Con la sentenza n.3481 depositata il 15 febbraio 2010, la seconda sezione civile della Corte di cassazione, in tema di compensi per avvocati in una procedura concorsuale, ha stabilito che va rigettato il ricorso dell'avvocato (proposto in seguito alla riduzione della parcella), che non specifichi "le voci per diritti e spese che sarebbero stati liquidati in misura inferiore ai minimi tariffari". Secondo la ricostruzione della vicenda, il tribunale di Napoli, sezione fallimentare, con decreto respingeva il reclamo (ex art.26 della legge fallimentare) proposto dall'avvocato contro l'ordinanza emessa dal giudice delegato di liquidazione dei compensi professionali. Davanti ai giudici di legittimità, l'avvocato aveva quindi eccepito la violazione dell'art.24 della legge del 13 giugno 1942 n.794, (onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile) (per la mancata indicazione dl criterio adottato e per la mancata specificazione delle ragioni della riduzione apportata nella parcella) e aveva inoltre sostenuto che tale violazione avrebbe conseguentemente implicato anche il vizio di motivazione perché non avrebbe permesso alla parte interessata di denunciare specifiche violazioni della legge e della tariffa. La corte, rigettando il ricorso dell'avvocato, ha precisato che "il ricorrente si sofferma sulle somme liquidate nel giudizio di merito, ma non specifica quale fosse il valore della causa né quali avrebbero dovuto essere i coefficienti applicabili per diritti in relazione al valore della controversia
e nemmeno quali delle spese non sarebbero state applicate". Inoltre, continua la Corte - "nemmeno si sostiene che siano stati violati i minimi tariffari per le competenze di procuratore e per gli onorari di avvocato, in relazione ai quali esiste l'obbligo del giudicante di non discostarsi dai medesimi".

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