Non rileva che l'impianto fosse originariamente a norma e poi modificato su richiesta dei compratori

di Lucia Izzo - Va risarcito dal costruttore dell'immobile il danno provocato dalla mancanza nell'appartamento della chiave di chiusura del gas: tale responsabilità non viene meno neppure laddove l'impianto, originariamente a norma, sia stato modificato a seguito di richiesta dei compratori che ha di fatto privato l'immobile della chiave di accesso al metano.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 2298/2016 (qui sotto allegata) sul ricorso promosso da una società di costruzioni.

La società venditrice era stata convenuta innanzi al Tribunale dall'acquirente di un appartamento poiché nel locale la conduttura del gas era ritenuta non conforme alle norme di sicurezza, chiedendone la condanna al risarcimento danni per deprezzamento dell'immobile e per danni materiali e biologici.

Il Tribunale dichiarava la domanda inammissibile per intempestività della denuncia dei vizi.

Diversa la decisione in sede d'Appello, dove veniva ritenuta applicabile al caso la disciplina sull'appalto di cui all'art. 1669 c.c.: l'esecuzione dei lavori da parte della società acquirente avrebbe dunque comportato il riconoscimento dei difetti originari, con conseguente esonero dell'onere della denuncia nel termine di decadenza.

Il parziale accoglimento della domanda ha ingenerato il successivo ricorso in Cassazione della società costruttrice, nel frattempo posta in liquidazione, la quale ha precisato che originariamente l'impianto risultava a norma: il difetto riscontrato si era presentato per effetto della modifica della distribuzione dei vani tra i due appartamenti confinanti, richiesti dalla stessa attrice.

Erroneamente, dunque, la Corte territoriale avrebbe catalogato come grave difetto di costruzione il posizionamento della chiave d'arresto dell'impianto del gas.

Inoltre, la committente avrebbe espressamente dichiarato nell'atto di acquisto di avere accettato l'immobile dopo averlo ispezionato con l'ausilio di un tecnico di sua fiducia, pertanto l'appaltatore doveva ritenersi liberato da responsabilità per vizi conosciuti o conoscibili.

La Cassazione ritiene che il ricorso vada respinto: il fatto che l'appartamento fosse stato visionato e trovato idoneo all'uso non dimostra che l'ispezione avesse riguardato anche l'impianto di adduzione del gas e che, in particolare, l'acquirente si fosse resa conto prima dell'acquisto dell'assenza di un'autonoma chiave di chiusura dell'erogazione del combustibile.

Una tale consapevolezza neppure poteva discendere automaticamente dalla modifica dell'originaria dimensione dell'appartamento acquistato, poichè non risulta che l'acquirente fosse edotta della impossibilita di collocare la chiave di chiusura del gas in una posizione diversa da quella originaria, all'interno del vano ceduto all'appartamento acquistato dal figlio.

Per quanto riguarda l'affermazione della sussistenza del danno, precisano gli Ermellini, quale impossibilità di fruire pienamente dell'appartamento e/o di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene oggetto della controversia, questa si fonda sulla ragionevole presunzione che l'appartamento, fino al momento in cui non era dotato di regolare impianto di adduzione del gas, non era completamente abitabile.

Ciò significa che sarebbe presumibilmente mancata la possibilità di riscaldarsi e di disporre di acqua calda per i servizi sanitari e per la cucina.

Cass., II sez. civ., sent. 2298/2016

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: