L'istituto dell'occupazione acquisitiva è stato oggetto di un'interessante pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 735 del 19.01.2015)

A cura dell'Avv. Cristina Bassignana 
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L'istituto dell'occupazione acquisitiva è stato oggetto di un'interessante pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 735 del 19.01.2015) che, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, ha espresso il seguente principio: "l'illecito spossessamento del privato da parte della Pubblica Amministrazione e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione ed il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno

Il privato, inoltre, ha diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente". 

I fatti traggono origine da un lontano decreto del 1953 con cui fu autorizzata l'occupazione d'urgenza dell'area di proprietà dell'attore, un terreno sul quale fu in seguito realizzato un edificio scolastico. L'occupazione divenne illegittima in quanto il decreto di esproprio non intervenne nel biennio successivo.

L'attore citò in giudizio il Comune chiedendo la condanna al risarcimento dei danni patiti per l'illegittima occupazione del terreno sul quale fu realizzato l'edificio scolastico.

La domanda fu rigettata in primo ed in secondo grado per prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

In Cassazione però la prima sezione della Corte rimise gli atti per contrasto giurisprudenziale in relazione alle occupazioni anteriori all'entrata in vigore del Testo Unico n. 327 del 2001. 

In particolare, un orientamento ritiene applicabile l'occupazione espropriativa configurandola come illecito istantaneo con effetti permanenti e riconoscendo al proprietario l'intero controvalore del bene espropriato; un altro indirizzo, invece, ritiene non applicabile tale istituto per due motivi: realizza un'espropriazione indiretta non consentita; l'istituto dell'acquisizione sanante previsto dall'art. 42 bis del T.U. n. 327/2001 è applicabile ad ogni occupazione illecita anche anteriore all'entrata in vigore del T.U. Quindi il soggetto che subisce l'occupazione illegittima rimane titolare del bene occupato e può chiedere il risarcimento dei danni da illecito permanente ma non il controvalore dell'immobile che è rimasto nella sua titolarità.

Le Sezioni Unite hanno di recente affermato il principio sopra espresso dopo aver preso in esame la giurisprudenza, nazionale ed europea, in materia di occupazione acquisitiva.

In Italia l'istituto è di creazione giurisprudenziale risalente agli anni settanta.

Già nel 1979 la Cassazione (sentenza n. 3243 - 8 giugno) tentò di individuare un punto di equilibrio tra la tutela dell'azione amministrativa e quella della proprietà privata superando il precedente orientamento in base al quale il privato rimaneva proprietario del terreno occupato, aveva diritto al risarcimento del danno dalla perdita di utilità e ad un indennizzo in caso di tardiva sopravvenienza del decreto di espropriazione.

La Giurisprudenza del periodo successivo si dovette confrontare con il problema del contrasto dell'istituto dell'occupazione acquisitiva con l'articolo 1 del protocollo addizionale alla CEDU. La Corte, a sezioni unite, ha ritenuto rilevante la questione di legittimità costituzionale dando atto che la  CEDU ha più volte dichiarato "in radicale contrasto con la Convenzione il principio dell'espropriazione indiretta, con la quale il trasferimento della proprietà del bene dal privato alla Pubblica Amministrazione avviene in virtù della constatazione della situazione di illegalità o illiceità commessa dalla stessa amministrazione, con l'effetto di convalidarla; di consentire a quest'ultima di trarne vantaggio; nonché di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione con il rischio di un risultato arbitrario per gli interessati. Lo Stato dovrebbe eliminare gli ostacoli giuridici che impediscono la restituzione del terreno".

L'accessione invertita rappresenta un'eccezione rispetto alla normale disciplina degli effetti di un'occupazione illegittima cui consegue normalmente il diritto del soggetto spossessato di richiedere la restituzione. L'eccezione si fonda sul principio generale espresso dall'art. 936 del Codice Civile in base al quale, in caso di opere fatte da un terzo sul terreno altrui, la proprietà del suolo e dell'opera è attribuita al soggetto portatore dell'interesse prevalente. Tale principio opera anche in caso di attività illecita posta in essere dalla Pubblica Amministrazione, individuata quale soggetto portatore dell'interesse prevalente quando è realizzata un'opera dichiarata di pubblica utilità.

La Corte EDU, però, facendo cadere il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da un'attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato, consente di applicare lo schema generale previsto dagli articolo 2043 e 2058 Codice Civile: non consente l'acquisizione e attribuisce al proprietario la tutela reale e cautelare oltre al risarcimento del danno.

Secondo l'interpretazione della CEDU quando il decreto di esproprio non è stato emesso o è stato annullato, l'occupazione del terreno di un privato e la costruzione di un'opera da parte della P.A., si configurano come un illecito di diritto comune che non determina il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione bensì la responsabilità per danni. Si tratta di un illecito permanente che cessa solo per effetto della restituzione, di un accordo, dell'usucapione, per effetto di un provvedimento di acquisizione reso dall'amministrazione (art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001) o della rinuncia del proprietario al suo diritto. A tale riguardo si sottolinea che il proprietario non perde il diritto di ottenere il controvalore dell'immobile.

Avv. Cristina Bassignana

Corte di Cassazione Sezioni Unite, testo sentenza 19 gennaio 2015, n.735
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