La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 109/2006) ha stabilito che la vita delle coppie di fatto deve essere equiparata a quella delle coppie sposate e ciò in virtù "della significativa evoluzione sociale, normativa e giurisprudenziale registratasi negli ultimi tempi ed evidentemente finalizzata a dare rilievo sociale e giuridico (ovviamente sia in bonam che in malam partem) alla famiglia di fatto e, di conseguenza al rapporto more uxorio
". I Giudici del Palazzaccio hanno stabilito che "muovendo dalla evidente necessità di porre l'accento sulla realtà sociale piuttosto che sulla veste formale dell'unione tra due persone conviventi, è stata dunque riconosciuta valenza giuridica a quella relazione interpersonale che presenti carattere di tendenziale stabilità, natura affettiva e parafamiliare, che si esplichi in una comunanza di vita e di interessi e nella reciproca assistenza morale e materiale (basti pensare, tra i principi enunciati nella giurisprudenza di legittimità in sede civile, a quello secondo cui deve attribuirsi rilievo, quanto alla corresponsione dell'assegno divorzile dovuto in conseguenza di scioglimento del matrimonio, al rapporto di convivenza more uxorio
, caratterizzato da stabilità, continuità e regolarità, eventualmente instaurato dal coniuge beneficiario dell'assegno stesso)?. Infine, nella decisione, la Corte, chiamata a decidere sulla questione relativa ai limiti di reddito ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel caso di situazione di convivenza ha precisato che "per la individuazione del reddito rilevante ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, occorre tener conto, a norma dell'art. 3, comma II, della legge 30 luglio 1990 n. 217, della somma dei redditi facenti capo all'interessato e agli altri familiari conviventi, compreso il convivente more uxorio".
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