita' di piscicoltura;

z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualita' delle acque interessate;

aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o piu' composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;

bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;

cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attivita' umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualita' degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;

dd) "rete fognaria": un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;

ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;

ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuita' il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;

gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;

hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano gia' state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonche' gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e gia' autorizzati;

ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformita' dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualita' ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;

ll) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;

mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attivita' commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;

oo) valore limite di emissione: limite di accettabilita' di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unita' di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unita' di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue puo' essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;

pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque gia' inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che puo' essere parzialmente sotterraneo;

d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimita' della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;

f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attivita' umana;

g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attivita' umana, e' sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorita' competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;

h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

i) falda acquifera: uno o piu' strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosita' e permeabilita' sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantita' significative di acque sotterranee; (22)

l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o piu' falde acquifere;

m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;

n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o piu' bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unita' per la gestione dei bacini idrografici;

p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore piu' basso del suo stato ecologico e chimico;

q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore piu' basso del suo stato quantitativo e chimico;

s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

t) stato ecologico: l'espressione della qualita' della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, cosi' classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

(( z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione secondo le modalita' previste all'articolo 78, comma 2, lettere a) e b), ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualita' ambientali fissati per le sostanze dell'elenco di priorita' di cui alle tabelle 1/A e 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza;))

aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto; (22)

bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo e' modificato da estrazioni dirette e indirette;

cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocita' annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocita' annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualita' ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonche' danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;

dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto; (22)

ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;

ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;

gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;

hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;

ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;

ll) standard di qualita' ambientale ((, denominati anche "SQA";)): la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;

mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, e quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:

1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;

nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;

oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attivita' economica:

1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee,

2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;

pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attivita' conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;

qq) LETTERA ABROGATA DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4;

rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;

ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;

tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunita' imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di la' del loro livello di ripristino e ricambio naturale;

uu) impianto: l'unita' tecnica permanente in cui sono svolte una o piu' attivita' di cui all'Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, e qualsiasi altra attivita' accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attivita' svolte in uno stabilimento e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di attivita' non rientranti nel campo di applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, l'impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attivita' di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento.

uu-bis) limite di rivelabilita': il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si puo' affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione e' diverso da un bianco che non contiene l'analita;

uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rivelabilita' a una concentrazione dell'analita che puo' ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione puo' essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e puo' essere ottenuto dal punto di taratura piu' basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco;

uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate;

uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprieta' specificate, che si e' stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell'esame di proprieta' nominali.

((uu-sexies) matrice: un comparto dell'ambiente acquatico, vale a dire acqua, sedimenti, biota;

uu-septies) taxon del biota: un particolare taxon acquatico all'interno del rango tassonomico o "sub phylum", "classe" o un loro equivalente.))


-------------

AGGIORNAMENTO (22)

Il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30 ha disposto (con l'art. 9, comma 1, lettera a)) che "le lettere i), aa) e dd) del comma 2 dell'articolo 74 sono rispettivamente sostituite dalle lettere m), c) e d) dell'articolo 2 del presente decreto".

ART. 75

(competenze)


1 Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente

sezione:

a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la

tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;

b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i

compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle

regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattivita' che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attivita' di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessita' e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonche' quanto disposto dall'articolo 132.

3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte

terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o piu' regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresi' essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.

4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede

alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalita' esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

5. Le regioni assicurano la piu' ampia divulgazione delle

informazioni sullo stato di qualita' delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza del presente decreto, nonche' quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalita' indicate con decreto del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.

6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le

parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.

7. Le regioni provvedono affinche' gli obiettivi di qualita' di

cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.

8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della

Comunita' europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.

9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso

appositi accordi di programma con le competenti autorita', concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della filodepurazione.

TITOLO II
OBIETTIVI DI QUALITA'
CAPO I
OBIETTIVO DI QUALITA' AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA' PER SPECIFICA DESTINAZIONE

ART. 76

(disposizioni generali)


1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali

e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualita' ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualita' per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

2. L'obiettivo di qualita' ambientale e' definito in funzione

della capacita' dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunita' animali e vegetali ampie e ben diversificate.

3. L'obiettivo di qualita' per specifica destinazione individua lo

stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono

adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015;

a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi

superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualita' ambientale corrispondente allo stato di "buono";

b) sia mantenuto, ove gia' esistente, lo stato di qualita'

ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

c) siano mantenuti o raggiunti altresi' per i corpi idrici a

specifica destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualita' per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di

qualita' ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli piu' cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualita' ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.

6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di

qualita' ambientale con i diversi obiettivi di qualita' per specifica destinazione.

7. Le regioni possono definire obiettivi di qualita' ambientale

piu' elevati, nonche' individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualita'.

ART. 77

(individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualita' ambientale)


1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte

terza del presente decreto, sulla base dei dati gia' acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualita' corrispondente ad una di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni

stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualita' ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorita' di bacino, e assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il

raggiungimento dell'obiettivo di qualita' ambientale corrispondente allo stato di "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi

agli obiettivi e agli standard di qualita' fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.

5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente

modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale

corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

1) sull'ambiente in senso ampio;

2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul

diporto;

3) sulle attivita' per le quali l'acqua e' accumulata, quali la

fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;

4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle

inondazioni o il drenaggio agricolo;

5) su altre attivita' sostenibili di sviluppo umano ugualmente

importanti;

b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali

o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilita' tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

((6. Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23

dicembre 2015 per poter conseguire gradualmente gli obiettivi dei corpi idrici purche' non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei corpi idrici e sussistano tutte le seguenti condizioni:

a) i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono

stato di qualita' ambientale non possono essere raggiunti entro i termini stabiliti almeno per uno dei seguenti motivi:

1) i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere

conseguiti per motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;

2) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati

sarebbe sproporzionalmente costoso;

3) le condizioni naturali non consentono il miglioramento del

corpo idrico nei tempi richiesti;

b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono

espressamente indicate nei piani di cui agli articoli 117 e 121;

c) le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a

due ulteriori aggiornamenti dei piani di cui alla lettera b), fatta eccezione per i casi in cui le condizioni naturali non consentano di conseguire gli obiettivi entro detto periodo;

d) l'elenco delle misure, la necessita' delle stesse per il

miglioramento progressivo entro il termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale significativo ritardo nella attuazione delle misure, nonche' il relativo calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei piani di cui alla lettera b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei piani.)) ((7. Le regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di

conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle ripercussioni dell'impatto antropico rilevato ai sensi dell'articolo 118 o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:

a) la situazione ambientale e socioeconomica non consente di

prevedere altre opzioni significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;

b) la garanzia che:

1) per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato

ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attivita' umana o dell'inquinamento;

2) per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al

loro stato di qualita', tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attivita' umana o dell'inquinamento;

c) per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun

ulteriore deterioramento;

d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative

motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico e del piano di tutela di cui agli articoli 117 e 121 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni nell'ambito della revisione di detti piani.))

8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la

definizione di obiettivi meno rigorosi e' consentita purche' essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purche' non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.

9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono

comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonche' le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico

dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccita' prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non da' luogo una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purche' ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire

l'ulteriore deterioramento dello stato di qualita' dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;

b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in

cui detti eventi possano essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

c) che siano previste ed adottate misure idonee a non

compromettere il ripristino della qualita' del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;

d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano

sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena cio' sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;

e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure

adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.

((10-bis. Le regioni non violano le disposizioni del presente

decreto nei casi in cui:

a) il mancato raggiungimento del buon stato delle acque

sotterranee, del buono stato ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacita' di impedire il deterioramento del corpo idrico superficiale e sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;

b) l'incapacita' di impedire il deterioramento da uno stato

elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attivita' sostenibili di sviluppo umano purche' sussistano le seguenti condizioni:

1) siano state avviate le misure possibili per mitigare

l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

2) siano indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui

agli articoli 117 e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni;

3) le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni di cui

alla lettera b) siano di prioritario interesse pubblico ed i vantaggi per l'ambiente e la societa', risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, siano inferiori rispetto ai vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni per la salute umana, per il mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo sostenibile;

4) per motivi di fattibilita' tecnica o di costi sproporzionati,

i vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico non possano essere conseguiti con altri mezzi che garantiscono soluzioni ambientali migliori.))

ART. 78

(( (Standard di qualita' ambientale per le acque superficiali). ))


((1. Ai fini della determinazione del buono stato chimico delle acque superficiali si applicano, con le modalita' disciplinate dal presente articolo, gli SQA elencati alla tabella 1/A per la colonna d'acqua e per il biota e gli SQA elencati alla tabella 2/A per i sedimenti, di cui al paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

2. Le regioni e le province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente, applicano gli SQA alla colonna d'acqua e al biota con le modalita' di cui al paragrafo A.2.8 dell'allegato 1 alla parte terza e nel rispetto dei seguenti criteri e condizioni:

a) gli SQA per le sostanze individuate con i numeri 2, 5, 15, 20, 22, 23, 28, di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano dal 22 dicembre 2015, per conseguire un buono stato chimico entro il 22 dicembre 2021, mediante programmi di misure inclusi nei piani di gestione dei bacini idrografici elaborati entro il 2015, in attuazione dell'articolo 117;

b) gli SQA fissati per le nuove sostanze individuate con i numeri da 34 a 45, di cui alla tabella 1/A, del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano dal 22 dicembre 2018, per conseguire un buono stato chimico entro il 22 dicembre 2027 ed impedire il deterioramento dello stato chimico relativamente a tali sostanze. A tal fine, entro il 22 dicembre 2018, le regioni e le province autonome, in collaborazione con le Autorita' di bacino, elaborano un programma di monitoraggio supplementare ed un programma preliminare di misure relative a dette sostanze, che trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane, di seguito SINTAI, per il successivo inoltro alla Commissione europea. I piani di gestione di cui all'articolo 117, elaborati entro il 22 dicembre 2021, contengono un programma di misure definitivo, ai sensi dell'articolo 116, per il raggiungimento del buono stato chimico delle sostanze di cui alla presente lettera, che e' attuato e reso pienamente operativo, entro e non oltre il 22 dicembre 2024;

c) per le sostanze identificate con i numeri 5, 15, 16, 17, 21, 28, 34, 35, 37, 43 e 44, che figurano alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano gli SQA per il biota fissati alla medesima tabella 1/A, salvo quanto previsto al comma 3, lettera a). A tal fine, e' resa disponibile, entro il 22 marzo 2016, la linea guida italiana, di cui all'allegato 1 alla parte terza, paragrafo A.2.6, elaborata sulla base delle linee guida europee n. 25 - Chemical Monitoring of Sediment and Biota, n. 32 - Biota Monitoring e n. 33 - Analytical Methods for Biota Monitoring, contenente le informazioni pratiche, necessarie per l'utilizzo di taxa di biota alternativi ai fini della classificazione;

d) per le sostanze diverse da quelle di cui al punto c) si applicano gli SQA per l'acqua fissati alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, salvo quanto previsto al comma 3, lettera b).

3. Se sono rispettate le condizioni di cui al comma 4 le regioni e le province autonome:

a) per le sostanze recanti il numero 15, 16, 17, 28, 34, 35, 43 e 44 possono applicare gli SQA fissati alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza per la colonna d'acqua;

b) per la sostanza 9-ter possono applicare lo SQA per il biota.

4. Ai fini del comma 3 il metodo di analisi scelto per la matrice o per il taxon del biota deve soddisfare i criteri minimi di efficienza specificati all'articolo 78-sexies. Se i criteri di cui all'articolo 78-sexies non sono rispettati per alcuna matrice, le regioni e le province autonome garantiscono che il monitoraggio sia effettuato utilizzando le migliori tecniche disponibili che non comportino costi eccessivi e che il metodo di analisi fornisca risultati almeno equivalenti al metodo disponibile per la matrice di cui al comma 2, lettera c), per la sostanza pertinente.

5. Per le acque marino costiere e di transizione le regioni e le province autonome possono applicare gli SQA di cui alla tabella 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza ai sedimenti, se sono rispettate le condizioni di cui al comma 4.

6. Quando viene individuato un rischio potenziale per l'ambiente acquatico o proveniente dall'ambiente acquatico causato da un'esposizione acuta, quale risultato di concentrazioni od emissioni ambientali misurate o stimate ed e' stato applicato uno SQA per il biota o i sedimenti, le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio anche della colonna d'acqua e applicano gli SQA-CMA di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

7. Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o per il biota, le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio della sostanza nella corrispondente matrice con cadenza almeno annuale, salvo che le conoscenze tecniche e la valutazione di esperti non giustifichino un diverso intervallo temporale. In tale ultimo caso, la motivazione tecnico-scientifica della frequenza applicata e' inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici, in conformita' all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c).

8. Le regioni e le province autonome effettuano l'analisi della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle sostanze dell'elenco di priorita' di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza che tendono ad accumularsi nei sedimenti e nel biota ovvero in una sola delle due matrici, con particolare attenzione per le sostanze riportate nella citata tabella ai numeri 2, 5, 6, 7, 12, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 26, 28, 30, 34, 35, 36, 37, 43 e 44, conformemente al paragrafo A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza ed ai commi 9 e 10.

9. Le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio delle sostanze di cui al comma 8 nei sedimenti o nel biota, con cadenza triennale, al fine di disporre di un numero di dati sufficienti per un'analisi della tendenza a lungo termine affidabile. Ai medesimi fini effettuano, in via prioritaria, eventualmente intensificando la frequenza, il monitoraggio nei corpi idrici che presentano criticita' ambientali, quali i corpi idrici in cui sono ubicati scarichi contenenti sostanze dell'elenco di priorita' o soggetti a fonti diffuse e perdite derivanti da attivita' agricola intensiva, siti contaminati da bonificare, discariche e depositi di rifiuti. All'esito dell'analisi di tendenza sono adottate le necessarie misure di tutela nell'ambito del piano di gestione.

10. Le regioni e le province autonome effettuano la valutazione delle variazioni a lungo termine ai sensi del paragrafo A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza nei siti interessati da una diffusa attivita' antropica. Per l'individuazione di detti siti si tiene conto degli esiti dell'analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata in base alle disposizioni di cui all'allegato 3 alla parte terza, dando priorita' ai corpi idrici ed ai siti soggetti a pressioni da fonti puntuali e diffuse derivanti dalle sostanze elencate alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza. In ogni caso, l'elenco comprende i siti rappresentativi dei corpi idrici marino-costieri e di transizione che, sulla base dei dati disponibili, superano gli SQA di cui alla tabella 3/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza. Le regioni e le province autonome, attraverso il sistema SINTAI, rendono disponibili l'elenco dei siti cosi' selezionati, entro il 31 dicembre 2015, ed i risultati dell'analisi di tendenza secondo le modalita' previste al punto 1.4.2 del paragrafo A.2.8-ter dell'allegato 1 alla parte terza. I risultati dell'analisi di tendenza sono inseriti nei piani di gestione di cui all'articolo 117.

11. I risultati del monitoraggio delle sostanze di cui al comma 8 nei sedimenti e nel biota concorrono all'aggiornamento ed all'integrazione degli standard di qualita' ambientali per i corpi idrici lacustri e fluviali.

12. Le regioni e le province autonome adottano misure atte a garantire che le concentrazioni delle sostanze di cui al comma 8 non aumentino in maniera significativamente rilevante nei sedimenti o nel biota.

13. Le disposizioni del presente articolo concorrono a conseguire l'obiettivo dell'eliminazione delle sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonche' alla graduale riduzione negli stessi delle sostanze prioritarie individuate come P alla medesima tabella. Tali obiettivi devono essere conseguiti entro venti anni dall'inserimento della sostanza nell'elenco delle sostanze prioritarie da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Per le sostanze indicate come E l'obiettivo e' di eliminare l'inquinamento delle acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite entro il 2021.))

ART. 78-bis.

((Zone di mescolamento


1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono

designare zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico di acque reflue contenenti sostanze dell'elenco di priorita' nel rispetto dei criteri tecnici stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base delle linee guida definite a livello comunitario, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/105/CE. Le concentrazioni di una o piu' sostanze di detto elenco possono superare, nell'ambito di tali zone di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che il superamento non abbia conseguenze sulla conformita' agli SQA del resto del corpo idrico superficiale.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

designano le zone di mescolamento assicurando che l'estensione di ciascuna di tali zone:

a) sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;

b) sia calibrata sulla base delle concentrazioni di inquinanti

nel punto di scarico, dell'applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi di cui alla normativa vigente e dell'adozione delle migliori tecniche disponibili, in funzione del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi ambientali.

3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le

autorita' di distretto riportano, rispettivamente, nei piani di tutela e nei piani di gestione le zone di mescolamento designate indicando:

a) l'ubicazione e l'estensione;

b) gli approcci e le metodologie applicati per definire tali

zone;

c) le misure adottate allo scopo di limitare in futuro

l'estensione delle zone di mescolamento, quali quelle necessarie alla riduzione ed all'eliminazione dell'inquinamento delle acque superficiali causato dalle sostanze dell'elenco di priorita' o le misure consistenti nel riesame delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e successive modificazioni, o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi del presente decreto.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano

nelle aree protette elencate all'allegato 9, alle lettere i), ii), iii), v).))

Art. 78-ter.

Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite


1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ciascuna per la parte di territorio di competenza ricadente in ciascun distretto idrografico, mettono a disposizione attraverso il sistema SINTAI le informazioni di cui alla lettera A.2.8.-ter, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalita' per la classificazione dello stato di qualita' dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza, secondo le scadenze temporali riportate nel medesimo allegato. Le informazioni sono ricavate sulla base dell'attivita' di monitoraggio e dell'attivita' conoscitiva delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all'allegato 1 e all'allegato 3 - sezione C, alla parte terza.

2. L'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di seguito: ISPRA, rende disponibili attraverso il sistema SINTAI i formati standard, aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate a livello comunitario, nonche' i servizi per la messa a disposizione delle informazioni da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

((3. L'ISPRA elabora l'inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite, di seguito denominato "inventario", con riferimento alle sostanze prioritarie e alle sostanze pericolose prioritarie. L'ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)).

4. L'inventario e' redatto sulla base della elaborazione delle informazioni di cui al comma 1, dei dati raccolti in attuazione del regolamento (CE) n. 166/2006, nonche' sulla base di altri dati ufficiali. Nell'inventario sono altresi' riportate, ove disponibili, le carte topografiche e, ove rilevate, le concentrazioni di tali sostanze ed inquinanti nei sedimenti e nel biota.

5. L'inventario e' finalizzato a verificare il raggiungimento dell'obiettivo di cui ai commi 1 e 7 dell'articolo 78, ed e' sottoposto a riesami sulla base degli aggiornamenti effettuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 118, comma 2.

6. L' ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, mette a disposizione di ciascuna autorita' di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli inventari aggiornati su scala distrettuale ai fini dell'inserimento della sezione A dell'inventario nei piani di gestione riesaminati da pubblicare.

Art. 78-quater.

((Inquinamento transfrontaliero


1. Qualora si verifichi un superamento di un SQA nei bacini

idrografici transfrontalieri, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano interessate non si ritengono inadempienti se possono dimostrare che:

a) il superamento dell'SQA e' dovuto ad una fonte di inquinamento

al di fuori della giurisdizione nazionale;

b) a causa di tale inquinamento transfrontaliero si e' verificata

l'impossibilita' di adottare misure efficaci per rispettare l'SQA in questione;

c) sia stato applicato, per i corpi idrici colpiti da

inquinamento transfrontaliero, il meccanismo di coordinamento ai sensi dei commi 7 e 8 dell'articolo 75 e, se del caso, sia stato fatto ricorso alle disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 10 dell'articolo 77.

2. Qualora si verifichino le circostanze di cui al comma 1, le

regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorita' di distretto competenti forniscono le informazioni necessarie al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione europea e predispongono una relazione sintetica delle misure adottate riguardo all'inquinamento transfrontaliero da inserire rispettivamente nel piano di tutela e nel piano di gestione.))

Art. 78-quinquies.

((Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee


1. L'ISPRA assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di

laboratorio, sul campo e on line, utilizzati dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente , di seguito: "ARPA", e dalle agenzie provinciali per la protezione dell'ambiente, di seguito: "APPA", ai fini del programma di monitoraggio chimico svolto ai sensi dell'allegato 1 alla parte terza, siano convalidati e documentati ai sensi della norma UNI-EN ISO/CEI - 17025:2005 o di altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

2. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo

78, commi 1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio e' effettuato applicando le metodiche di campionamento e di analisi riportati alle lettere A.2.8, punti 16, 17 e 18, e A.3.10 dell'allegato 1 alla parte terza.

3. Le disposizioni di cui al presente articolo, agli articoli

78-sexies, 78-septies e 78-octies ed alla lettera A.2.8.-bis della sezione A "Stato delle acque superficiali" della parte 2 "Modalita' per la classificazione dello stato di qualita' dei corpi idrici"dell'allegato 1 alla parte terza si applicano per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei.))

Art. 78-sexies.

Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi


1. L'ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi siano basati su una incertezza di misura definita conformemente ai criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalita' per la classificazione dello stato di qualita' dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

2. In mancanza di standard di qualita' ambientali per un dato parametro o di un metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi di prestazione di cui al comma 1, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. ((Le autorita' di bacino distrettuali promuovono intese con le regioni e con le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza, al fine di garantire l'intercomparabilita', a livello di distretto idrografico, dei dati del monitoraggio delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle 1/A e 2/A e delle sostanze non appartenenti alla lista di priorita' di cui alla tabella 1/B dell'allegato 1 alla parte terza. Ai fini del monitoraggio e della valutazione dello stato della qualita' delle acque, le autorita' di bacino distrettuali promuovono altresi' intese con i medesimi soggetti di cui al periodo precedente finalizzate all'adozione di una metodologia di valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'ISPRA rende disponibile mediante pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei laboratori del sistema delle agenzie dotati delle metodiche di analisi disponibili a costi sostenibili, conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8-bis dell'allegato 1 alla parte terza. Le autorita' di bacino distrettuali rendono disponibili nel proprio sito internet istituzionale, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i dati dei monitoraggi periodici come ottenuti dalle analisi effettuate da tali laboratori)).

Art. 78-septies.

Calcolo dei valori medi


1. Ai fini del calcolo dei valori medi si applicano i criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalita' per la classificazione dello stato di qualita' dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

((1-bis. Nel caso in cui, ai sensi del presente articolo, il valore medio calcolato di una misurazione, quando e' effettuato utilizzando la migliore tecnica disponibile che non comporti costi eccessivi, e' indicato come "inferiore al limite di quantificazione" e il "limite di quantificazione" di tale tecnica e' superiore allo SQA, il risultato per la sostanza oggetto di misurazione non si considera ai fini dello stato chimico globale di tale corpo idrico.))

Art. 78-octies.

((Garanzia e controllo di qualita'


1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che i laboratori delle Agenzie regionali per l'ambiente (ARPA), e delle agenzie provinciali per l'ambiente (APPA), o degli enti appaltati da queste ultime applichino pratiche di gestione della qualita' conformi a quanto previsto dalla norma UNI-EN ISO/CEI-17025:2005 e successive modificazioni o da altre norme equivalenti internazionalmente riconosciute.

2. L'ISPRA assicura la comparabilita' dei risultati analitici dei laboratori ARPA, APPA o degli enti appaltati da queste ultime, sulla base:

a) della promozione di programmi di prove valutative delle competenze che comprendono i metodi di analisi di cui all'articolo 78-quinquies per i misurandi a livelli di concentrazione rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle sostanze chimiche svolti ai sensi del presente decreto;

b) dell'analisi di materiali di riferimento rappresentativi di campioni prelevati nelle attivita' di monitoraggio e che contengono livelli di concentrazioni adeguati rispetto agli standard di qualita' ambientali di cui all'articolo 78-sexies, comma 1.

3. I programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a), vengono organizzati dall'ISPRA o da altri organismi accreditati a livello nazionale o internazionale, che rispettano i criteri stabiliti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010 o da altre norme equivalenti accettate a livello internazionale. L'esito della partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei sistemi di punteggio definiti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010, dalla norma ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente accettate.))

Art. 78-nonies.

(( (Aggiornamento dei piani di gestione). ))


((1. Gli aggiornamenti dei Piani di gestione dei distretti idrografici predisposti ai sensi dell'articolo 117, comma 2-bis, riportano le seguenti informazioni fornite dalle regioni e dalle province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente:

a) una tabella contenente i limiti di quantificazione dei metodi di analisi applicati e le informazioni sulle prestazioni di tali metodi in relazione ai criteri minimi di efficienza di cui all'articolo 78-sexies;

b) per le sostanze per le quali si applica l'opzione di cui all'articolo 78, comma 3:

1) i motivi e la giustificazione forniti dalle regioni e province autonome, per la scelta di tale opzione;

2) i limiti di quantificazione dei metodi di analisi per le matrici specificate alle tabelle 1/A e 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, comprese le informazioni sulle prestazioni di tali metodi in relazione ai requisiti minimi di prestazione fissati all'articolo 78-sexies, al fine di permettere il confronto con le informazioni di cui alla lettera a);

c) la motivazione tecnica della frequenza applicata per i monitoraggi in conformita' all'articolo 78, comma 7, se gli intervalli tra un monitoraggio e l'altro sono superiori ad un anno.

2. Se del caso, i piani di gestione riportano per gli SQA alternativi stabiliti per la colonna d'acqua relativi all'esaclorobenzene e all'esaclorobutadiene, per il biota relativo al DDT e per le sostanze di cui alla tabella 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza la motivazione tecnica che dimostri che tali SQA garantiscano almeno lo stesso livello di protezione degli SQA fissati per le altre matrici alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

3. Le Autorita' di bacino mettono a disposizione su un sito accessibile elettronicamente al pubblico, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i piani di gestione dei bacini idrografici aggiornati ai sensi dell'articolo 117, comma 2-bis, contenenti i risultati e l'impatto delle misure adottate per prevenire l'inquinamento chimico delle acque superficiali e la relazione provvisoria sui progressi realizzati nell'attuazione del programma di misure di cui all'articolo 116. Tali informazioni sono pubblicate e rese accessibili al pubblico sul sito istituzionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.))

Art. 78-decies.

(( (Disposizioni specifiche per alcune sostanze). ))


((1. Nel rispetto degli obblighi di cui al paragrafo A.4.6.3 dell'allegato 1 alla parte terza, concernenti la presentazione dello stato chimico nonche' degli obiettivi e degli obblighi di cui agli articoli 76, 77, 78, 116 e 117, i piani di gestione possono contenere mappe supplementari che presentano separatamente, rispetto alle informazioni riguardanti le altre sostanze di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, le informazioni sullo stato chimico per una o piu' delle seguenti sostanze:

a) sostanze che si comportano come PBT (Persistenti, bioaccumulabili e tossiche) ubiquitarie, recanti il numero 5, 21, 28, 30, 35, 37, 43 e 44;

b) sostanze recanti il numero da 34 a 45;

c) sostanze per le quali sono stati definiti SQA rivisti e piu' restrittivi, recanti il numero 2, 5, 15, 20, 22, 23 e 28.

2. I piani di gestione dei bacini idrografici possono riportare l'entita' di ogni deviazione dal valore degli SQA per le sostanze di cui alle lettere a), b) e c), cercando di garantirne l'intercomparabilita' a livello di bacino idrografico.))

Art. 78-undecies.

(( (Elenco di controllo). ))


(( 1. Le regioni e le province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente, effettuano il monitoraggio delle sostanze presenti nell'elenco di controllo di cui alla decisione 2015/495 della Commissione del 20 marzo 2015, che istituisce un elenco di controllo delle sostanze da sottoporre a monitoraggio a livello dell'Unione nel settore della politica delle acque in attuazione della direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

2. Il monitoraggio e' effettuato per un periodo di almeno dodici mesi, a partire dal 24 settembre 2015. Per ciascuna sostanza presente in elenchi successivi il monitoraggio e' avviato entro sei mesi dalla inclusione di dette sostanze nell'elenco di cui al comma 1.

3. Su proposta delle regioni e delle province autonome, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, di seguito ISPRA, seleziona venti stazioni di monitoraggio rappresentative e definisce la frequenza e la tempistica del monitoraggio per ciascuna sostanza, tenendo conto degli usi e dell'eventuale frequenza di ritrovamento della stessa. ISPRA elabora una relazione che descrive la rappresentativita' delle stazioni di monitoraggio e la strategia di monitoraggio e che riporta le informazioni di cui al comma 5, tenuto conto dei criteri indicati all'articolo 8-ter, paragrafo 3, della direttiva 2008/105/CE, come modificata dalla direttiva 2013/39/UE. ISPRA identifica le sostanze di cui al comma 5 sulla base delle informazioni fornite dalle regioni.

4. Il monitoraggio delle sostanze dell'elenco di controllo viene effettuato almeno una volta l'anno.

5. Le sostanze dell'elenco di controllo per cui esistono dati di monitoraggio sufficienti, comparabili, rappresentativi e recenti, ricavati da programmi di monitoraggio o da studi esistenti possono essere escluse dal monitoraggio supplementare, purche' tali sostanze siano monitorate utilizzando metodiche conformi ai requisiti delle linee guida elaborate dalla Commissione per facilitare il monitoraggio delle sostanze appartenenti all'elenco di controllo.

6. ISPRA, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, trasmette alla Commissione europea, per conto dello stesso Ministero, i dati di monitoraggio e la relazione di cui al comma 3, entro quindici mesi dal 24 settembre 2015, per il primo elenco di controllo, o entro ventuno mesi dall'inserimento della sostanza nell'elenco di controllo di cui al comma 1 e, successivamente, ogni dodici mesi finche' la sostanza e' presente in detto elenco. A tal fine, le regioni e le province autonome mettono a disposizione, attraverso il sistema SINTAI, i risultati dei monitoraggi condotti ai sensi dei commi 1 e 2, trenta giorni prima delle suddette scadenze.))

ART. 79

(obiettivo di qualita' per specifica destinazione)


1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:

a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua

potabile;

b) le acque destinate alla balneazione;

c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per

essere idonee alla vita dei pesci;

d) le acque destinate alla vita dei molluschi.

2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5,

per le acque indicate al comma 1, e' perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualita' per specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.

3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente

idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualita' delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualita' per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.

CAPO II
ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

ART. 80

(acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile)


1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate

alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie Al, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci

superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:

a) Categoria Al: trattamento fisico semplice e disinfezione;

b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e

disinfezione;

c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento

e disinfezione.

3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla

classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche

fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualita' delle acque destinate al consumo umano.

ART. 81

(deroghe)


1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua

potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:

a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;

b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2

alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;

c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di

talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;

d) nel caso di laghi che abbiano una profondita' non superiore ai

20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino piu' di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).

2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi

concreto pericolo per la salute pubblica.

ART. 82

(acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile)


1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali

destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:

a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono

in media oltre 10 m3 al giorno o servono piu' di 50 persone, e

b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

2. L'autorita' competente provvede al monitoraggio, a norma

dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.

3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito

l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.

ART. 83

(acque di balneazione)


1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i

requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.

2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione

ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicita' annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilita' ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalita' indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.

ART. 84

(acque dolci idonee alla vita dei pesci)


1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che

richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:

a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi

nazionali e riserve naturali dello Stato nonche' di parchi e riserve naturali regionali;

b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi

idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;

c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide

dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonche' quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

d) le acque dolci superficiali che, ancorche' non comprese nelle

precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresi', sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilita' ecologica ed economica.

2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione,

classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualita' conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".

3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2

devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilita' di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua ciprinicola". La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.

4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di

tutela della qualita' delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli

articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonche' i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.

ART. 85

(accertamento della qualita' delle acque idonee alla vita dei pesci)


1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si

considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o piu'

valori dei parametri riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorita' competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorita' competente le misure appropriate.

3. Ai fini di una piu' completa valutazione delle qualita' delle

acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.

ART. 86

(deroghe)


1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per

essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.

ART. 87

(acque destinate alla vita dei molluschi)


1. Le regioni, d'intesa con il Ministero della politiche agricole

e forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualita' dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.

2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari,

oppure alla revisione delle designazioni gia' effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di

tutela della qualita' delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

ART. 88

(accertamento della qualita' delle acque destinate alla vita dei molluschi)


1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere

ai requisiti di qualita' di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.

2. Se da un campionamento risulta che uno o piu' valori dei

parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorita' competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.

ART. 89

(deroghe)


1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni

possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.

ART. 90

(norme sanitarie)


1. Le attivita' di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano

impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificzione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.

TITOLO III
TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI
CAPO I
AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL'INQUINAMENTO E DI RISANAMENTO

ART. 91

(aree sensibili)


1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri

dell'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:

a) i laghi di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente

decreto, nonche' i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le

Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;

c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar

del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

d) le aree costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce

dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

e) il lago di Garda e il lago d'Idro;

f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e

Ticino;

g) il fiume Amo a valle di Firenze e i relativi affluenti;

h) il golfo di Castellammare in Sicilia;

i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.

2. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare)), sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.

3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente

relativamente alla tutela di Venezia.

4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita

l'Autorita' di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita

l'Autorita' di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.

6. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare)) provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla reidentificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.

7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e

6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.

8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle

aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.

ART. 92

(zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)


1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.

2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.

3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, puo' modificare i criteri di cui al comma 1.

4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorita' di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorita' di bacino, ((devono riesaminare e, se necessario, opportunamente rivedere o completare)) le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonche' riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.

6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonche' le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.

102 del 4 maggio 1999.

7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se gia' posti in essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.

8. Le regioni provvedono, inoltre, a:

a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalita' di applicazione;

b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;

c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

((8-bis. Le regioni riesaminano e, se del caso, rivedono i programmi d'azione obbligatori di cui al comma 7, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi della lettera c) del comma 8, per lo meno ogni quattro anni)).

9. ((Gli esiti del riesame delle designazioni di cui al comma 5, i programmi di azione stabiliti ai sensi del comma 7, inclusi gli esiti del riesame di cui al comma 8-bis)), i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le modalita' indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali e' data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonche' degli interventi di formazione e informazione.

10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque e' raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.

ART. 93

(zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione)


1. Con le modalita' previste dall'articolo 92, e sulla base delle

indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.

2. Le regioni e le Autorita' di bacino verificano la presenza nel

territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccita', degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione

di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.

ART. 94

(disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano)


1. Su proposta ((degli enti di governo dell'ambito)), le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonche' per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonche', all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorita' competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

3. La zona di tutela assoluta e' costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

4. La zona di rispetto e' costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e puo' essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilita' e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attivita':

a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;

b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilita' delle risorse idriche;

d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade;

e) aree cimiteriali;

f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;

g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;

h) gestione di rifiuti;

i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli; m) pozzi perdenti;

n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E' comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

5. Per gli insediamenti o le attivita' di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attivita':

a) fognature;

b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;

c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;

d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.

6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

a) aree di ricarica della falda;

b) emergenze naturali ed artificiali della falda;

c) zone di riserva.

CAPO II
TUTELA QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

ART. 95

(pianificazione del bilancio idrico)


1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento

degli obiettivi di qualita' attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualita' delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare

l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorita' di bacino, nel rispetto delle priorita' stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilita', del minimo deflusso vitale, della capacita' di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della

parte terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' sulla base dei criteri gia' adottati dalle Autorita' di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonche' gli obblighi e le modalita' di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell'Autorita' concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorita' di bacino competenti. Le Autorita' di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell' ((Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)) (((ISPRA))) secondo le modalita' di cui all'articolo 75, comma 6.

4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua

comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorita' concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che cio' possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

5. Per le finalita' di cui ai commi 1 e 2, le Autorita' concedenti

effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorita' provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che cio' possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai

sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonche' le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.

Art. 96

Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775


1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle

disposizioni sulle acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente:

"Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresi' trasmesse alle Autorita' di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante al competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilita' della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere e' elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare))nomina un Commissario "ad acta" che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".

2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre

1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti: "1. Tra piu' domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, e' preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la piu' razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:

a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali

dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile;

b) le effettive possibilita' di migliore utilizzo delle fonti in

relazione all'uso;

c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico

oggetto di prelievo;

d) la quantita' e la qualita' dell'acqua restituita rispetto a

quella prelevata.

1-bis. E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso,

garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualita' dei corpi idrici. In caso di piu' domande concorrenti per usi produttivi e' altresi' preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

1-ter. Per lo stesso tipo di uso e' preferita la domanda che

garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attivita' di recupero e di riciclo.".

3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,

e' sostituito dal seguente:

"Articolo 12-bis.

1. Il provvedimento di concessione e' rilasciato se:

a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli

obiettivi di qualita' definiti per il corso d'acqua interessato;

b) e' garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del

bilancio idrico;

c) non sussistono possibilita' di riutilizzo di acque reflue

depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilita', il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico.

2. I volumi di acqua concessi sono altresi' commisurati alle

possibilita' di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantita' e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacita' di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.

3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o

comunque riservate al consumo umano, puo' essere assentito per usi diversi da quello potabile se:

a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio

idrico per ogni singolo fabbisogno;

b) non sussistono possibilita' di riutilizzo di acque reflue

depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilita', il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;

c) sussiste adeguata disponibilita' delle risorse predette e vi

e' una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.

4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso

diverso da quello potabile e' triplicato. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".

4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e'

sostituito dal seguente:

"Articolo 17.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, e'

vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorita' competente.

2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio

di fondi agricoli o di singoli edifici e' libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti e' regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1,

l'Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, e' tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuita' si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. E' in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorita' competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, puo' eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purche' l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".

5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre

1933, n. 1775, gia' abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o

utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto e' ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria e' rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione puo' proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorita' concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento deg li obiettivi di qualita' e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.

7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai

sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonche' per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007 . In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.

8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre

1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente: "Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non puo' eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.".

9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11

dicembre 1933, n. 1775 e' inserito il seguente: "Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilita' della risorsa idrica, della quantita' minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalita' di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili gia' operanti sul territorio.".

10. Fatta salva l'efficacia delle norme piu' restrittive, tutto il

territorio nazionale e' assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle

concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilita' di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprieta' privata. Le regioni, sentite le Autorita' di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.

ART. 97

(acque minerali naturali e di sorgenti)


1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e

delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.

ART. 98

(risparmio idrico)


1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano

le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

2. Le regioni, sentite le Autorita' di bacino, approvano

specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.

ART. 99

(riutilizzo dell'acqua)


1. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare)) con proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attivita' produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue.

2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione

statale, e sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate.

CAPO III
TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

ART. 100

(reti fognarie)


1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore

a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.

2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti

fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:

a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche

delle acque reflue urbane;

b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che

comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;

c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da

tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.

3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono

acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi.

ART. 101

(criteri generali della disciplina degli scarichi)


1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione puo' in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualita' di guasti nonche' per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.

2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantita' massima per unita' di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;

d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorita' competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

4. L'autorita' competente per il controllo e' autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa puo' richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non e' comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorita' competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4.

6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico e' fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualita' del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;

b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;

c) provenienti da imprese dedite alle attivita' di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attivita' di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalita' e complementarieta' funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attivita' di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilita';

d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densita' di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;

f) provenienti da attivita' termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

((7-bis. Sono altresi' assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura e' ammesso, ove l'ente di governo dell'ambito e il gestore d'ambito non ravvisino criticita' nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamento che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all'effettiva capacita' di trattamento dell'impianto di depurazione)).

8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalita' dei depuratori, nonche' allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalita' di cui all'articolo 75, comma 5.

9. Al fine di assicurare la piu' ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attivita' di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalita' indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.

10. Le Autorita' competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilita' di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualita'.

ART. 102

(scarichi di acque termali)


1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, e' ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:

a) in corpi idrici superficiali, purche' la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;

b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;

c) in reti fognarie, purche' vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati ((dagli enti di governo dell'ambito));

d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.

ART. 103

(scarichi sul suolo)


1. E' vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del

sottosuolo, fatta eccezione:

a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;

b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i

quali sia accertata l'impossibilita' tecnica o l'eccessiva onerosita', a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purche' gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di

rocce naturali nonche' dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purche' i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilita' dei suoli;

e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti

fognarie separate;

f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle

operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.

2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul

suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformita' alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.

3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere

conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

Art. 104

Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee


1. E' vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita' competente, dopo indagine preventiva, puo' autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

3. In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unita' geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unita' dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le modalita' dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualita' e quantita', da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita' competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze estranee, puo' autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purche' i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.

4-bis. Fermo restando il divieto di cui al comma 1, l'autorita' competente, al fine del raggiungimento dell'obiettivo di qualita' dei corpi idrici sotterranei, puo' autorizzare il ravvenamento o l'accrescimento artificiale dei corpi sotterranei, nel rispetto dei criteri stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'acqua impiegata puo' essere di provenienza superficiale o sotterranea, a condizione che l'impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre nell'ambito del Piano di tutela e del Piano di gestione.

5. Per le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalita' previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, purche' la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare e' progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unita' geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non piu' produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.

5-bis. In deroga a quanto previsto al comma 1 e' consentita l'iniezione, a fini di stoccaggio, di flussi di biossido di carbonio in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni che per motivi naturali sono definitivamente inadatte ad altri scopi, a condizione che l'iniezione sia effettuata a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio.

6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in sede di autorizzazione allo scarico in unita' geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalita' previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:

a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacita' del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;

b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalita' e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.

7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 e' autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.

8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico e' revocata.

((8-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono istruite a livello di progetto esecutivo e rilasciate dalla stessa autorita' competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale)).

ART. 105

(scarichi in acque superficiali)


1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali

devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualita'.

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti

fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformita' con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello

scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformita' con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresi', i

valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di

reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualita'.

6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone

d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, e' difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purche' appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.

ART. 106

(scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili)


1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2,

le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento piu' spinto di quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree

sensibili in cui puo' essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e' pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.

3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli

impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualita' dei corpi idrici ricettori.

Art. 107

Scarichi in reti fognarie


1. Ferma restando l'inderogabilita' dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati ((dall'ente di governo dell'ambito)) competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonche' il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purche' osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati ((dall'ente di governo dell'ambito)) competente.

3. Non e' ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell'esistenza di un sistema di depurazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L'installazione delle apparecchiature e' comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio.

4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalita' degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

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AGGIORNAMENTO (10)

Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ha disposto (con l'art. 2, comma 19) che, per effetto dell'abrogazione dell'art. 182, commi 6 e 8, l'art. 107, comma 3, e' cosi' sostituito "3. Non e' ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura.".

ART. 108

(scarichi di sostanze pericolose)


1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose

si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attivita' che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantita' o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilita' consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilita' consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Tenendo conto della tossicita', della persistenza e della

bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui e' effettuato lo scarico, l'autorita' competente in sede di rilascio dell'autorizzazione fissa, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualita' previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compre senza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione piu' restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1

dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni ((del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto)). Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.

4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla

parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresi' la quantita' massima della sostanza espressa in unita' di peso per unita' di elemento caratteristico dell'attivita' inquinante e cioe' per materia prima o per unita' di prodotto, in conformita' con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della

Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico e' fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attivita' non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorita' competente puo' richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorita' competente ridurra' opportunamente i valori limite di e missione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.

6. L'autorita' competente al rilascio dell'autorizzazione per le

sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

CAPO IV
ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

ART. 109

(immersione in mare di materiale derivante da attivita' di escavo e attivita' di posa in mare di cavi e condotte)


1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformita' alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, e' consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:

a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilita' e l'innocuita' ambientale;

c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attivita' di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), e' rilasciata dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali e' rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in conformita' alle modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attivita' produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), e' soggetta ad autorizzazione regionale, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, e' dovuta la sola comunicazione all'autorita' competente.

4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non e' soggetta ad autorizzazione.

5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attivita' di posa in mare di cavi e condotte e' soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformita' alle modalita' tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attivita' produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. ((PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 28 DICEMBRE 2015, N. 221)).

((5-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorita' competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale. Nel caso di condotte o cavi facenti parte della rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica o di connessione con reti energetiche di altri Stati, non soggetti a valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione e' rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti)).

ART. 110

(trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane)


1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, e' vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

2. In deroga al comma 1, l'autorita' competente, d'intesa con ((l'ente di governo dell'ambito)), in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacita' residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorita' competente ai sensi dell'articolo 124, e' comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacita' depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purche' provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;

b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;

c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonche' quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.

4. L'attivita' di cui ai commi 2 e 3 puo' essere consentita purche' non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacita' residua dell'impianto e le caratteristiche e quantita' dei rifiuti che intende trattare. L'autorita' competente puo' indicare quantita' diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorita' competente provvede altresi' all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata ((dall'ente di governo dell'ambito)).

7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che e' tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti e' soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.

ART. 111

(impianti di acquacoltura e piscicoltura)


1. Con decreto del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del

territorio e del mare)), di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attivita' produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attivita' di acquacoltura e di piscicoltura.

ART. 112

(utilizzazione agronomica)


1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone

vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonche' dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, cosi' come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, e' soggetta a comunicazione all'autorita' competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.

2. Le regioni disciplinano le attivita' di utilizzazione

agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attivita' produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualita' di cui alla parte terza del presente decreto.

3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono

disciplinati in particolare:

a) le modalita' di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della

legge 11 novembre 1996, n. 574;

b) i tempi e le modalita' di effettuazione della comunicazione,

prevedendo procedure semplificate nonche' specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attivita' di minor impatto ambientale;

c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di

utilizzo agronomico;

d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle

inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorita' competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attivita' di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;

e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto

disposto dall'articolo 137, comma 15.

ART. 113

(acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)


1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le

regioni, previo parere del ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), disciplinano e attuano:

a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di

dilavamento provenienti da reti fognarie separate;

b) i casi in cui puo' essere richiesto che le immissioni delle

acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non

sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

3. Le regioni disciplinano altresi' i casi in cui puo' essere

richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attivita' svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici.

4. E' comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque

meteoriche nelle acque sotterranee.

ART. 114

(dighe)


1. Le regioni, previo parere del ((Ministero dell'ambiente e della

tutela del territorio e del mare)), adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonche' delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.

2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacita' di invaso

e la salvaguardia sia della qualita' dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione e' finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attivita' di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attivita' di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.

3. Il progetto di gestione individua altresi' eventuali modalita'

di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

4. Il progetto di gestione e' predisposto dal gestore sulla base

dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attivita' produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

5. Il progetto di gestione e' approvato dalle regioni, con

eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell'amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato e' trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il pote re di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

6. Con l'approvazione del progetto il gestore e' autorizzato ad

eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformita' ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le

amministrazioni determinano specifiche modalita' ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano

ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operativita' del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalita' degli organi di scarico, sono svolte in conformita' ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.

9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi

non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, ne' il rispetto degli obiettivi di qualita' ambientale e degli obiettivi di qualita' per specifica destinazione.

ART. 115

(tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)


1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della

vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversita' da contemperarsi con le esigenze di funzionalita' dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumita' e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti

all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumita'.

3. Per garantire le finalita' di cui al comma 1, le aree demaniali

dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano gia' comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione e' gratuita.

4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della

legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

ART. 116

(programmi di misure)


1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorita' di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorita' di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalita' per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni .

((1-bis. Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell'ambito di un programma aggiornato, sono applicate entro tre anni dalla loro approvazione)).

TITOLO IV
STRUMENTI DI TUTELA
CAPO I
PIANI DI GESTIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

ART. 117

(piani di gestione e registro delle aree protette)


1. Per ciascun distretto idrografico e' adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorita' di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.

2. Il Piano di gestione e' composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2-bis. I Piani di gestione dei distretti idrografici, adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, sono riesaminati e aggiornati entro il 22 dicembre 2015 e, successivamente, ogni sei anni.

2-ter. Qualora l'analisi effettuata ai sensi dell'articolo 118 e i risultati dell'attivita' di monitoraggio condotta ai sensi dell'articolo 120 evidenzino impatti antropici significativi da fonti diffuse, le Autorita' competenti individuano misure vincolanti di controllo dell'inquinamento. In tali casi i piani di gestione prevedono misure che vietano l'introduzione di inquinanti nell'acqua o stabiliscono obblighi di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti. Dette misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre.

((2-quater. Al fine di coniugare la prevenzione del rischio di alluvioni con la tutela degli ecosistemi fluviali, nell'ambito del Piano di gestione, le Autorita' di bacino, in concorso con gli altri enti competenti, predispongono il programma di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico, quale strumento conoscitivo, gestionale e di programmazione di interventi relativo all'assetto morfologico dei corridoi fluviali. I programmi di cui al presente comma sono redatti in ottemperanza agli obiettivi individuati dalle direttive 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e concorrono all'attuazione dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, che individua come prioritari, tra le misure da finanziare per la mitigazione del dissesto idrogeologico, gli interventi integrati che mirino contemporaneamente alla riduzione del rischio e alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversita'. Il programma di gestione dei sedimenti ha l'obiettivo di migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi d'acqua e di ridurre il rischio di alluvioni tramite interventi sul trasporto solido, sull'assetto plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali e sull'assetto e sulle modalita' di gestione delle opere idrauliche e di altre infrastrutture presenti nel corridoio fluviale e sui versanti che interagiscano con le dinamiche morfologiche del reticolo idrografico. Il programma di gestione dei sedimenti e' costituito dalle tre componenti seguenti:

a) definizione di un quadro conoscitivo a scala spaziale e temporale adeguata, in relazione allo stato morfologico attuale dei corsi d'acqua, alla traiettoria evolutiva degli alvei, alle dinamiche e quantita' di trasporto solido in atto, all'interferenza delle opere presenti con i processi morfologici e a ogni elemento utile alla definizione degli obiettivi di cui alla lettera b);

b) definizione, sulla base del quadro conoscitivo di cui alla lettera a), di obiettivi espliciti in termini di assetto dei corridoi fluviali, al fine di un loro miglioramento morfologico ed ecologico e di ridurre il rischio idraulico; in questo ambito e' prioritario, ovunque possibile, ridurre l'alterazione dell'equilibrio geomorfologico e la disconnessione degli alvei con le pianure inondabili, evitando un'ulteriore artificializzazione dei corridoi fluviali;

c) identificazione degli eventuali interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti alla lettera b), al loro monitoraggio e all'adeguamento nel tempo del quadro conoscitivo; la scelta delle misure piu' appropriate tra le diverse alternative possibili, incluso il non intervento, deve avvenire sulla base di un'adeguata valutazione e di un confronto degli effetti attesi in relazione ai diversi obiettivi, tenendo conto di un orizzonte temporale e spaziale sufficientemente esteso; tra gli interventi da valutare deve essere data priorita' alle misure, anche gestionali, per il ripristino della continuita' idromorfologica longitudinale, laterale e verticale, in particolare al ripristino del trasporto solido laddove vi siano significative interruzioni a monte di tratti incisi, alla riconnessione degli alvei con le pianure inondabili e al ripristino di piu' ampi spazi di mobilita' laterale, nonche' alle misure di rinaturazione e riqualificazione morfologica; l'eventuale asportazione locale di materiale litoide o vegetale o altri interventi di artificializzazione del corso d'acqua devono essere giustificati da adeguate valutazioni rispetto alla traiettoria evolutiva del corso d'acqua, agli effetti attesi, sia positivi che negativi nel lungo periodo, rispetto ad altre alternative di intervento; all'asportazione dal corso d'acqua e' da preferire comunque, ovunque sia possibile, la reintroduzione del materiale litoide eventualmente rimosso in tratti dello stesso adeguatamente individuati sulla base del quadro conoscitivo, in coerenza con gli obiettivi in termini di assetto del corridoio fluviale)).

3. L'Autorita' di bacino, sentite gli enti di governo dell'ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorita' competenti ai sensi della normativa vigente.

ART. 118

(rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attivita' antropica)


((1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di gestione di cui all'articolo 117, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonche' alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'allegato 10 alla presente parte terza. Le risultanze delle attivita' di cui al primo periodo sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle competenti Autorita' di bacino e al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)).

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono aggiornati entro il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni sei anni.

3. Nell'espletamento dell'attivita' conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni gia' acquisite.

ART. 119

(principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici)


1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorita' competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".

2. Entro il 2010 le Autorita' competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualita' ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonche' di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonche' delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell'acqua;

b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui alla parte terza del presente decreto.

((3-bis. Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 3, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, mediante la stipulazione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono determinare, stabilendone l'ammontare, la quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle concessioni del demanio idrico nonche' le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del principio "chi inquina paga" di cui al comma 1 del presente articolo, e in particolare dal recupero dei costi ambientali e di quelli relativi alla risorsa, da destinare al finanziamento delle misure e delle funzioni previste dall'articolo 116 del presente decreto e delle funzioni di studio e progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorita' di bacino ai sensi dell'articolo 71 del presente decreto)).

ART. 120

(rilevamento dello stato di qualita' dei corpi idrici)


1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle indicazioni di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli gia' esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformita' all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonche' con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attivita' di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilita' con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, ((gli enti di governo dell'ambito)), i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresi' le modalita' di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.

Art. 121

Piani di tutela delle acque


1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed e' articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonche' secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorita' di bacino, nel contesto delle attivita' di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e gli enti di governo dell'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonche' le priorita' degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonche' alle competenti Autorita' di bacino, per le verifiche di competenza.

3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

4. Per le finalita' di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

a) i risultati dell'attivita' conoscitiva;

b) l'individuazione degli obiettivi di qualita' ambientale e per specifica destinazione;

c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;

d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;

e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorita';

f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;

g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;

g-bis) i dati in possesso delle autorita' e agenzie competenti rispetto al monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate e delle acque potabili dei comuni interessati, rilevati e periodicamente aggiornati presso la rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da renderli disponibili per i cittadini;

h) l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;

i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorita' di bacino verificano la conformita' del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela e' approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il ((31 dicembre 2016)). Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.

ART. 122

(informazione e consultazione pubblica)


1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le

parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali e' stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinche', per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione

del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari

per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima

dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le

regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.

3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani

di tutela.

Art. 123

(trasmissione delle informazioni e delle relazioni)


1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le

regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.

2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo

inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalita' di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualita' dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:

a) l'attivita' conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici

mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;

b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto

all'articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.

3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o

dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al ((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui all'articolo 116.

CAPO II
AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI

ART. 124

(criteri generali)


1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

2. L'autorizzazione e' rilasciata al titolare dell'attivita' da cui origina lo scarico. Ove uno o piu' stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attivita', oppure qualora tra piu' stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attivita' dei consorziati, l'autorizzazione e' rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilita' dei singoli titolari delle attivita' suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto.

3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, e' definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.

4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati ((dall'ente di governo dell'ambito)).

5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali e' definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformita' all'autorizzazione rilasciata ((dall'ente di governo dell'ambito)).

6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio ((oppure, se gia' in esercizio, allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, ovvero al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione)).

7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione e' presentata alla provincia ovvero ((all'ente di governo dell'ambito)) se lo scarico e' in pubblica fognatura. L'autorita' competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda.

8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'autorizzazione e' valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico puo' essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo e' stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovra' cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 puo' prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.

9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacita' di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacita' autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.

10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformita' alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorita' competente determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente e' tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilita' della domanda. La medesima Autorita', completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.

12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attivita' sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorita' competente, la quale, verificata la compatibilita' dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.

ART. 125

(domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali)


1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue

industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione del punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonche' dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A

dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresi' indicare:

a) la capacita' di produzione del singolo stabilimento

industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacita' di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacita' oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;

b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo

produttivo.

ART. 126

(approvazione dei progetti degli impianti

di trattamento delle acque reflue urbane)


1. Le regioni disciplinano le modalita' di approvazione dei

progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacita' di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonche' delle modalita' della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresi' le modalita' di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.

ART. 127

(fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue)


1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27

gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile ((e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione)). I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.

2. E' vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali

dolci e salmastre.

CAPO III
CONTROLLO DEGLI SCARICHI

ART. 128

(soggetti tenuti al controllo)


1. L'autorita' competente effettua il controllo degli scarichi

sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.

2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in

pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalita' previste nella convenzione di gestione.

ART. 129

(accessi ed ispezioni)


1. L'autorita' competente al controllo e' autorizzata a effettuare

le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico e' tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.

ART. 130

(inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico)


1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui

al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorita' competente procede, secondo la gravita' dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono

essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per

un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento

alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

ART. 131

(controllo degli scarichi di sostanze pericolose)


1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5

dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, l'autorita' competente al rilascio dell'autorizzazione puo' prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonche' le modalita' di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorita' competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.

ART. 132

(interventi sostitutivi)


1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla

parte terza del presente decreto, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.

2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il

((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) nomina un commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.

TITOLO V
SANZIONI
CAPO I
SANZIONI AMMINISTRATIVE

ART. 133

(sanzioni amministrative)


1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato ((e fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, commi 2 e 3,)), nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorita' competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, e' punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro.

2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, e' punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione e' da seicento euro a tremila euro.

3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1((e di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 2,)), effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attivita' di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.

7. Salvo che il fatto costituisca reato, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:

a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2;

b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.

8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuita' la sanzione e' ridotta ad un quinto.

9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

ART. 134

(sanzioni in materia di aree di salvaguardia)


1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attivita' e

destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

ART. 135

(competenza e giurisdizione)


1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi,

all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio e' stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali e' competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorita'.

2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo

1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); puo' altresi' intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.

3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in

vigore della parte terza del presente decreto, l'autorita' giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte

terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

ART. 136

(proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)


1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative

previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unita' previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

CAPO II
SANZIONI PENALI

ART. 137

(sanzioni penali)


1. ((Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1,)) Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, e' punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.

2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena e' dell'arresto da tre mesi a tre anni ((e dell'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro)).

3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5 ((o di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 3,)), effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorita' competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, e' punito con l'arresto fino a due anni.

4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 e' punito con la pena di cui al comma 3.

5. ((Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato)) Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti piu' restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorita' competente a norma dell'articolo 107, comma 1, e' punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro.

6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresi' al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato, e' punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, e' punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.

10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorita' competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, e' punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.

11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 e' punito con l'arresto sino a tre anni.

12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualita' delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorita' competente ai sensi dell'articolo 87, comma 3, e' punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.

13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali e' imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantita' tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purche' in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorita' competente.

14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonche' di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attivita' impartito a norma di detto articolo, e' punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

ART. 138

(ulteriori provvedimenti sanzionatori

per l'attivita' di molluschicoltura)


1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro

della salute, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) , nonche' la regione e la provincia autonoma competente, ai quali e' inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attivita' di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravita' dei fatti, la chiusura degli impianti.

ART. 139

(obblighi del condannato)


1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte

terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena puo' essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.

ART. 140

(circostanza attenuante)


1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o

dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla meta' a due terzi.

SEZIONE III
GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

ART. 141

(ambito di applicazione)


1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione e'

la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane.

2. Il servizio idrico integrato e' costituito dall'insieme dei

servizi pubblici +di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicita', nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.

ART. 142

(competenze)


1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione.

2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.

3. Gli enti locali, attraverso ((l'ente di governo dell'ambito)) di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.

ART. 143

(proprieta' delle infrastrutture)


1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprieta' pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.

2. Spetta anche ((all'ente di governo dell'ambito)) la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.

ART. 144

(tutela e uso delle risorse idriche)


1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorche' non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarieta'; qualsiasi loro uso e' effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

3. La disciplina degli usi delle acque e' finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilita' dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.

4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualita'.

((4-bis. Ai fini della tutela delle acque sotterranee dall'inquinamento e per promuovere un razionale utilizzo del patrimonio idrico nazionale, tenuto anche conto del principio di precauzione per quanto attiene al rischio sismico e alla prevenzione di incidenti rilevanti, nelle attivita' di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato sono vietati la ricerca e l'estrazione di shale gas e di shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. A tal fine e' vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose in cui sono intrappolati lo shale gas e lo shale oil. I titolari dei permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione comunicano, entro il 31 dicembre 2014, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i dati e le informazioni relativi all'utilizzo pregresso di tali tecniche per lo shale gas e lo shale oil, anche in via sperimentale, compresi quelli sugli additivi utilizzati precisandone la composizione chimica. Le violazioni accertate delle prescrizioni previste dal presente articolo determinano l'automatica decadenza dal relativo titolo concessorio o dal permesso)).

5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.

ART. 145

(equilibrio del bilancio idrico)


1. L'Autorita' di bacino competente definisce ed aggiorna

periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilita' di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.

2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni,

l'Autorita' di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o

da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.

ART. 146

(risparmio idrico)


1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei principi della legislazione statale, adottano norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:

a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;

b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;

c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;

d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;

e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;

f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unita' abitativa nonche' contatori differenziati per le attivita' produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;

g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collegamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;

h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.

2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire e' subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di contatori per ogni singola unita' abitativa, nonche' del collegamento a reti duali, ove gia' disponibili.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed ((all'ente di governo dell'ambito)) competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi.

TITOLO II
SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

ART. 147

(organizzazione territoriale del servizio idrico integrato)


1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Le regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell'ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine si applica l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all'ente di governo dell'ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale e' trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.

1-bis. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell'ambito individuati ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente. Si applica quanto previsto dagli ultimi due periodi dell'articolo 172, comma 4. (89)

2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicita', nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:

a) unita' del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonche' della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

b) unicita' della gestione;

c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

2-bis. Qualora l'ambito territoriale ottimale coincida con l'intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualita' del servizio all'utenza, e' consentito l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle citta' metropolitane. ((Sono fatte salve: a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti gia' istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148; b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l'ente di governo d'ambito territorialmente competente provvede all'accertamento dell'esistenza dei predetti requisiti)).

3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalita' degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

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AGGIORNAMENTO (89)

Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 23 febbraio - 10 marzo 2016, n. 51 (in G.U. 1ª s.s. 16/03/2016, n. 11), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, lettera b) del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, (che ha introdotto il comma 1-bis al presente articolo), limitatamente alle parole «e dalle province autonome».

ART. 148

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 23 DICEMBRE 2009, N. 191,

COME MODIFICATA DAL D.L. 29 DICEMBRE 2011, N. 216))

ART. 149

(piano d'ambito)


1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, ((l'ente di governo dell'ambito)) provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito e' costituito dai seguenti atti:

a) ricognizione delle infrastrutture;

b) programma degli interventi;

c) modello gestionale ed organizzativo;

d) piano economico finanziario.

2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

3. ((Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture gia' esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonche' al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza, tenuto conto di quella collocata nelle zone montane o con minore densita' di popolazione)). Il programma degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.

4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso e' integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, cosi' come redatto, dovra' garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicita' della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

6. Il piano d'ambito e' trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti puo' notificare ((all'ente di governo dell'ambito)), entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacita' dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

ART. 149-bis

(Affidamento del servizio).


1. L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicita' della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. ((L'affidamento diretto puo' avvenire a favore di societa' interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale)).

2. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la continuita' del servizio idrico integrato, l'ente di governo dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell'affidamento previgente. Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale.

2-bis. Al fine di ottenere un'offerta piu' conveniente e completa e di evitare contenziosi tra i soggetti interessati, le procedure di gara per l'affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio.

2-ter. L'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, come sostituito dal comma 4 dell'articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e' soppresso.

ART. 150


((ARTICOLO ABROGATO DAL D.L. 12 SETTEMBRE 2014, N. 133 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 11 NOVEMBRE 2014, N. 164))

ART. 151

(rapporti tra ((ente di governo dell'ambito)) e soggetti gestori del servizio idrico integrato)


((1. Il rapporto tra l'ente di governo dell'ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato e' regolato da una convenzione predisposta dall'ente di governo dell'ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari, adottate dall'Autorita' per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico in relazione a quanto previsto dall'articolo 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.))

2. ((A tal fine, le convenzioni tipo, con relativi disciplinari, devono prevedere in particolare:))

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;

b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;

((b-bis) le opere da realizzare durante la gestione del servizio come individuate dal bando di gara));

c) l'obbligo del raggiungimento ((e gli strumenti per assicurare il mantenimento)) dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;

d) il livello di efficienza e di affidabilita' del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

e) i criteri e le modalita' di applicazione delle tariffe determinate ((dall'ente di governo dell'ambito)) e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;

f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;

g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;

h) le modalita' di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;

i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che ((l'ente di governo dell'ambito)) ha facolta' di disporre durante tutto il periodo di affidamento;

l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione ((all'ente di governo dell'ambito)) del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarita' nell'erogazione del servizio, nonche' l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarita', in conformita' con le prescrizioni dell'Autorita' medesima;

m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione((, nonche' la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell'affidamento, anche tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 143 e 158 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, ed i criteri e le modalita' per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente));

n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;

o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;

p) le modalita' di rendicontazione delle attivita' del gestore.

((3. Sulla base della convenzione tipo di cui al comma 1 o, in mancanza di questa, sulla base della normativa vigente, l'ente di governo dell'ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati della procedura di gara. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformita' alle previsioni di cui al comma 2, secondo le modalita' stabilite dall'Autorita' per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico)).

4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonche' il programma temporale e finanziario di esecuzione.

5. L'affidamento del servizio e' subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.

6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.

7. ((COMMA ABROGATO DAL D.L. 12 SETTEMBRE 2014, N. 133, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 11 NOVEMBRE 2014, N. 164 )).

8. Le societa' concessionarie del servizio idrico integrato, nonche' le societa' miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facolta' di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci per cento e' offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.

ART. 152

(poteri di controllo e sostitutivi)


1. ((l'ente di governo dell'ambito)) ha facolta' di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.

2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, ((l'ente di governo dell'ambito)) interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalita' a suo carico, nonche' il potere di risoluzione e di revoca, ((l'ente di governo dell'ambito)), previa diffida, puo' sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.

3. Qualora ((l'ente di governo dell'ambito)) non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario "ad acta". Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un commissario "ad acta".

4. ((l'ente di governo dell'ambito)) con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione.

ART. 153

(dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato)


1. Le infrastrutture idriche di proprieta' degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare. ((Gli enti locali proprietari provvedono in tal senso entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo eventuali quote residue di ammortamento relative anche ad interventi di manutenzione. Nelle ipotesi di cui all'articolo 172, comma 1, gli enti locali provvedono alla data di decorrenza dell'affidamento del servizio idrico integrato. Qualora gli enti locali non provvedano entro i termini prescritti, si applica quanto previsto dal comma 4, dell'articolo 172. La violazione della presente disposizione comporta responsabilita' erariale.))

2. Le immobilizzazioni, le attivita' e le passivita' relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica. ((Il gestore e' tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli, ed a corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.))

ART. 154

(tariffa del servizio idrico integrato)


1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed e' determinata tenendo conto della qualita' della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi di funzionamento ((dell'ente di governo dell'ambito)), in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo. (51)

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessita' di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua.

3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresi' riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.

4. Il soggetto competente, al fine della redazione del piano economico-finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera d), predispone la tariffa di base, nell'osservanza del metodo tariffario di cui all'articolo 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e la trasmette per l'approvazione all'Autorita' per l'energia elettrica e il gas.

5. La tariffa e' applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonche' per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonche' per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.


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AGGIORNAMENTO (51)

Il D.P.R. 18 luglio 2011, n. 116 ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "In esito al referendum di cui in premessa, il comma 1 dell'articolo 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», limitatamente alla seguente parte: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito», e' abrogato".

ART. 155

(tariffa del servizio di fognatura e depurazione)


1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore e' tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato ((all'ente di governo dell'ambito)), che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non e' dovuta se l'utente e' dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte ((dell'ente di governo dell'ambito)). (15)

2. In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato, i comuni gia' provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.

3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.

4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata e' determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.

5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo e' determinata sulla base della qualita' e della quantita' delle acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". E' fatta salva la possibilita' di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte ((dell'ente di governo dell'ambito)).

6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o gia' usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali e' ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o gia' usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantita' di acqua riutilizzata e della quantita' delle acque primarie impiegate.

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AGGIORNAMENTO (15)

La Corte costituzionale con sentenza 8-10 ottobre 2008, n. 335 (in G.U. 1a s.s. 15/10/2008, n. 43) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 155, comma 1, primo periodo, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione e' dovuta dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.

ART. 156

(riscossione della tariffa)


1. La tariffa e' riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa e' riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione((, in base a quanto stabilito dall'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.))

2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo ((dell'Autorita' per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico)), sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.

3. La riscossione volontaria della tariffa puo' essere effettuata con le modalita' di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l'Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della tariffa puo' altresi' essere affidata ai soggetti iscritti all'albo previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica.

ART. 157

(opere di adeguamento del servizio idrico)


1. Gli enti locali hanno facolta' di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone gia' urbanizzate, previo parere di compatibilita' con il piano d'ambito reso ((dall'ente di governo dell'ambito)) e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.

ART. 158

(opere e interventi per il trasferimento di acqua)


1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche,

laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e cio' travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorita' di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalita' di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorita' di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.

2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo

delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)).

3. Le opere e gli impianti necessari per le finalita' di cui al

presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)) esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalita' per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonche' l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.

ART. 158-bis

(Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell'autorita' espropriante)


1. I progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi nei piani d'ambito di cui all'articolo 149 del presente decreto, sono approvati dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell'articolo 3 bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che provvedono alla convocazione di apposita conferenza di servizi ,ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. La medesima procedura si applica per le modifiche sostanziali delle medesime opere, interventi ed impianti.

2. L'approvazione di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilita' e costituisce titolo abilitativo e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani paesaggistici. Qualora l'approvazione costituisca variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, tale variante deve essere coordinata con il piano di protezione civile secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 6, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. ((119))

3. L'ente di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al comma 1 costituisce autorita' espropriante per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo. L'ente di governo puo' delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato, nell'ambito della convenzione di affidamento del servizio i cui estremi sono specificati in ogni atto del procedimento espropriativo.


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AGGIORNAMENTO (119)

Il D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1 ha disposto (con l'art. 47, comma 1, lettera n)) che "Tutti i riferimenti alla legge 24 febbraio 1992, n. 225 e ai relativi articoli, contenuti in altre disposizioni, si intendono riferiti al presente decreto e ai corrispondenti articoli. In particolare:

[...]

n) l'articolo 3, comma 6, legge n. 225 del 1992 citato nell'articolo 158-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, deve intendersi riferito all'articolo 18, comma 3, del presente decreto".

TITOLO III
VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

Art. 159

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 8 NOVEMBRE 2006, N. 284)) ((2))

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AGGIORNAMENTO (2)

Il D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 ha disposto (con l'art. 1, comma

5) che "il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano

le relative funzioni."

Art. 160

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 8 NOVEMBRE 2006, N. 284)) ((2))

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AGGIORNAMENTO (2)

Il D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 ha disposto (con l'art. 1, comma

5) che "il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni".

Art. 161

Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche


1. Il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche di cui al decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 284, articolo 1, comma 5, e' istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 141, comma 2 del presente decreto legislativo, con particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe, nonche' alla tutela dell'interesse degli utenti.

2. La Commissione e' composta da cinque membri nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che durano in carica tre anni, due dei quali designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e tre, di cui uno con funzioni di presidente individuato con il medesimo decreto, scelti tra persone di elevata qualificazione giuridico-amministrativa o tecnico-scientifica, nel settore pubblico e privato, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere. Il presidente e' scelto nell'ambito degli esperti con elevata qualificazione tecnico-scientifica. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, con proprio decreto, alla nomina dei cinque componenti della Commissione, in modo da adeguare la composizione dell'organo alle prescrizioni di cui al presente comma. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di nomina dei nuovi componenti, lo svolgimento delle attivita' e' garantito dai componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

3. PERIODO SOPPRESSO DAL D.L. 28 APRILE 2009, N. 39, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI CON L. 24 GIUGNO 2009, N. 77. I componenti non possono essere dipendenti di soggetti di diritto privato operanti nel settore, ne' possono avere interessi diretti e indiretti nei medesimi; qualora siano dipendenti pubblici, essi sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, sono collocati in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e' determinato il trattamento economico spettante ai membri del Comitato.

4. Il Comitato, nell'ambito delle attivita' previste all'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, in particolare:

a) predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui all'articolo 154 e le modalita' di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

b) verifica la corretta redazione del piano d'ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici e sulla necessita' di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra ((gli enti di governo dell'ambito)) e i gestori in particolare quando cio' sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti;

c) predispone con delibera una o piu' convenzioni tipo di cui all'articolo 151, e la trasmette al Ministro per l'ambiente e per la tutela del territorio e del mare, che la adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

d) emana direttive per la trasparenza della contabilita' delle gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni;

e) definisce i livelli minimi di qualita' dei servizi da prestare, sentite le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori;

f) controlla le modalita' di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticita' e di irregolarita' funzionali dei servizi idrici;

g) tutela e garantisce i diritti degli utenti emanando linee guida che indichino le misure idonee al fine di assicurare la parita' di trattamento degli utenti, garantire la continuita' della prestazione dei servizi e verificare periodicamente la qualita' e l'efficacia delle prestazioni;

h) predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;

i) esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualita' dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni, degli enti locali, ((degli enti di governo dell'ambito)), delle associazioni dei consumatori e di singoli utenti del servizio idrico integrato; per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente comma il Comitato promuove studi e ricerche di settore;

l) predispone annualmente una relazione al parlamento sullo stato dei servizi idrici e sull'attivita' svolta.

5. Per l'espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, il Comitato si avvale della segreteria tecnica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). Esso puo' richiedere di avvalersi, altresi', dell'attivita' ispettiva e di verifica dell'Osservatorio di cui al comma 6 e di altre amministrazioni.

6. PERIODO SOPPRESSO DAL D.L. 28 APRILE 2009, N. 39, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI CON L. 24 GIUGNO 2009, N. 77. La Commissione svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in materia di:

a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;

b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l'esercizio dei servizi idrici;

c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;

d) livelli di qualita' dei servizi erogati;

e) tariffe applicate;

f) piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.

6-bis. Le attivita' della Segreteria tecnica sono svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie gia' operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

7. I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono entro il 31 dicembre di ogni anno all'Osservatorio, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma 6. L'Osservatorio ha, altresi', facolta' di acquisire direttamente le notizie relative ai servizi idrici ai fini della proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte del Comitato, dell'azione avverso gli atti posti in essere in violazione del presente decreto legislativo, nonche' dell'azione di responsabilita' nei confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei diritti dell'utente.

8. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate per la tutela degli interessi degli utenti.

(30) (46)


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AGGIORNAMENTO (30)

Il D.P.R. 3 agosto 2009, n. 140, ha disposto (con l'art. 9, comma 4) che "Gli organismi di cui all'articolo 7 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 uglio 2008, n. 123, all'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e all'articolo 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall'articolo 9-bis del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, durano in carica tre anni decorrenti dall'emanazione dei rispettivi decreti di nomina dei nuovi componenti adottati in attuazione delle norme di cui al presente periodo."

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AGGIORNAMENTO (46)

Il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, ha disposto (con l'art. 10, comma 26) che "A decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' soppressa la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche di cui all'articolo 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e il predetto articolo 161 e' abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo".

ART. 162

(partecipazione, garanzia e informazione degli utenti)


1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura

l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantita' e qualita' delle acque fornite e trattate.

2. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare)), le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicita' dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonche' la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.

3. Chiunque puo' prendere visione presso i competenti uffici del

((Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicita' degli atti delle amministrazioni pubbliche.

ART. 163

(gestione delle aree di salvaguardia)


1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle

risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato puo' stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le universita' agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.

2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle

aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, e' versata alla comunita' montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.

ART. 164

(disciplina delle acque nelle aree protette)


1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali,

l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorita' di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque

superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonche' le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni gia' assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorita' competente la modifica delle quantita' di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che cio' possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

ART. 165

(controlli)


1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualita' e per il

controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualita' delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualita' delle acque e sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.

2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da

fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalita' previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.

3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2

febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualita' dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.

TITOLO IV
USI PRODUTTIVI DELLE RISORSE IDRICHE

ART. 166

(usi delle acque irrigue e di bonifica)


1. I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facolta' di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorita' corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facolta' di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorita' di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati al pagamento dei relativi canoni per le quantita' di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del te sto unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualita' delle acque e degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

4. Il contributo di cui al comma 3 e' determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalita' di versamento.

4-bis. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ((e con il Ministro della salute)), previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentiti i competenti istituti di ricerca, definisce, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i parametri fondamentali di qualita' delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalita' di verifica, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 112 del presente decreto e dalla relativa disciplina di attuazione e anche considerati gli standard di qualita', di cui al decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, nonche' gli esiti delle indagini e delle attivita' effettuati ai sensi del medesimo decreto legislativo. Con il regolamento di cui al presente comma si provvede, altresi', alla verifica ed eventualmente alla modifica delle norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2003, n. 185.

ART. 167

(usi agricoli delle acque)


1. Nei periodi di siccita' e comunque nei casi di scarsita' di

risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorita' dell'uso agricolo ivi compresa l'attivita' di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.

2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si

proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.

3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio

di fondi agricoli o di singoli edifici e' libera.

4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o

concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti e' regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

5. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici,

come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purche' non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.

ART. 168

(utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico)


1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente

decreto e del piano energetico nazionale, nonche' degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)), di concerto con il Ministro delle attivita' produttive, sentite le Autorita' di bacino, nonche' le regioni e le province autonome, disciplina, senza che cio' possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:

a)la produzione al fine della cessione di acqua dissalata

conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;

b)l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per

fronteggiare situazioni di emergenza idrica;

c)la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantita' e

della qualita' delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.

ART. 169

(piani, studi e ricerche)


1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle

Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorita' di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

SEZIONE IV
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 170

Norme transitorie


1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.

2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina legislativa, le Autorita' di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di entrata in vigore del ((decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 3)) dell'articolo 63 del presente decreto. (2) (20) ((88))

3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:

a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;

b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;

c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;

d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;

e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;

f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;

i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2, all'affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonche' all'affidamento a societa' miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonche' le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2004;

l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.

4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualita' delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;

c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualita' delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualita' delle acque destinate alla molluschicoltura;

f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;

g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualita' per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualita' per gli scarichi di cadmio;

i) direttiva 84/ 156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualita' per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualita' per gli scarichi di esaclorocicloesano;

m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualita' per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE;

n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualita' per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;

o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;

p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;

r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.

6. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.

7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le attivita' di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.

9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento e' riservata alle attivita' di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.

10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.

11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.

12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

13. COMMA SOPPRESSO DAL D.LGS. 16 GENNAIO 2008, N. 4

14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

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AGGIORNAMENTO (2)

Il D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 ha disposto che "fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo correttivo di cui al comma 2-bis del presente articolo, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle autorita' di bacino dal 30 aprile 2006".

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AGGIORNAMENTO (20)

Il D.L. 30 dicembre 2008, n.208, convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, ha disposto (con l'art. 1, comma 2) che "Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 1, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle Autorita' di bacino di cui al presente articolo dal 30 aprile 2006".

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AGGIORNAMENTO (88)

Il D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, come modificato dalla L. 28 dicembre 2015, n. 221 ha disposto (con l'art. 1, comma 2) che "Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui all'articolo 170, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 1, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle Autorita' di bacino di cui al presente articolo dal 30 aprile 2006".

ART. 171

(canoni per le utenze di acqua pubblica)


1. Nelle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio

idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:

a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00

euro, ridotte alla meta' se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;

b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con

derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;

c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano,

1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;

d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale,

12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. Il canone e' ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;

e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura,

l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;

f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le

concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;

g) per ogni modulo di acqua assentita ad uso igienico ed

assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.

2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere

inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.

ART. 172

(gestioni esistenti)


((1. Gli enti di governo degli ambiti che non abbiano gia' provveduto alla redazione del Piano d'Ambito di cui all'articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio del 30 settembre 2015, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l'affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente.

2. Al fine di garantire il rispetto del principio di unicita' della gestione all'interno dell'ambito territoriale ottimale, il gestore del servizio idrico integrato subentra, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, agli ulteriori soggetti operanti all'interno del medesimo ambito territoriale. Qualora detti soggetti gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformita' alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege, il gestore del servizio idrico integrato subentra alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto.

3. In sede di prima applicazione, al fine di garantire il conseguimento del principio di unicita' della gestione all'interno dell'ambito territoriale ottimale, l'ente di governo dell'ambito , nel rispetto della normativa vigente e fuori dai casi di cui al comma 1, dispone l'affidamento al gestore unico di ambito ai sensi dell'articolo 149-bis alla scadenza di una o piu' gestioni esistenti nell'ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, il cui bacino complessivo affidato sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento. Il gestore unico cosi' individuato subentra agli ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformita' alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Al fine di addivenire, nel piu' breve tempo possibile, all'affidamento del servizio al gestore unico di ambito, nelle more del raggiungimento della percentuale di cui al primo periodo, l'ente competente, nel rispetto della normativa vigente, alla scadenza delle gestioni esistenti nell'ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, i cui bacini affidati siano complessivamente inferiori al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento, dispone l'affidamento del relativo servizio per una durata in ogni caso non superiore a quella necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle menzionate gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento.

3-bis. Entro il 31 dicembre 2014 e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico presenta alle Camere una relazione sul rispetto delle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in particolare:

a) a carico delle regioni, per la costituzione degli enti di governo dell'ambito;

b) a carico degli enti di governo dell'ambito, per l'affidamento del servizio idrico integrato;

c) a carico degli enti locali, in relazione alla partecipazione agli enti di governo dell'ambito e in merito all'affidamento in concessione d'uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico integrato ai gestori affidatari del servizio.

4. Qualora l'ente di governo dell'ambito non provveda nei termini stabiliti agli adempimenti di cui ai commi 1,2 e 3 o, comunque, agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge, il Presidente della regione esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali e avviando entro trenta giorni le procedure di affidamento. In tali ipotesi, i costi di funzionamento dell'ente di governo riconosciuti in tariffa sono posti pari a zero per tutta la durata temporale dell'esercizio dei poteri sostitutivi. Qualora il Presidente della regione non provveda nei termini cosi' stabiliti, l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, entro i successivi trenta giorni, segnala l'inadempienza al Presidente del Consiglio dei Ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente. La violazione della presente disposizione comporta responsabilita' erariale.

5. Alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalita' previsti dalla convenzione.))

6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unita' di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.

ART. 173

(personale)


1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi

dell'articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sara' soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.

ART. 174

(disposizioni di attuazione e di esecuzione)


1. Sino all'adozione da parte del ((Ministro dell'ambiente e della

tutela del territorio e del mare))di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.

2. Il ((Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare)), sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, cosi' come definiti dalla direttiva 91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva.

ART. 175

(abrogazione di norme)


1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza

del presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

a) l'articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre

1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;

c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con

modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;

d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;

e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con

modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;

f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n.

515;

g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con

modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;

h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di

conversione, con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;

i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della

Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;

l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;

m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di

conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n.

16;

n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;

o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;

p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;

q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;

r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;

s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di

conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;

u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo

22, comma 6;

v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di

conversione, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n.

552;

z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con

modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;

aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180,

convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, cosi' come

modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;

cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279,

convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.

ART. 176

(norma finale)


1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto

che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.

2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto

sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province

autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

Continua
Indice del codice dell'ambiente