Il Garante per la protezione dei dati personali (Newsletter 21/27 aprile 2003) ha precisato che si può avere accesso alle telefonate in entrata solo se si dimostra che la mancata conoscenza di questi dati comporta un effettivo pregiudizio per lo svolgimento di indagine difensive. Con questa motivazione l'Autorità ha rigettato il ricorso presentato da due utenti che chiedevano di conoscere i dati personali relativi al traffico telefonico in entrata, su un'utenza fissa, intestata a uno dei due, al fine della loro produzione, come prova, in un procedimento pendente in cui figuravano come parti offese. Il Garante ha ricordato che ?la maggiore tutela accordata alle chiamate in entrata, introdotta dal decreto legislativo
n.467/2001, traccia un primo bilanciamento tra il diritto dell'abbonato ad accedere ai dati personali che lo riguardano e il diritto alla riservatezza di terzi, sia chiamanti, sia chiamati, circoscrivendo il diritto di accesso "diretto" alle sole chiamate "in entrata" di cui sia necessaria la conoscenza, comportando altrimenti il diniego un pregiudizio per lo svolgimento delle investigazioni difensive (legge n.397/2000). Ciò anche in relazione alla vigente disciplina dell'identificazione della linea chiamante e delle chiamate di disturbo (decreto legislativo n.171/1998)?.

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