L'art. 2087 c.c. fa obbligo al datore di lavoro di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. L'importanza di questa norma sta proprio nella estrema elasticità della previsione che ne fa una norma di chiusura del sistema di sicurezza volta a ricomprendere ipotesi e situazioni non espressamente previste ed avente la funzione di adeguamento permanente dell'ordinamento alla sottostante realtà socio-economica. Un lavoratore - nel giudizio definito dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro con sentenza
n. 25599/2006 - ha sostenuto la reiterata violazione dell'art. 2087 c.c. in quanto aveva subito lesioni profonde alle mani, con postumi permanenti, mentre lavorava ad una macchina per fabbricare scarpe nell'azienda del datore di lavoro, il quale non aveva provveduto alla manutenzione della macchina. La Suprema Corte, nell'indicata sentenza, ha evidenziato: che l'art. 2087 c.c. imputa al datore di lavoro i danni all'integrità fisica ed alla personalità morale del lavoratore non secondo un criterio di responsabilità oggettiva bensì in base a negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di specifiche norme, restando a suo carico la prova liberatoria ex art. 1218 c.c.; che nel caso di cattivo funzionamento di una macchiana, l'imprenditore, non necessariamente provvisto delle necessarie conoscenza tecniche, si comporta diligentemente rivolgendosi a persona competente; che non è responsabile il datore che incarichi della riparazione un tecnico di sua fiducia e di capacità professionale non contestata dalle parti in causa. Conclude la Suprema Corte che nel caso di specie il lavoratore danneggiato doveva rivolgere la propria pretesa risarcitoria non al datore ma all'impresa costruttrice e/o alla persona incaricata della riparazione della macchina. (Avv. Raffaele Cirillo)
Cassazione, sezione lavoro 1.12.2006 n. 25599 - Avv. Raffaele Cirillo

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