Un'altra decisione della Corte di Cassazione ribadisce che le aziende non possono spiare i dipendenti che navigano nel web durante le ore d'ufficio. Inoltre, se la navigazione avviene senza sconfinare in un abuso il dipendente non può essere licenziato. La decisione è della sezione lavoro della Cassazione (sentenza n. 4375/2010) che ha respinto il ricorso contro un provvediento di reintegra in favore di una lavoratrice licenziata per avere usato internet "per ragioni non di servizio in contrasto con il regolamento aziendale". L'azienda aveva rilevato tale comportamento attraverso un controllo informatico centralizzato. Piazza Cavour ha ritenuto illegittimo il licenziamento
perchè è "emerso che la durata dei collegamenti, salvo uno, era stata di pochi minuti e che l'accesso ad Internet era avvenuto, non di rado in pausa pranzo". La Corte poi ha dato una tirata d'orecchie all'azienda ricordando che sono illegali "i controlli diretti ad accertare condotte illlecite del lavoratore quali ad esempio i sistemi di controllo dell'accesso ad aule riservate o gli apparecchi di rilevazione di telefonate ingiustificate". Il controllo, infatti, deve riguardare solo "l'attivita' lavorativa". L'azienda aveva sostenuto che la lavoratrice navigando nel web aveva sottratto del tempo al lavoro. Per la Cassazione invece i giudici di merito "con motivazione congrua e priva di vizi logici, ha rilevato la sproporzione tra addebito e sanzione". Il collegamento ad internet del resto si era verificato solo nel periodo di otto giornate e scrive la Corte, "i collegamenti potevano essere avvenuti anche in pausa pranzo" senza dunque danneggiare l'azienda.

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