La lunga durata della residenza è solo il requisito di base che non esonera dall'accertamento di ulteriori condizioni valutabili discrezionalmente
Avv. Laura Bazzan 
Con la sentenza n. 60, depositata in data 14 gennaio 2015, il Consiglio di Stato si è pronunciato in merito all'impossibilità di concedere la cittadinanza italiana ad un cittadino straniero, residente nel territorio della repubblica da oltre un decennio, in assenza dei requisiti reddituali previsti dall'art. 9 c. 1 lett. f) della legge n. 91/92 qualora non venga altresì dimostrata costanza nel tempo dell'adeguatezza della situazione economica dell'interessato

Nel caso di specie, il giudice d'appello amministrativo veniva adito da un cittadino pakistano il cui ricorso al TAR, promosso avverso il rigetto della propria istanza di concessione della cittadinanza per omessa dimostrazione dell'adeguatezza del reddito, veniva respinto. Il Consiglio di Stato, rilevando i presupposti per la definizione immediata della controversia, ha avuto modo di affermare che "è opinione comunemente condivisa, anche in base a giurisprudenza consolidata, che la concessione della cittadinanza italiana sia un atto connotato da una discrezionalità quanto mai estesa, tranne alcune ipotesi particolari

Ciò vale in particolare per l'ipotesi di cui all'art. 9, comma 1, lett. f) della legge n. 91/1992, ossia quella dello straniero che risiede legalmente in Italia da almeno 10 anni. È pacifico che la lunga durata della residenza, prevista dalla norma in esame, sia solo il requisito di base, ossia una condicio sine qua non, che non esonera dall'accertamento di ulteriori condizioni valutabili discrezionalmente, fra le quali l'effettivo e proficuo inserimento del soggetto nella comunità nazionale e l'autosufficienza economica". 

In particolare, la prova dell'autosufficienza economica, pur essendo soddisfatta anche se risultante la somma dei redditi di tutti i componenti del nucleo familiare del richiedente la cittadinanza, deve necessariamente connotarsi anche quale condizione duratura per consentire al richiedente, come già espresso in primo grado, "di mantenere adeguatamente e continuativamente sé e la famiglia senza gravare (in negativo) sulla comunità nazionale". 

Poichè l'aspirante cittadino aveva fornito la prova dell'autosufficienza economica solo rispetto all'anno antecedente alla emissione del provvedimento di diniego, il Consiglio di Stato ha ritenuto non provata la continuatività dell'adeguatezza, così confermando la sentenza appellata, senza tuttavia escludere la possibilità per l'interessato di riproporre con esito positivo la domanda di cittadinanza "qualora sia in grado di documentare che la sua situazione reddituale abbia conseguito una relativa stabilità".
Avv. Laura Bazzan


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