Nell'accertamento della paternità naturale, il Giudice "è dotato di ampio potere discrezionale e può legittimamente basare il proprio apprezzamento in ordine all'esistenza del rapporto di filiazione anche su risultanze probatorie indirette ed indiziarie". Lo ha stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. 2640/2003) precisando che l'art. 269 c.c. "non esclude che le dichiarazioni della madre e l'esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento, nel concorso di altri elementi, anche presuntivi, possano essere utilizzati dal giudice del merito a sostegno del proprio convincimento" e che lo stesso non "è tenuto a confutare singolarmente tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo sufficiente che, valutate le risultanze e i rilievi nel loro complesso, indichi gli elementi su cui intende fondare la pronuncia, restando così disattese le argomentazioni logicamente incompatibili con la decisione adottata".

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