Nota di commento alla sentenza della Cassazione n. 13005/2016

Avv. Paolo Accoti - Ai sensi dell'art. 167 c.p.c., il convenuto, nella comparsa di risposta, deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, inoltre deve, a pena di decadenza, proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio.

La decadenza, quindi, nei giudizi dinnanzi al Tribunale, matura qualora il convenuto ometta di costituirsi con la sopra detta comparsa di costituzione e risposta, almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell'articolo 163 bis ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 168 bis, quinto comma, con il deposito in cancelleria del proprio fascicolo contenente la comparsa di cui sopra (art. 166 c.p.c.).

Non tutte le eccezioni, tuttavia, soggiacciono all'anzidetto termine, in effetti, il termine di venti giorni, o quello diverso indicato qualora vi sia abbreviazione dei termini a comparire, risulta applicabile solo alle eccezioni in senso stretto, vale a dire quelle lasciate nella disponibilità della parte.

Ed invero le eccezioni, che generalmente attengono a fatti estintivi, modificativi e impeditivi del diritto fatto valere in giudizio, si dividono in eccezioni in senso stretto, avanzabili esclusivamente dalla parte, ed eccezioni in senso lato, vale a dire quelle rilevabili anche d'ufficio da parte del giudice che, in quanto tali, rimangono sottratte all'anzidetto termine di decadenza e, pertanto, possono essere fatte valere anche in fasi successive, o anche in gradi diversi del giudizio, siccome rilevabili per la prima volta anche in sede d'appello.

Tra le eccezioni in senso lato, rientra a pieno titolo anche quella relativa al cd. caso fortuito (evento imprevedibile), applicabile nei giudizi per danno da cose in custodia, ex art. 2051 c.c.

Lo ha confermato una recente sentenza della III sez. civile della Corte di Cassazione, la n. 13005, pubblicata in data 23 giugno 2016.

La stessa, infatti, ha affermato che, per come già ritenuto dalla medesima, "il limite alla responsabilità da cose in custodia rappresentato dal caso fortuito

non costituisce materia per eccezioni in senso proprio, sottratte al rilievo d'ufficio. L'art. 2051 c.c. non contempla un'eccezione, ma riconduce il caso fortuito al profilo meramente probatorio (Cfr. Cass. n. 11015/2011). Va in proposito affermato che la prova relativa alla sussistenza del caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale grava sul custode, chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., e perciò questi soggiace alle preclusioni istruttorie; tuttavia, la sussistenza del caso fortuito non costituisce oggetto di un'eccezione in senso stretto, sicché la relativa deduzione non incorre nella preclusione fissata, per il primo grado, dal secondo comma dell'art. 167 cod. proc. civ.".

In altri termini, sostiene la Corte, non siamo dinnanzi ad un vera e propria eccezione quanto, piuttosto, ad un'ipotesi di esenzione della responsabilità la cui prova, in ogni caso, grava sul custode ed è soggetta, pertanto, ai rilievi istruttori da avanzarsi nel termine di cui all'art. 183 VI co., c.c. ("Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori: 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria").

Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte, atteneva alla richiesta di risarcimento dei danni cagionati ad una autovettura, a seguito di un incendio propagatosi da un cassonetto dell'immondizia, sino alla predetta vettura, parcheggiata in prossimità dello stesso.

La domanda veniva accolta in primo grado ma, sul gravame proposto dalla società convenuta, la Corte di Appello riformava completamente la sentenza, ritenendo l'esistenza "del caso fortuito, quale fatto idoneo ad escludere la responsabilità del custode, in quanto dotato di efficacia causale determinante rispetto alla produzione dell'evento e non evitabile, tenuto conto delle modalità che in concreto caratterizzano l'attività del custode (nella specie, di raccolta dei rifiuti; non potendosi esigere da chi, allo scopo, utilizza il cassonetto, una vigilanza ininterrotta, al punto da evitarne il danneggiamento repentino e non prevedibile, dovuto all'atto vandalico del terzo). Tanto più che, per come accertato dal giudice di merito, un intervento, anche tempestivo, non avrebbe comunque evitato il danno causato all'autovettura parcheggiata dal vicino cassonetto incendiato nottetempo".

In Cassazione il danneggiato censura la sentenza della Corte d'Appello, incorsa a suo dire nel vizio di ultrapetizione, per avere riconosciuto un'ipotesi di caso fortuito, in difetto di tempestiva eccezione da parte della società convenuta.

Come detto, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, ritenendo l'eccezione rilevabile d'ufficio, non senza aver valutato come la "convenuta, come rimarcato nel controricorso, ha assunto sin dal primo grado di giudizio, già con la comparsa di risposta, una linea difensiva basata, oltre che sul concorso di colpa del danneggiato, anche sul dato incontroverso della derivazione del danno dalla condotta dolosa di ignoti; il che è più che sufficiente ad integrare la deduzione difensiva della sussistenza del caso fortuito".

Cass. civ., Sez. III, 23.06.2016, n. 13005
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