La suprema corte è tornata a pronunciarsi sull'annoso tema della distinzione tra ricettazione ed incauto acquisto con la sentenza n. 15119 del 2010
Tornata a pronunciarsi sull'annoso tema della distinzione tra ricettazione ed incauto acquisto la Suprema Corte con la sentenza n. 15119 del 2010 ha riconosciuto che, affinchè la fattispecie del reato di ricettazione
debba ritenersi integrata, non è necessario sul piano psicologico soggettivo la sussistenza di un dolo diretto. Ai fini della integrazione della fattispecie in esame è sufficiente la sussistenza del dolo eventuale, ravvisabile ogni volta in cui l'acquirente, si ponga un interrogativo in merito, ben potendo immaginare l'illegittima provenienza del bene oggetto di acquisto e ne accetti il rischio. Al contrario i giudici di legittimità hanno ritenuto che non possa essere ricondotto a tale forma di illecito, bensì a quello del'incauto acquisto se il soggetto non si sia posto un simile interrogativo circa l'illecita provenienza del bene nonostante l'avesse sospettato. Sulla base di queste considerazioni gli ermellini hanno confermato la condanna impartita dai Giudici di merito nei confronti di un uomo che, nel caso di specie, aveva acquistato una mountein bike nonostante nutrisse dei dubbi in merito alla liceità della sua provenienza. Sono state così superate le argomentazioni della difesa dell'imputato che aveva impugnato la decisione di merito ponendo l'accento sull'assenza di una specifica intenzione criminosa di commettere il reato .

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