La Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. 10267/2008) ha stabilito che è legittimo l'avviso di mora notificato al solo socio di una società in nome collettivo e non alla società.
I Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che "escusso inutilmente il patrimonio di una società in nome collettivo, legittimamente l'Amministrazione Finanziaria può chiamare a rispondere il socio solidalmente ed illimitatamente responsabile, senza che vi sia la necessità di notificare né l'avviso di accertamento, rimasto inoppugnato da parte della società, né la cartella di pagamento, rimasta inadempiuta da parte della società medesima, essendo sufficiente la notificazione dell'atto di riscossione costituito dall'avviso di mora, avverso il quale il socio può ricorrere, ai sensi dell'art. 19, co. 3, parte terza, D. Lgs. 31-12-1992, n. 546, secondo la cui testuale previsione 'La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo'".
Gli Ermellini hanno poi precisato che, per quanto riguarda il regime della responsabilità del socio di società in nome collettivo "deve riaffermarsi che la notificazione di un avviso di mora ai soci di una società in nome collettivo - e, più in generale, delle società di persone illimitatamente e solidalmente responsabili - del maggior debito d'imposta della società conferisce all'avviso di mora
di svolgere, oltre alla funzione, primaria e necessaria, di atto equivalente al precetto nell'esecuzione forzata, anche la funzione secondaria di atto equivalente a quelli di imposizione tributaria, quando, in difetto di notificazione dell'accertamento, sia il primo atto di esecuzione del potere impositivo, per cui gli atti presupposti, se non impugnati congiuntamente all'avviso di mora, diventano inoppugnabili. In sintesi, la responsabilità solidale ed illimitata del socio, prevista dall'art. 2291, co. 1, c.c. per i debiti della società in nome collettivo opera, in assenza di espressa previsione derogativi, anche per i rapporti tributari, con riguardo alle operazioni dai medesimi derivanti".
Il socio quindi, prosegue la Corte "ancorché privo della qualità di obbligato per detta imposta e come tale estraneo agli atti impositivi rivolti alla formazione del titolo, resta sottoposto, dopo l'iscrizione a ruolo a carico della società, all'esazione del debito stesso, alla condizione posta dall'art. 2304 c.c., e cioè quando il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio sociale".

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