La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 16420/2008) ha stabilito che rischiano una condanna per diffamazione i soci che lamentano un bilancio irregolare senza riuscire a provare le loro accuse.
La Corte ha quindi precisato che "è innanzitutto pacifico, essendo sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte costante, che […], ai fini della integrazione dell'elemento psicologico del delitto di diffamazione non è necessaria la intenzione di offendere il soggetto passivo - cd. animus iniurandi o diffamandi -, essendo sufficiente il dolo generico, consistente nella volontà di usare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere l'altrui reputazione, volontà e consapevolezza che, tenuto conto di quanto emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, non vi è alcun motivo per ritenere insussistente nel caso di specie".
Ha poi aggiunto che se è vero che "deve essere riconosciuta ai cittadini la più ampia possibilità di critica e se è vero che ai soci di una società deve essere riconosciuto il diritto di criticare gli amministratori anche in modo aspro perché debbono esercitare il loro potere di controllo in modo penetrante proprio per assicurare l'esercizio di una corretta attività gestionale nell'interesse della società e dei soci, e se è vero, infine, che la critica si sostanzia in un giudizio non suscettibile di essere considerato vero o falso, è altrettanto vero, per oramai pacifica giurisprudenza di legittimità, che il fatto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse deve essere esistente".

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