Un giudice federale Usa che merita la menzione, Virginia Phillips, ha dichiarato che la legge che proibisce agli omosessuali di prestare servizio nell'esercito degli Stati Uniti se divulgano la loro condizione sessuale non è conforme al dettato costituzionale. Era la prassi del "don't ask, don't tell" (non chiedere, non dire), che consentiva ai gay di prestare servizio militare se non divulgavano pubblicamente il proprio orientamento sessuale. La decisione giudiziale è la maggiore azione legale contro la legge promulgata nel 1993 da Bill Clinton, che da anni suscitava polemiche e che l'Amministrazione Obama ha in progetto di modificare. Se ne parlò ai primi di febbraio 2010 ed anche il Comandante supremo delle forze armate, l'ammiraglio Mike Mullen, assentì: "è la cosa giusta da fare". I tempi sembrano essere decisamente mutati e maturi: se negli anni '90 solo il 45% degli Americani si diceva favorevole agli omosessuali nelle forze armate, nel frattempo la percentuale sale al 75%. La civiltà si muove per piccole, magari marginali, ma inesorabili conquiste. I divieti, invece, non fanno che esacerbare i problemi aperti. Ai miei tempi all'interno delle Forze Armate del glorioso Esercito Italiano c'erano eccome omosessuali, ma non mi risulta che si sia mai, nelle caserme anche popolose ove sono stato un anno a lavorare per la Patria quale scaglione "sesto ottantotto", verificato un problema.
Temo piuttosto gli stupidi e gli ipocriti, a prescindere dalle preferenze sessuali e dalla squadra per cui tifano.
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