Il parere del Cnf in risposta al quesiti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano

di Marina Crisafi - Come per gli avvocati anche per i praticanti ai fini dell'iscrizione all'albo, conta il domicilio professionale e non la residenza. Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense con parere n. 40/2015 pubblicato nei giorni scorsi sul proprio sito istituzionale, in risposta al quesito sottoposto dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano.

In particolare, domandava il Coa, se per i praticanti che svolgono il tirocinio presso uno studio e per quelli che chiedono l'iscrizione esibendo attestato della scuola di specializzazione, fosse essenziale il requisito della residenza nel circondario del tribunale ove ha sede il Consiglio dell'ordine.

La questione, ha spiegato il Cnf, in precedenza regolata dall'art. 17 del r.d. 1578/1933, trova oggi la sua fonte normativa nell'art. 7 espressamente richiamato dall'art. 40, comma 3, della riforma professionale forense (l. n. 247/2012), la quale, "eliminato il concorrente requisito della residenza di cui alla previgente legislazione, prescrive che l'avvocato si debba iscrivere nell'albo del circondario del tribunale del luogo ove ha il domicilio professionale, coincidente il più delle volte con quello in cui svolge in maniera principale la professione".

Per cui, in ragione dell'estensione dell'equiparazione tra residenza e domicilio anche ai praticanti avvocati (già affermata con precedente parere n. 36/2010), il Cnf ha chiarito che ciò che conta anche per costoro è unicamente il domicilio professionale, che deve ritenersi "coincidente con quello dello studio legale del dominus ove svolgono la pratica".


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