E' da considerarsi erronea secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale (Sent. 256 del 20 giugno 2002) l'interpretazione per cui l'art. 4 comma 2 della Legge 108/90 avrebbe fissato soltanto per gli uomini un limite più elevato di età lavorativa
E' da considerarsi erronea secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale (Sent. 256 del 20 giugno 2002) l'interpretazione per cui l'art. 4 comma 2 della Legge 108/90 avrebbe fissato soltanto per gli uomini un limite più elevato di età lavorativa.
Le norme sul pensionamento e sul diritto di opzione per il prolungamento dell'anzianità contributiva infatti non fanno alcuna distinzione tra lavoratori e lavoratrici.
Sulla base di questi rilievi i giudici della consulta hanno dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell''art. 4, comma 2, della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali), dell'art. 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791 (Disposizioni in materia previdenziale), convertito in legge 26 febbraio 1982, n. 54, dell'art. 6, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993), modificato dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 503 del 1992, come modificato dall'art. 11, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 37, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Roma.

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