La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 394/2009) ha stabilito che i decreti di espulsione debbono essere motivati soprattutto quando il clandestino versa in gravi difficoltà economiche. Difatti, secondo la Corte, in questi casi, lo straniero non può essere allontanato senza accompagnamento alla frontiera, da parte delle autorità, con un provvedimento del Questore frettoloso e che non motiva questa scelta che non è, fra le altre cose, ‘favorevole' nei confronti di immigrati spesso indigenti. Gli Ermellini, nel caso di specie, hanno osservato che "la sentenza impugnata ricorda bene i principi di diritto per il quali ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, deve essere motivato e per i quali spetta al giudice penale, che dell'atto debba fare applicazione, il sindacato sui vizi dell'atto".
"Detto obbligo di motivazione - prosegue la Corte - non può essere soddisfatto […] attraverso il mero richiamo al provvedimento prefettizio di espulsione perché diversi sono i presupposti dell'uno e dell'altro provvedimento e diverso ne è l'oggetto. Il provvedimento del Questore opera inoltre una scelta tra diverse opzioni (espulsione coattiva immediata; espulsione coattiva previo trattenimento; intimazione) specificamente previste e tassativamente individuate quanto a ragioni giustificatrici, rimesse a valutazioni connotate da discrezionalità tecnica, che danno luogo a situazioni assolutamente diverse, nessuna delle quali è ‘indifferente' o priva di conseguenze giuridicamente rilevanti per l'espulso. E, la normale situazione di disagio in cui versa il migrante economico, in genere, e lo straniero privo del permesso di soggiorno, in particolare, non consente davvero di presumere che l'ordine di allontanarsi con i propri mezzi entro cinque giorni pena la commissione di un delitto per il quale è rintracciata (oggi) una pena minima di un atto di reclusione, sia per lui evenienza ‘favorevole'".
La Corte ha poi aggiunto, nel caso di specie, che "quanto alla motivazione del decreto del Questore nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata che essa non rispondeva ai requisiti minimi di legittimità, non contenendo il decreto altro che l'affermazione della impossibilità di trattenere lo straniero, senza alcuna indicazione, sia pure concisa, delle ragioni di tale impossibilità (per indisponibilità di posti o per qualsivoglia altro evento materiale)".
E infine che "secondo la giurisprudenza più recente, ma ormai consolidata di questa Corte, la motivazione che assiste il provvedimento di intimazione a lasciare il territorio nazionale può essere anche particolarmente stringata e meramente enunciativa, giacché la impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporaneo è conseguenza di fatti aventi carattere obiettivo che non necessitano di una particolare o diffusa illustrazione. E' tuttavia sicuramente necessario, al fine di assicurare il controllo di legalità, che questi fatti vengano indicati, non bastando invece che il decreto si limiti a riprodurre letteralmente la formula della legge. In realtà una ‘motivazione' che ripeta le sole parole della norma non è soltanto carente, quanto piuttosto apparente, giacché la prima funzione di garanzia della motivazione sta proprio nell'individuazione della specifica situazione concreta cui la fattispecie astratta si riferisce".

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