Un'anzienda in crisi che ha una contabilità regolare può stare tranquilla anche se i dati aziendali si discostano dai parametri degli studi di settore. Parola di Cassazione. La sezione tributaria della Corte, infatti, ha stabilito che sono nulli gli accertamenti induttivi fondati "sullo scostamento delle medie di ricarico applicate da un'azienda in crisi dagli studi di settore". Secondo Piazza Cavour (Sentenza 19136/2010) "in presenza di scritture contabili formalmente corrette, non è sufficiente, ai fini dell'accertamento di un maggior reddito d'impresa, il solo rilievo dell'applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza" Come si legge nella parte motiva della sentenza
, "le medie di settore non costituiscono un 'fatto noto', storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, risultando quindi inidonee, di per sé stesse, ad integrare gli estremi di una prova per presunzioni". Ciò che occorre - conclude la Corte - è che "risulti qualche elemento ulteriore, tra cui anche l'abnormità e l'irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore, incidente sull'attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti".

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