Dopo anni di ?cervellate? fra opposte fazioni dottrinarie e giurisprudenziali, il mondo giuridico italiano fruisce finalmente di un quadro pacifico e sufficientemente chiaro per la comprensione (ma soprattutto la gestione e applicazione) della disciplina del danno nel nostro ordinamento. Con la sentenza n. 210 del 22 febbaio 2005 ? che si caratterizza per una spiccata quanto completa sinteticità ?, il giudice in primo grado del Tribunale di Reggio Emilia si è cimentato in una interessante e utile rassegna della storia della dottrina civile sul danno, in special modo focalizzando la propria attenzione su quel travagliato trattamento che da sempre veniva riservato all'ormai celeberrimo danno esistenziale
. Certo, l'occasione per un lavoro del genere è stata offerta dalla recente svolta dei massimi organi preposti alla gestione (e creazione) del diritto, con le importantissime sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale; del resto ? come viene ricordato fra i motivi della decisione ? la sentenza della Cassazione n. 8827 del 2003, successivamente confermata in diverse pronunce (n. 8828/2003, 19057/2003, 7980/2004, 14488/2004, ivi cit.) «ha ricevuto l'autorevole avallo della Corte Costituzionale nella pronuncia dell'11/7/2003 n. 233 la quale, in motivazione, espressamente afferma che in ?due recentissime pronunce (Cass. 31 maggio 2003 nn. 8827 e 8828), che hanno l'indubbio pregio di ricondurre a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della tutela risarcitoria del danno alla persona, viene, infatti, prospettata, con ricchezza di argomentazioni ? nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale ? un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ., tesa a ricomprendere nell'astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima; sia il danno biologico
in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona?». Si tratta dunque di una costruzione giuridica che ha finalmente tutti i crismi per diventare un nuovo (quanto anelato) punto fermo dei principi dell'ordinamento italiano.
Questa rappresenta perciò una ?sentenza campione?, da tenere di conto nell'analisi degli effetti e delle direzioni che la strada intrapresa dalla giurisprudenza ?maggiore? presenta (e presenterà). Da notare che l'impostazione giurisprudenziale finalmente adottata ha riflessi anche sulla stessa stesura del dispositivo e della motivazione, per cui prima si accerta l'esistenza delle diverse fattispecie (o meglio, species) di danno, e poi si procede all'applicazione dei criteri per la liquidazione di ciascuna tipologia sussistente nel caso esaminato. In ogni caso, maggiormente interessante resta osservare che, una volta riconosciuta (mi si perdoni il gioco di parole?) l'esistenza del danno esistenziale, nuova sfida è l'individuazione dei criteri di liquidazione per quest'ultimo: fondatamente (vedi in motivi) il giudice sostiene che il danno esistenziale non possa essere quantificato se non ricorrendo al criterio equitativo (e dunque al criterio dell'equità). Purtuttavia, questo profilo rappresenta il vero nodo che si profila all'orizzonte: noterà il lettore che l'organo giudicante si è impegnato nel ?polverizzare? il danno esistenziale in tutta una serie di voci, dalla ?possibilità di svolgere attività sportive? (riconosciuto ex artt. 2, 18, 32 Cost.), alla ?libertà di circolare liberamente? (art. 16 Cost.), alla possibilità di condurre ?attività di svago, ricreazione e divertimento, ossia, in generale, laddove si manifesti l'esigenza di socialità? (ex artt. 2, 17, 18, 32, 36 Cost.) cui ha successivamente attribuito una gradazione di importanza e lesione subita in ragione della quale ha determinato i relativi importi (a partire dai valori tabellari stabiliti dalla legge). E se può, dunque, condividersi una tale iter logico, qualche perplessità nasce proprio da quella scelta metodologica di polverizzare il danno esistenziale in diverse voci, per cui non sembra fuori luogo chiedersi se ci sia un numerus clausus di voci (rectius, valori costituzionali) che valgono per tutti (individuate ? ad esempio ? dall'elenco riportato in sentenza) oppure se sia il giudizio del giudice a stabilire caso per caso in quali lesioni esistenziali (ossia, quali valori costituzionali sono rilevanti rispetto al caso in esame) si sostanzi il danno lamentato; ciò non è indifferente laddove si pensi che l'importanza di un medesimo valore costituzionale (leso) potrebbe ?duplicarsi? se il giudice equitativamente ne stabilisse il rilievo sotto altri e diversi aspetti. Laprevidenza.it - (Nota a cura del dott. Alessandro Del Dotto. Si ringrazia per la segnalazione il Prof. Paolo Cendon e Altalex)
(Tribunale Reggio Emilia, sentenza 22 febbraio 2005 n° 210 )

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