La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 35149/2009) ha stabilito che non possono ricadere sul cliente gli errori "marchiani" dell'avvocato che non conosce le regole basilari del processo. Infatti, se non impugna entro i termini il giudice dovrà dare un'altra chance all'assistito e al suo nuovo difensore, con la restituzione in termini. Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato che "la mancata proposizione dell'atto di appello non sarebbe stata l'effetto di incuria o negligenza professionale, che potendo di norma essere prevedibile, ricade processualmente sulla parte assistita (…); ma, sempre in tesi, di una marchiana ignoranza di basilari regole in tema di decorrenza dei termini di impugnazione, che qualsiasi abilitato alla professione legale, esercitante nel settore penale, deve conoscere; sicché può dirsi che, se fossero veri i fatti esposti, l'imputato
potrebbe non avere avuto alcuna possibilità di prevedere una simile radicale ignoranza della legge processuale penale da parte del professionista che aveva accettato il suo patrocinio e al quale egli aveva (reiteratamente) demandato la proposizione dell'atto di appello. Non può pertanto condividersi quella parte della giurisprudenza secondo cui il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione ‘a qualsiasi causa ascrivibile', non è idoneo a realizzare l'ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione de, termine; perché se è vero che incombe all'imputato l'onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito (…), non può pretendersi che egli, nell'effettuare la scelta del difensore, verifichi previamente (senza peraltro possederle relative cognizioni culturali) la sua padronanza di ordinarie regole di diritto che dovrebbero costituire il bagaglio tecnico di qualsiasi soggetto legittimato alla professione forense attraverso il superamento dell'esame di Stato. La situazione rappresentata potrebbe così corrispondere alla ipotesi di caso fortuito
, che, secondo la giurisprudenza, è integrata appunto da un dato della realtà imprevedibile che soverchia ogni possibilità di resistenza e di contrato (…)"
La Corte ha quindi osservato che "secondo la giurisprudenza CEDU, il giudice nazionale ha il dovere di restaurare i diritti processuali fondamentali dell'imputato quando le carenze difensive siano manifeste e siano segnalate alla sua attenzione 8…); e al giudice nazionale è fatto obbligo di applicare e interpretare la norma interna in modo conforme alla CEDU, alla luce della giurisprudenza della Corte europea".

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