Essere iscritti nel registro degli indagati non preclude la possibilità di partecipare ai concorsi. E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione, rilevando che l'iscrizione nel registro non viene portata a conoscenza del diretto interessato 'a meno che lo stesso ne faccia richiesta' e che in ogni caso il giudizio potrebbe concludersi in senso favorevole all'indagato stesso. E' stato così accolto dalla V sezione penale della Corte il ricorso di un 40enne che in primo grado era stato condannato per il fatto di aver partecipato ad un concorso per istruttore amministrativo dichiarando falsamente di non avere procedimenti penali in corso. La condanna era scattata in base all'art. 483 c.p. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) ed era stata confermata anche in appello. L'uomo però non si è arreso al doppio verdetto e rivolgendosi alla suprema Corte ha sottolineato che 'la pendenza di un procedimento per minacce non costituisce causa in se' ostativa ma viene percepito come fatto bagattellare, anche in considerazione dell'esistenza di un invito alla conciliazione con effetto estintivo del reato che sembra dare alla vicenda un taglio privatistico'. I Giudici di Piazza Cavour hanno rilevato che 'lo stesso concetto di procedimento penale in corso e' tutt'altro che definito e tecnico, atteso che non si comprende che la pubblica amministrazione richieda una attestazione sulla pendenza dell'azione penale, atto dovuto per il pm che riceva una denuncia, non palesemente infondate a carico di un qualsiasi soggetto'. Infine, conclude la Corte la sentenza
impugnata non chiarisce 'in base a quali elementi abbia ritenuto che [...] fosse consapovele della iscrizione nel registro degli indagati'.

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