La Cassazione (sent. n. 5226 del 12 aprile 2002) ha precisato che non è necessaria a tal fine una interversione del titolo del possesso
In caso di successione per morte, il coerede può usucapire la quota degli altri coeredi se dopo la morte del de cuius è rimasto nel possesso del bene ereditario.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione (sent. n. 5226 del 12 aprile 2002) precisando che non è necessaria a tal fine una interversione del titolo del possesso.

Non è però sufficiente il semplice fatto che gli altri partecipanti alla comunione ereditaria si siano astenuti dall'uso comune della cosa.

E' necessario, secondo la Corte, perché possa maturare l'usucapione che il singolo coerede abbia goduto del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziale una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus.

La Corte ha voluto precisare peraltro che tale volontà non può essere desunta dal semplice fatto che il coerede abbia amministrato il bene ed abbia provveduto alla sua manutenzione e al pagamento delle imposte giacché si deve presumere che tali attività siano state compiute nella qualità di coerede.

Ne discende che per invocare l'usucapione del bene ereditario occorre dimostrare che il rapporto materiale con il bene stesso si è verificato in modo tale da escludere, con palese manifestazione del volere, gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il medesimo bene.


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