Poco importa se si agisca per esigenze legate al lavoro di giornalista, per la Cassazione è sempre reato sintonizzarsi con lo scanner sulle frequenze delle forze dell'ordine per ascoltarne le trasmissioni radio. Chi vuole semplicemente esercitare il diritto di cronaca, dunque, non si salva dalla condanna prevista dall'art. 617 bis c.p. che punisce chi installa apparecchiature atte ad intercettare comunicazioni. La Corte di Cassazione (sentenza n. 40249/2008) ha reso così definitiva la condanna nei confronti di tre giornalisti che, sia pur per ragioni di lavoro, si erano sintonizzati sulle frequenze della polizia. Secondo la Corte "integra gli estremi del reato di cui all'art. 617 bis c.p. l'installazione di un apparecchio radioricevente idoneo ad intercettare le trasmissioni della centrale operativa delle forze dell'ordine". I tre giornalisti si si erano rivolti alla Corte nel tentativo di ribaltare il verdetto della Corte d'appello di Milano sulla base della considerazione che "le comunicazioni tra la centrale operativa e le pattuglie delle forze dell'ordine non sarebbero connotate da segretezza, essendo diffuse 'in chiaro' per aria attraverso onde elettromagnetiche, per cui esse non sarebbero tutelate costituzionalmente e penalmente". I Giudici di Piazza Cavour hanno respinto la tesi difensiva rilevando che gli imputati non avevano negato "che gli strumenti sequestrati venivano utilizzati per l'attivita' giornalistica" e che il dolo si poteva desumere "dalla tipologia dell'apparecchiatura illegittimamente installata, descritta dai testi come idonea ad impedire o intercettare conversazioni su frequenze riservate al ministero della Difesa e in particolare utilizzate dal comando provinciale dei carabinieri". La Corte infine chiarisce che l'esercizio del diritto di cronaca, sussistendone i presupposti, potrebbe tutt'al piu' scriminare il reato di diffamazione
, ma non i reati contestati.

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