Sul piano della prova al medico non giova che l'evento di danno sia in astratto imprevedibile o inevitabile
di Paolo M. Storani - Mi è capitato di trattarne in un volume collettaneo fresco di stampa (La Responsabilità medica, 2016, diretto da Paolo Cendon e curato da Nicola Todeschini) uscito appena giovedì scorso, 28 aprile 2016, per i tipi di UtetGiuridica, - Project editor il gentilissimo Dr. Pietro Giordano ed editing a cura di Isabella Medros, e di farne una sorta di sentenza - manifesto nel capitolo dedicato alla fase istruttoria (è a pag. 1065 e seguenti): Cass., Sez. III, 30 giugno 2015, n. 13328, Presidente Angelo Spirito e Relatore il Dott. Marco Rossetti (con Uliana Armano, Raffaella Lanzillo ed Antonietta Scrima a completare il collegio della S.C.)


A tacer dei vari aspetti affrontati, soltanto uno vorrei proporne ora all'attenzione degli affezionati visitatori di LIA Law In Action, quello della c.d. complicanza.

"In caso di complicanza a chi rimane in mano il cerino probatorio?": nel volume è al punto 46.3.2. intitolato "Accertamento della complicanza e presunzione a carico del medico ex art. 1218 c.c.".

Qui la presunzione è decisamente a carico del medico!

Nella fattispecie spettava al convenuto fornire la prova della propria diligenza e tale prova non è arrivata.

Infatti, al medico convenuto in un giudizio di responsabilità non è sufficiente, per superare la presunzione posta a suo carico dall'art. 1218 c.c., dimostrare che l'evento pregiudizievole per il paziente rientri astrattamente nel novero delle c.d. complicanze rilevate dalla statistica sanitaria.

Si tratta di eventi dannosi insorti nel corso dell'iter terapeutico che non sarebbero evitabili, quantunque siano astrattamente prevedibili.

La maestria della penna di Marco Rossetti scolpisce nella roccia della pronuncia della S.C. l'inutilità del concetto, dai contorni assai incerti, di complicanza.

In effetti, se peggiorano le condizioni del paziente delle due l'una:

i) tale peggioramento era prevedibile ed evitabile e allora il medico è in colpa, benché la statistica clinica annoveri l'evento avverso tra le complicanze;

ii) il peggioramento non era prevedibile oppure non era possibile evitarlo: talché è soddisfatta la causa non imputabile di cui all'art. 1218 c.c., a nulla rilevando che la statistica clinica non inserisca l'evento avverso all'interno del catalogo delle complicanze.

L'accertamento ovviamente va condotto in concreto e non in astratto.

In sintesi, prima che la nuova legge in corso di approvazione al Senato (Relatore Sen. Bianco) modifichi radicalmente l'assetto ventennale che pone a carico del medico l'onere della prova in quanto si tratta di un approccio contrattuale, sul piano della prova nei giudizi di responsabilità sanitaria il medico deve dimostrare di avere tenuto una condotta conforme alle leges artis e, quindi, va esente da responsabilità a prescindere se il pregiudizio risentito dall'assistito rientri o non rientri nella classificazione delle complicanze.

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