La sentenza 21.6.2005 del Tribunale di Marsala ha ad oggetto un'azione risarcitoria fondata sulla prospettazione della colpevole omissione delle necessarie misure antinfortunistiche e di quelle necessarie alla tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore. Nella fattispecie, viene in esame, pertanto, un contegno omissivo che pone diversi problemi da risolvere al fine di poter giungere ad un giudizio di condanna: va verificato, innanzitutto, su chi gravasse l'obbligo di impedire l'evento dannoso infortunio, e quindi l'obbligo di adottare le necessarie misure antinfortunistiche e cautelari generali. Tale accertamento di merito è, infatti, presupposto indefettibile per il giudizio di imputabilità della condotta e quindi della rimproverabilità del comportamento omissivo.
Il Giudicante, nell'occasione, rileva come sulla quaestio della responsabilità aquiliana per omissione, sussistano, nella giurisprudenza di legittimità, due orientamenti, ispirati rispettivamente alla tipicità ed alla atipicità dell'illecito omissivo. Secondo il primo indirizzo, ?ai fini della ravvisabilità di una responsabilità per danni da condotta omissiva, non è sufficiente richiamarsi al principio del neminem laedere od ad una generica antidoverosità sociale dell'inerzia, ma occorre individuare, caso per caso, un vero obbligo giuridico di impedire l'evento che può derivare, oltre cha dalla norma, da uno specifico rapporto negoziale o di altra natura che leghi danneggiato e soggetto chiamato a risponderne? (cfr. Cass. Civ., 25.9.1998, n. 9590 in Mass. Giur. It., 1998). Secondo il diverso orientamento, ?un obbligo giuridico di impedire l'evento può derivare anche da una specifica situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui laddove vi sia un rapporto di fatto con la fonte di pericolo, tale per cui è nella possibilità del soggetto, con un minimo di diligenza comune, elidere le sue potenzialità dannose, ovvero laddove vi sia un ragionevole principio di affidamento dei terzi nell'intervento altrui ingenerato da situazioni pregresse" (Cass. Civ., Sez. III, 29.7.2004, n. 14484; Cass. 9.7.1998, Sez. III n. 669 in Danno e Resp., 1999, 48, nota di Laghezza). In tal senso, l'obbligo giuridico di impedire l'evento, rilevante ex art. 2043 c.c. sotto il profilo della imputabilità della condotta omissiva all'agente, non presuppone necessariamente una fonte legale o negoziale, ma può derivare anche da una specifica situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui, laddove vi sia un rapporto di fatto con la fonte di pericolo, tale per cui è nella possibilità del soggetto, con un minimo di diligenza comune, elidere le sue potenzialità dannose, ovvero laddove vi sia un ragionevole principio di affidamento dei terzi nell'intervento altrui ingenerato da situazioni pregresse. La sentenza in esame ritiene di dover condividere quest'ultimo indirizzo ermeneutico in quanto, innanzitutto, desumibile dalla struttura aperta della clausola generale di cui all'art. 2043 c.c., incentrata sull'esigenza solidaristica di tutela del danneggiato, che consente di pretermettere la necessità di rinvenire un fondamento normativo o negoziale specifico, ragione particolarmente sentita ? e per ovvie ragioni di garanzia ? nell'ordinamento penale, ove la tematica nasce e si sviluppa. In riferimento all'ordinamento penale, peraltro, è opportuno rilevare che la disciplina del rapporto di causalità è integralmente mutuata dagli artt. 40, 41 c. p. , norme generali di riferimento anche per il nesso eziologico in seno alla responsabilità civile, (Cass. civ., sez. III, 04/11/2003, n.16525 in Guida al Diritto, 2003, 50, 50): secondo la giurisprudenza di Cassazione, infatti, il rapporto fatto - evento deve essere regolato dal criterio eziologico di regolarità causale adeguata, secondo l'id quod plerumque accidit, (Cass. civ., sez. un., 01/07/2002, n.9556 in Foro It., 2002, I, nota di Calmieri). Il diverso rapporto evento ? effetti, invece, resta regolato, sul piano civile, dalle disposizioni ex artt. 1223, 1227. Ciò premesso, la giurisprudenza penale ha da tempo criticamente rilevato come l'interpretazione estensiva degli obblighi giuridicamente rilevanti ai fini della responsabilità per omissione, ponga seri problemi di coordinamento con i principi generali vigenti a livello costituzionale e legale, con attenzione particolare alle condotte di omissione cd. impropria, (art. 40 comma II c.p.). Le censure sono confluite nelle osservazioni della Commissione ministeriale Grosso che ha congedato un progetto di riforma del codice penale in cui le cd. posizioni di garanzia, ovvero le situazioni da cui discende l'obbligo giuridico di evitare l'evento dannoso, sono tassativamente enucleate in una serie di articoli ad hoc. Di riflesso, sul piano civilistico, ne dovrebbe discendere una rivisitazione dell'indirizzo accolto dalla sentenza verso una interpretazione compromissoria che selezioni, il più possibile, le condotte omissive rilevanti. Peraltro, nel caso in esame, la responsabilità, classicamente, (come rilevato anche in sentenza), viene ritenuta contrattuale, in virtù di quella che è stata definita la clausola generale di sicurezza, ovvero l'art. 2087 c.c. In virtù di tale disposto normativo, il datore ha l'obbligo ?contrattuale? giuridico di adottare le misure che sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, (cfr. Cass. pen., sez. IV, 04/02/2004, n.31303 in Guida al Diritto, 2004, 36, 65). Nel merito, superato l'impasse del nesso causale, il Tribunale, giustamente, si occupa della valutazione dell'eventuale concorso del danneggiato, (più propriamente da definire, nell'infortunio, come cooperazione): sia nel fatto che negli effetti, (art. 1227 comma I e II). Il Giudicante, pertanto, ritiene che anche la condotta colposa del lavoratore danneggiato che non presenti i requisiti dell'abnormità ed imprevedibilità ? e salvo che non sia tenuta in ossequio ad un preciso ordine datoriale - deve ritenersi rilevante in punto di concorso, poiché il dovere gravante sul datore di lavoro di proteggere l'incolumità del dipendente non è in grado, di per se solo, di far assurgere alla condotta del danneggiato l'efficacia di mera occasione o modalità dell'iter produttivo dell'evento. Tale circostanza, alla stregua degli ordinari criteri regolanti il principio di causalità, non appare in alcun modo idonea a tratteggiare dall'esterno la condotta omissiva del datore siccome fatto interruttivo del nesso eziologico, ma solo a connotarla, in astratto e salvo verifica nel caso concreto, siccome condotta ?maggiormente? colposa rispetto a quella del lavoratore. In merito ai profili risarcitori, il Tribunale opera un'accorta selezione delle lesioni risarcibili, optando, sul piano terminologico, per l'abbandono della dizione ?danno esistenziale? in forza dell'orientamento prevalente di legittimità che preferisce ?lesione di valori costituzionalmente tutelati? (si vedano: Cass. civ. 8827-8828 / 2003; Corte cost. 233/2003; Cass. pen. 2050/2004). Si ringraziano il Dott. Giuseppe Buffone ed il dott. Pier Luigi Tomaiuoli. LaPrevidenza.it, 23/08/2005
Tribunale Marsala, sentenza 21.06.2005

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