La Cassazione (Sentenza n. 34655/2005) si è pronunciata sul contrasto giurisprudenziale insorto in merito all'applicabilità dell'art. 649 c.p.p. alle sentenze non ancora passate in giudicato
Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione (Sentenza n. 34655/2005) si sono pronunciate sul contrasto giurisprudenziale insorto in merito all'applicabilità dell'art. 649 c.p.p. alle sentenze non ancora passate in giudicato e hanno stabilito che "A compendio di tutte le precedenti considerazioni, le Sezioni Unite ritengono di dovere formulare sulla questione controversa il seguente principio di diritto: Le situazioni di litispendenza, non riconducibili nell'ambito dei conflitti di competenza di cui all'art. 28 c.p.p., devono essere risolte dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza irrevocabile, l'impromovibilità dell'azione penale in applicazione della preclusione fondata sul principio generale del ne bis in idem, semprechè i due processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto attribuito alla stessa persona, siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del pubblico ministero e siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici della stessa sede giudiziaria". In particolare nella decisione la Corte ha rilevato come la disciplina di cui agli artt. 28 segg. c.p.p. è dettata per regolare i casi di contemporanea pendenza di identici procedimenti innanzi a sedi diverse, e non già in fasi o gradi diversi (o giudici) della medesima sede giudiziaria e che neppure è applicabile il 2 co. dell'art. 28 c.p.p., che mira a risolvere i conflitti, soggettivamente o oggettivamente analoghi, che diano luogo a situazioni di contrasto tra giudici tali da determinare una stasi dell'attività processuale. Infine la Corte ha precisato che l'art. 3 c.p.p. elenca tassativamente i casi di sospensione del processo e che non è consentita l'applicazione analogica.
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