Il datore di lavoro deve versare i contributi INPS per l'attività lavorativa prestata dal lavoratore extracomunitario privo di regolare permesso di soggiorno. Così hanno riconosciuto gli ermellini con sentenza n. 7680 del 26 marzo 2010. La presenza di un obbligo retributivo determina, imprescindibilmente, il sorgere del relativo obbligo contributivo. Un contratto
di lavoro stipulato con un soggetto privo di regolare permesso, oltre ad essere un contratto posto in essere in violazione di legge, costituisce reato (art. 22 dodicesimo comma del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286). L'illegittimità del contratto tuttavia, non costituisce condizione necessaria e sufficiente a far venir meno il diritto del lavoratore alla retribuzione, ed il correlativo obbligo contributivo per la prestazione eseguita. Come previsto all'art. 2126 cc "la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui i rapporto ha avuto esecuzione, salvo la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa". Nel caso in esame l'illegittimità non attiene, né alla causa, né all'oggetto. La Corte, nella propria motivazione si è poi richiamata al secondo comma del 2126 cc, che riconosce il diritto alla retribuzione anche nel caso in cui, il lavoro sia prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro. Dalla lettura del richiamato art. 22, e delle disposizioni ad esso funzionalmente collegate emerge come, tra le finalità della normativa richiamata, vada ravvisata quella di garantire al lavoratore condizioni di vita e di lavoro adeguate.
Sulla base di queste premesse, la Suprema Corte ha potuto ritenere come , anche a fronte di una declaratoria di nullità del contratto di lavoro, il lavoratore possa vantare il diritto alla propria retribuzione e l'INPS alla relativa contribuzione.

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