Con sentenza n.266/2006 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art.235 comma 1° n. 3 del Codice civile nella parte in cui, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, subordina l'esame delle prove tecniche, da cui risulta "che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre", alla previa dimostrazione dell'adulterio
della moglie. La Corte, rilevato che "è ormai diritto vivente quello per il quale l'indagine sul verificarsi dell'adulterio ha carattere preliminare rispetto a quella sulla sussistenza o meno del rapporto procreativo, con la conseguenza che la prova genetica o ematologica, anche se espletata contemporaneamente alla prova dell'adulterio, può essere esaminata solo subordinatamente al raggiungimento di quest'ultima e al diverso fine di stabilire il fondamento del merito della domanda; con l'ulteriore conseguenza che, in difetto di prova dell'adulterio, anche in presenza della dimostrazione che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, l'azione di disconoscimento della paternità
deve essere respinta", ha ritenuto che "il subordinare l'accesso alle prove tecniche che da sole consentono di affermare se il figlio è nato o meno da colui che è considerato il padre legittimo, alla previa prova dell'adulterio è, da una parte, irragionevole, attesa l'irrilevanza di quest'ultima prova al fine dell'accoglimento nel merito della domanda principale e, dall'altra, si risolve in un sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art.24 della Costituzione".

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