Spunti offerti dalla sentenza del Tar Torino n. 1744 del 4 dicembre 2015

Avv. Francesco Pandolfi - Anche all'interno delle Forze Armate lo svolgimento della funzione di genitore appare, almeno sulla carta, protetta da note regole di livello comunitario e costituzionale.

Questo è il principio di fondo.

Stando quindi alla chiara lettera dell'art. 42 bis D. Lgs. 151/01, l'istanza inoltrata da un militare per chiedere l'assegnazione temporanea ad un'altra sede di servizio al fine di svolgere la funzione genitoriale di assistenza ed educazione del figlio minore (ricorrendo alcuni presupposti), non dovrebbe incontrare particolari ostacoli.


Invece non è così o, per lo meno, non è così semplice.


Per il dipendente, incontrare il favore dell'amministrazione di appartenenza è un vero e proprio percorso a ostacoli: infatti in molte occasioni egli si ritrova a valutare il ricorso all'Autorità Giudiziaria per cercare di contrastare il rigetto alla propria motivata domanda di assegnazione.


Perché accade questo?


Cerchiamo di capire, in sintesi, quando l'Amministrazione sbaglia nel rigettare questo particolare tipo di domanda.


Le ragioni del diniego


L'art. 42 bis in commento prevede che il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.


Ora, se questo è il presupposto normativo, è semplice arrivare a dire che laddove non ricorrano le condizioni cui è subordinato l'assenso alla richiesta, scatterà in "automatico" il rigetto per il dipendente.


Ma se focalizziamo un attimo la nostra attenzione sulla parola "automatico", ci accorgiamo che proprio nelle risposte amministrative automatiche, cioè date tipo ciclostile, si annida il vizio dell'atto e, in ultima analisi, il provvedimento errato.


Quali sono allora le frasi testuali ricorrenti che, trascritte dall'amministrazione sul diniego, devono insospettire l'interessato all'assegnazione temporanea?


Le frasi sospette


Le frasi sospette più ricorrenti nei provvedimenti di rigetto sono queste:


"Sede richiesta, al momento non presenta precipue esigenze di alimentazione nell'incarico posseduto dall'interessato ovvero non prevedono tale incarico nell'ambito delle posizioni elencate dalle vigenti tabelle organiche".


"Particolare stato di grave sottoalimentazione nell'incarico presso l'unità di appartenenza non consente al momento sottrazione di personale".


Oltre a queste è evidente che altre frasi, magari costruite diversamente ma di analogo contenuto, rientrano benissimo nell'insieme delle "frasi fatte" prive di una reale motivazione e messe lì senza una vera istruttoria.


In definitiva: prendendo spunto dalla sentenza del Tar di Torino n. 1744 del 4 dicembre 2015, per capire se la frase inserita è vuota di significato (e, per l'effetto, il rigetto dell'istanza è immotivato) basta rispondere a questa domanda: quale istruttoria è stata condotta dall'amministrazione per giungere ad un motivato diniego?

Se la risposta data dal militare richiedente è: "nessuna" oppure "scarsa", allora è opportuno valutare il ricorso per impugnare il diniego.


Cosa fare in questi casi


Ricorrere al Magistrato amministrativo e chiedere l'annullamento del provvedimento con il quale è stata respinta l'istanza di assegnazione temporanea ai sensi dell'art. 42 bis D. Lgs. n. 151/01: questo implicherà, in caso di accoglimento della domanda, l'obbligo dell'amministrazione di riesaminare motivatamente l'istanza del ricorrente attraverso l'utilizzo di 3 criteri guida:


1) garanzia per l'interessato di poter partecipare attivamente al procedimento,


2) verifica dell'esistenza dei presupposti voluti dalle norme di settore,


3) bilanciamento reale delle esigenze private con quelle dell'amministrazione.



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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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