Il Dott. Oscar Magi della Quarta Sezione Penale del Tribunale di Milano ha appena depositato la sentenza di condanna dei vertici del motore di ricerca dopo la lettura del dispositivo già avvenuta il 24 febbraio 2010. "Non esiste la sconfinata prateria di internet, dove tutto è permesso e niente può essere vietato" si legge scorrendo un passo della decisione che cerca di codificare le regole comportamentali e gli obblighi in un mondo, quello del web, che ne è praticamente sfornito. Al cospetto degli importanti principi sottostanti Google ha preannunciato appello dal momento che la decisione, secondo la prospettazione del motore di ricerca, condannato per violazione della privacy e prosciolto per l'ipotesi di diffamazione, minerebbe alla base i principi stessi ai quali si àncora il web. La questione da cui è partita l'indagine penale è il famigerato video che mostra un disabile oggetto delle vessazioni da parte dei compagni di classe, episodio accaduto nel 2006. Il Tribunale evidenzia in motivazione che "Google Italy trattava i dati contenuti nel video" scaricabile dalla notissima piattaforma e "ne era responsabile", mentre l'informativa privacy sarebbe risultata "carente" o comunque "nascosta nelle condizioni generali del contratto" da risultare "inefficace per i fini previsti dalla legge". La motivazione è assai corposa, ben centoundici pagine, e meriterà una successiva analisi stanti gli aspetti nevralgici che tocca.
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