Nota di commento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2998 del 5 luglio 2016

Avv. Francesco Pandolfi - Tra tutti gli appartenenti alle cosiddette "categorie a rischio", chi è che non vorrebbe ottenere facilmente il rilascio della licenza di porto di pistola ad uso difesa personale?


Mille e mille volte gli operatori del diritto si trovano a fronteggiare questo dilemma, cioè: fino a che punto il Ministero dell'Interno può vietare l'uso dell'arma, o può non concedere la licenza?


Si tratta di un interrogativo rispetto al quale alcune risposte sono state fornite dal Consiglio di Stato.


Il fatto


Un imprenditore (nel caso preso ad esempio maneggia denaro quotidianamente ed è responsabile di società edili) chiede al Prefetto il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale; l'istanza viene respinta e, dopo il ricorso al Tar i Magistrati accolgono le lamentele dell'interessato e annullano l'atto impugnato.

Il Ministero propone quindi appello e chiede che il ricorso in primo grado sia respinto.



I principi utili della sentenza


L'utilità di questa pronuncia, al di là del verdetto, è questa: l'Amministrazione può incappare nell'errore di valutazione in due distinte circostanze:


1) quando nel respingere l'istanza eccede nell'utilizzo del suo potere,


2) quando pecca nell'esporre una non adeguata motivazione nel rigetto.


Infatti, dice il Consiglio di Stato, c'è eccesso di potere quando l'amministrazione, respingendo l'istanza formulata da un appartenente ad una categoria dove non si ravvisano particolari esigenze da tutelare con il rilascio della licenza, l'abbia invece accolta in un caso analogo, cioè abbia detto si a chi versa in una situazione equivalente, anche per circostanze di tempo e luogo.


Siamo in presenza invece del vizio di motivazione quando l'amministrazione sceglie di revocare anticipatamente gli effetti delle licenze di polizia, prima che scadano i loro effetti: in questo caso, se la revoca non è disposta per ragioni di carattere personale ma per valutazioni generali di ordine pubblico, occorre una motivazione specifica sulle cause che suggeriscono l'adozione di questa misura.

In altri termini, spiegare per bene "il perché" si ritiene necessario ridurre il numero delle licenze e delle armi in circolazione.


In conclusione


Focalizzare sempre l'attenzione sulle due situazioni: il (sempre possibile) eccesso di potere e il rispetto del criterio dell'onere motivazionale.


Cosa fare in questi casi


Se si nota un deficit nell'opzione esercitata dal Ministero dell'Interno, reagire con ricorso amministrativo.



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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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