A volte ritornano! La pronuncia di Cassazione sotto la forma dell'ordinanza emessa in data 17 settembre 2010, n°19816, fa sobbalzare nella sua (apparente) innocuità. La categoria del danno non patrimoniale rimane unica in ossequio (esteriore) al modello risarcitorio tracciato da "San Martino 2008", vale a dire le quattro sentenze gemelle numeri 26972 e seguenti, ma quali sono le componenti che formano il montante? Banalizzando, se il menù a prezzo fisso Ti sembra un po' caro al costo di €20,00 ma tra le portate è annoverato ogni ben di Dio, che il pranzo abbia inizio! Ebbene, i pregiudizi non potranno più essere definiti danni, bensì soltanto voci, componenti, poste, ma nella sostanza che importa?! La Terza Sezione, presieduta dal Dott. Finocchiaro con relatore il Dott. Lanzillo, richiama il poderoso dictum delle Sezioni Unite dell'11 novembre 2008, ma il riferimento serve soltanto nell'alveo del ragionamento sull'inammissibilità della "creazione di diverse tipologie autonome e a sé stanti di danno non patrimoniale (ed in particolare di quella del danno c.d. esistenziale)". Del resto, il Tribunale di Foggia, ligio alle sentenze di San Martino, Santo patrono dell'estate fatua e tardiva, in funzione di giudice dell'impugnazione, aveva già negato la refusione dei DANNI MORALI. Con il primo motivo di ricorso per cassazione
il danneggiato censurava proprio la pronuncia dauna "nel capo in cui il giudice di appello gli ha negato il risarcimento dei danni morali, in relazione ad un sinistro che gli ha provocato lesioni personali, con la motivazione che la legge n°57 del 2001 non prevede la liquidazione del danno morale". Risponde con sospetta baldanza la Terza Sezione della Cassazione: "il ricorso è manifestamente fondato"! Infatti, "il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali deriva da una precisa norma del Codice Civile
(Art. 2059 cod. civ.), che la legge n°57/2001 non ha certo abrogato". Soggiungono gli Ermellini di Piazza Cavour che "la sentenza impugnata ha commisurato la liquidazione esclusivamente al c.d. danno biologico, escludendo espressamente la risarcibilità delle sofferenze morali conseguenti alle lesioni fisiche, sulla base dell'errata interpretazione delle norme richiamate dal ricorrente e deve essere per questa parte cassata". Ora, nel preambolo dell'ordinanza i Supremi Giudici ricordano che il Tribunale foggiano agiva in sede d'impugnazione avverso una liquidazione del Giudice di Pace
parimenti dauno, talché si controverteva di cifre non esorbitanti, che il Tribunale incrementò di €309,46 rispetto al non togato di prime cure. Pronuncia senz'altro istruttiva, in particolar modo nel passo che suona così: "il giudice deve comunque tenere conto, nel liquidare l'unica somma spettante in riparazione, di TUTTI gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (danno alla vita, alla salute, ai rapporti affettivi e familiari, sofferenze psichiche, ecc.)"; tale ordinanza ci preannuncia da che parte spira il vento. Infatti, applicando il vecchio adagio se non è zuppa è pan bagnato, non rinvengo differenze tra quanto asserisce in questo caso (che ha riguardato la Compagnia assicurativa Ugf, già Aurora S.p.A., quale controricorrente) la Cassazione ed il tradizionale danno morale soggettivo cui le Sezioni Unite del 2008 sembravano aver assestato il colpo di grazia. Va ricordato che nel frattempo si è inserito il DPR 3 marzo 2009 n°37 che, muovendo in sesno diametralmente opposto rispetto alle Sezioni Unite di tre mesi prima, ha riaffermato la distinzione tra danno biologico e danno morale con riferimento alle "elargizioni" a favore del personale militare e di altre categorie rimaste vittime di esposizioni all'URANIO IMPOVERITO. E Voi che ne pensate in proposito? Pleonastico che stia a ricordarVi che il riquadro qui sotto è stato apposto per i Vostri commenti, che stanno affluendo numerosi. Il mio è: non vorrei essere nei panni del Magistrato del Tribunale di Foggia ("in diversa composizione") che dovrà decidere il giudizio a seguito dell'annullamento della pronuncia di altro suo collega per accoglimento del motivo di ricorso principale, quello che richiedeva il danno morale. Per la Cassazione non è, come frequentemente si dice (che bruttura lessicale: in diritto sarebbe preferibile limitarne l'uso alla sola privazione temporanea della libertà personale), un "arresto", ma un punto di (ri)partenza verso il riconoscimento di un danno morale non abrogato, ma costituzionalizzato, purché i riduzionisti non se ne abbiano a male dal momento che ho scritto a braccio nella pausa pranzo, senza alcuna pretesa di esaustività.
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