Per la Cassazione va tutelato l'interesse del minore, il suo equilibrio e la sua serenità

di Lucia Izzo - Il minore va collocato presso il padre se, ascoltato dal giudice o dall'esperto designato, esprime il desiderio di stare col genitore in quanto riceve maggiori attenzioni. La sua volontà va assecondata in quanto è il primario interesse del bambino a dover essere tutelato.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 2770/2017 (qui sotto allegata) che ha respinto il ricorso di una madre la quale contestava la circostanza che il figlio minore, in regime di affidamento condiviso, era stato collocato prevalentemente presso il padre, stabilendo a suo carico un assegno di mantenimento a favore del bambino.


Per gli Ermellini è giusta la decisione della Corte d'Appello, la quale ha ritenuto che la collocazione prevalente del minore presso il padre rispondesse al prevalente interesse del medesimo e che il contributo stabilito dal Tribunale a carico della donna (200 euro, ridotti a 100 per i mesi di giugno e settembre e sospeso nei mesi di luglio e agosto, oltre a un contributo per spese straordinarie) fosse da considerarsi congruo, tenuto conto della permanenza del figlio presso ciascuno dei genitori, nonché dell'apporto economico proveniente dal convivente more uxorio della donna.


In particolar modo, meritano considerazione le dichiarazioni del minore il quale ha espresso il desiderio di poter mantenere la collocazione presso l'abitazione paterna in quanto riceverebbe maggiori attenzione da una plurità di figure descritte e vissute come affettive.


Per la Cassazione, l'audizione dei minori, direttamente dal giudice o da un esperto dal medesimo designato, già prevista nell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino e, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell'art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77/2003, nonché dell'art. 155-sexies c.c. (applicabile ratione temporis).


Ne consegue per i giudici che l'ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità tra le più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale a essere informato e a esprimere le proprie opinioni nei procedimento che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse


Nel caso di specie il c.t.u. che ha operato l'esame del minore ha altresì precisato che non è emerso alcun segno di alienazione parentale da parte dell'uno o dell'altro genitore e che non si riscontrano nel ragazzino le difficoltà scolastiche paventate dalla madre. Da qui la condivisibilità della decisione della Corte d'Appello che ha ritenuto la collocazione del minore presso il padre maggiormente conforme al suo attuale interesse, al suo equilibrio e alla sua serenità.

Cass., I sez. civ., sentenza n. 2770/2017

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