"L'art. 156, sesto comma, cod. civ. deve essere interpretato non già nel senso che un tale ordine debba indefettibilmente avere ad oggetto solo una parte delle somme dovute dal terzo, quale che in concreto ne sia la misura e quale che, in concreto, sia l'importo dell'assegno di mantenimento, bensì nel senso (ed in armonia con il più ampio "blocco" normativo costituito, in subiecta materia, dagli artt. 148 e seguenti cod. civ., dall'art. 8 della legge sul divorzio, dagli artt. 3 e 30 della Costituzione) che il giudice possa legittimamente disporre il pagamento diretto dell'intera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda, ma anzi realizzi pienamente, l'assetto economico determinato in sede di separazione con la statuizione che, in concreto, ha quantificato il diritto del coniuge beneficiario". È il principio contenuto in una recente pronuncia della Suprema Corte (Sent. n. 23668/2006) ove si conferma un orientamento già espresso in passato in virtù del quale nel caso di ritardato pagamento dell'assegno di mantenimento
, il Giudice ha la possibilità, oltre che di disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato, anche di ordinare a terzi tenuti a corrispondere somme di denaro all'obbligato (ad es. datore di lavoro) che una parte di esse venga versata direttamente al coniuge beneficiario.

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