Decisioni sempre più frettolose e richieste di atti concisi ai legali, in nome dello smaltimento dell'arretrato, provocano un'inaccettabile compromissione del diritto di difesa
di Giovanna Molteni - Che la fretta sia sempre una cattiva consigliera non è solo un proverbio entrato a far parte della cultura italica, ma una realtà che si può sperimentare entrando quotidianamente nelle aule dei tribunali.

Ma come! Mi si dirà. Non stiamo parlando di giustizia lumaca e di un carico interminabile di arretrati? Certo! Ma il fatto che le cause siano troppe e i giudici pochi, non può giustificare la superficialità con cui troppo spesso si affronta il contenzioso.

Spesso un avvocato impiega giorni, se non settimane, per mettere a punto uno scritto difensivo, ma poi siamo sicuri che con altrettanta attenzione quell'atto difensivo sarà esaminato da chi ha il delicato compito di decidere?

Sappiamo bene che i magistrati sono oberati di lavoro e che le diverse riforme della giustizia non hanno mai realmente affrontato il problema dell'organico. I tempi per ottenere una sentenza sono inaccettabili, ma è altrettanto inaccettabile che un cittadino debba subire le conseguenze di decisioni prese in modo superficiale e frettoloso.

Quando il giudice va di fretta, perché "deve" smaltire l'arretrato, ad essere messa a repentaglio è proprio il diritto alla difesa del cittadino. La decisione assunta di fretta e spesso senza leggere in modo approfondito tutti gli scritti e i verbali di causa, vanifica ogni sforzo che un avvocato possa aver compiuto per il proprio cliente.

Le lungaggini, la farraginosità delle procedure, l'eccessiva durata dei processi, il peso dell'arretrato giudiziario, le carenze di organico e ... la fretta nel decidere... sono solo alcuni dei numerosi mali che affliggono la giustizia italiana e che, nonostante il susseguirsi di tentativi di riforma, continuano ad abbattersi sui processi che ogni giorno si celebrano nelle aule di giustizia.

È vero che la difesa è, per espressa previsione costituzionale, un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, ma è altrettanto vero che una prassi che sta sempre più prendendo piede tra i magistrati, con il pretesto di dover smaltire gli arretrati, è quella di rivolgere chiari inviti agli avvocati ad essere sempre più concisi, sia negli scritti difensivi, sia nelle difese orali.


Il che, in linea di massima, potrebbe risultare anche condivisibile, se si discute di controversie di routine, ma quando la posta in gioco è alta, diventa inaccettabile qualsiasi invito a "tagliare corto" dato che un avvocato ha il dovere sacrosanto di difendere il proprio cliente e di porre in risalto, sia pur evitando di essere inutilmente prolisso, tutte le problematiche che hanno dato origine al contenzioso.


Il giudice "frettoloso" sminuisce il ruolo dell'avvocatura e rischia di compromettere lo stesso rapporto fiduciario tra il legale e il proprio assistito. Un conto è dissuadere da difese ridondanti ripetitive ed inconcludenti e un conto e stabilire a priori dei "paletti temporali" senza tenere conto della complessità della singola fattispecie.

Diciamo la verità: a chi non è mai capitato di essere interrotto durante una discussione e di dover rinunciare a svolgere quella difesa che con grande pazienza e determinazione aveva preparato per il proprio assistito?

Risulta davvero difficile, se vengono posti paletti temporali troppo stretti per l'attività in aula di un avvocato, riuscire a svolgere con professionalità e completezza il proprio mandato difensivo.

La fretta, nelle aule giudiziarie, insomma, mortifica il diritto alla difesa. Sarebbe forse il momento che il mondo politico si rendesse conto che non sono certo gli avvocati a determinare ritardi della giustizia e che serve davvero a poco puntare su decadenze, filtri e stretti termini procedurali quando poi, sappiamo bene, che ad istruttoria conclusa, l'udienza per la precisazione delle conclusioni viene fissata con un rinvio di due anni...

Giovanna Molteni

Foto: 123rf.com
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