Le ordinanze "anti-graffiti" dei comuni e l'orientamento della Cassazione che "salva" invece gli "street artist"

di Lucia Izzo - Pugno duro contro i graffitari ma anche nei confronti dei proprietari dei muri imbrattati che oltre al danno potrebbero subire anche la beffa: una multa se non ripuliscono. A prevederlo è la città di Udine, con il nuovo regolamento della polizia municipale che promette di potenziare la videosorveglianza, soprattutto nelle zone più colpite, così da identificare gli autori dei vandalismi, che spesso sfuggono alle forze dell'ordine rimanendo "illesi" da ogni sanzione. E che soprattutto invita i cittadini a ripulire i muri resi indecorosi dai vandali, altrimenti saranno loro a pagare il conto per lavori di pulizia effettuati dall'amministrazione. 


Come Udine sono tanti comuni italiani che hanno ingaggiato una lotta ai writers. 

E alle multe, oltre ai costi per il ripristino, si aggiunge quanto stabilito dal codice penale che, all'art. 639 c.c., prevede il reato di "Deturpamento e imbrattamento di cose altrui", punendo, a querela della persona offesa, "Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui". 

Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro. In tal caso si procede d'ufficio e, nei casi di recidiva, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro. 


A discapito delle norme di legge e dei regolamenti territoriali, l'opinione pubblica, tuttavia, è divisa tra considerare "writers" e "graffitari" non come vandali, ma come veri e propri artisti, soprattutto alla luce degli interventi di riqualificazione che hanno interessato diverse città italiane. 

Di recente, ad avvalorare tale opinione, è intervenuta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16371/2016 (qui sotto allegata) che ha confermato l'assoluzione del writer "Manu Invisibile". 


L'uomo era stato imputato del delitto di cui all'art. 639, comma 2, c.p.. per avere imbrattato un muro posto sulla pubblica via con diverse bombolette di colore spray. Tuttavia, per il Tribunale di Milano tale fatto non costituiva reato: la parte in questione, infatti, era già completamente imbrattata e deturpata da ignoti, sicchè l'imputato aveva agito con l'intento di abbellire la facciata e di effettuare un intervento riparatore, realizzando un'opera di oggettivo valore artistico. Le doti artistiche del writer, si legge in sentenza, erano state pubblicamente riconosciute dallo stesso Comune di Milano, giacché l'imputato era risultato vincitore di un bando inteso rivalutare una zona della città mediante l'intervento di uno "street artist". In sede d'Appello, interveniva l'assoluzione dell'imputato perché non punibile ai sensi dell'art. 131-bis c.p. Nonostante il ricorso del Procuratore Generale, la Cassazione conferma la ricostruzione del giudice a quo, precisando che il giudizio di particolare tenuità dell'offerta, ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., deve essere effettuato prendendo in considerazione le modalità della condotta, l'esiguità dei danno e la non abitualità dei comportamento. Si tratta, spiegano i giudici, di una valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione. 


Di certo, la decisione rappresenta un importante precedente a favore degli "artisti di strada", ma va ben precisato che non dà assolutamente il via libera a ogni tipo di "imbrattamento", soprattutto quando ad essere oggetto dei sedicenti "street artist" siano spazi e beni pubblici e privati non in stato di degrado o, addirittura, beni di valore storico e artistico, per cui la lettera del codice penale resta valida anche per quanto riguarda la pesante sanzione irrogata. 

Cass., II sez. pen., sent. n. 16371/2016

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