Con decisione n°2950 pubblicata il 13 maggio 2010 la Sesta Sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale si esprime in ordine al tatuaggio della candidata a partecipare al concorso per entrare in polizia. La problematica consiste nell'applicabilità del Decreto Ministeriale n°198 del 2003, che, nell'individuare le cause di inidoneità all'ammissione ai concorsi, si riferisce a "tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme, o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme". Il Collegio accoglie così l'appello della ricorrente che era stata esclusa dall'Amministrazione per la presenza di un tatuaggio di piccole dimensioni sulla caviglia sinistra ove, con un segno grafico in arabo, indicava la traduzione del nome di battesimo dell'aspirante poliziotta. Nulla di più di un vezzo che non ha davvero niente a che spartire per il Consiglio di Stato con le roboanti espressioni della normativa ("indice di personalità abnorme"). Oltretutto la visibilità del tatuaggio deve risultare evidente e l'ordinaria uniforme copre pressoché interamente la caviglia. La decisione, il cui estensore è il Dott. Roberto Garofoli (Presidente Giuseppe Barbagallo) annulla, quindi, la sentenza del Tar Lazio che aveva sancito l'inidoneità al servizio per tale minuzia, ponendo anche in risalto che nella divisa estiva femminile alla gonna non sono abbinate le calze.
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