Ecco cosa dice il giudice amministrativo nel parere allegato su uno dei decreti della riforma P.A.

di Gilda Summaria - Con l'articolo 5 della legge n. 124/2015 "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", il Parlamento ha delegato il Governo "ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché di quelli per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva, sulla base dei principi e criteri direttivi desumibili dagli stessi articoli, dei principi del diritto dell'Unione europea

relativi all'accesso alle attività di servizi e dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, introducendo anche la disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa, compresa la definizione delle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti degli interessati e di svolgimento della procedura, anche telematica, nonché degli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti, e prevedendo altresì l'obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all'atto della presentazione di un'istanza, i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda."

A tal proposito la Commissione Speciale del Consiglio di Stato, ex art. 15 della L. n. 205/2000 , ha emesso un interessante, puntuale e analitico parere: il numero 839/2016 del 30 marzo, depositato a seguito dell'adunanza del 15 marzo 2016.

Con tale documento il Consiglio di Stato ha innanzitutto ribadito quanto sia fondamentale implementare la riforma attraverso i decreti attuativi anche, ad esempio, formando i dipendenti incaricati dell'attuazione, curando la comunicazione a cittadini e imprese sui loro nuovi diritti o informatizzando i procedimenti.

Il Consiglio ha poi ribadito l'importanza di verificare e monitorare l'impatto delle nuove regole anche in vista di eventuali decreti correttivi.

Entrando più nello specifico della materia che ne costituisce l'oggetto, il parere ha ricostruito l'evoluzione dell'istituto della SCIA, confermando che essa riguarda attività libere e non dipende da alcun provvedimento preventivo da parte delle pubbliche amministrazioni.

Operativamente, il Consiglio di Stato ha suggerito di novellare direttamente la disciplina generale in materia di SCIA, intervenendo sull'art. 19 della legge numero 241 del 1990, e ha rilevato che dei due profili della delega non esercitati (ovverosia la precisa individuazione dei procedimenti soggetti a SCIA, a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva e la previsione dell'obbligo di comunicare ai soggetti interessati i "termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda"), il primo deve divenire oggetto di un successivo decreto, mentre il secondo può svolgersi già con il decreto oggetto del parere.

Interessante è inoltre il fatto che il parere ritiene che la legge n. 124 del 2015, con la previsione del limite massimo di 18 mesi all'intervento in autotutela prima che le situazioni dei privati si consolidino, ha introdotto un ‘nuovo paradigma' nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione che si applica astrattamente anche alla SCIA, pur non potendo parlarsi per essa di autotutela in senso tecnico.

Il Consiglio di Stato ha poi chiarito l'importanza di un'opera di raccordo con la disciplina complessiva in materia di SCIA, da attuarsi sia integrando lo schema di decreto in esame che emanando un successivo provvedimento.

In particolare, va precisato il dies a quo per la decorrenza dei diciotto mesi di cui all'art. 21-nonies della legge n. 241/1990; se tale limite temporale vada applicato anche all'intervento in caso di sanzioni per dichiarazioni mendaci; che comunque, in una prima fase, esso debba valere per tutti i provvedimenti, anche precedenti alla legge numero 124/2015; quale sia la delimitazione esatta della deroga ai 18 mesi e che la regola generale di cui alla predetta norma si applichi anche a provvedimenti non formalmente definiti come di "annullamento".

Un forte accento è infine posto dal Consiglio di Stato anche sulla previsione di moduli unificati e standardizzati, che siano concentrati ed esaustivi, e sull'importanza di una ‘SCIA unica'.

Parere n. 433/2016
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