Il sostituto processuale è legittimato alla difesa tecnica ma non alla costituzione di parte civile nel processo

"Il sostituto processuale è legittimato alla difesa tecnica ma non alla costituzione di parte civile nel processo, quando la procura speciale che ha attribuito al difensore, insieme con la nomina a difensore tecnico, pure i poteri dispositivi relativi al diritto in contesa propri della parte non lo preveda espressamente". Lo ha stabilito la sesta sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 2329 del 19 gennaio 2015, dichiarando fondato il ricorso di un uomo, imputato del reato di cui all'art. 570 c.p. in danno della moglie, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Campobasso che confermava la condanna concedendogli la sospensione condizionale della pena.

L'uomo ricorreva per Cassazione sostenendo le modalità illegittime della costituzione della persona offesa

, la quale pur pienamente legittimata all'esercizio dell'azione civile si costituiva in concreto per mezzo di sostituto del procuratore speciale, non espressamente autorizzato, giacché la procura speciale a tal fine era stata conferita solo al titolare della difesa tecnica, e senza che l'interessata fosse fisicamente presente. Si doleva, quindi, dell'erronea decisione della Corte d'Appello che aveva affermato l'inammissibilità dell'impugnazione, sovrapponendo due aspetti differenti: la legittimazione processuale e le concrete modalità di esercizio del diritto.

La Cassazione gli dà ragione.

La Corte d'Appello, infatti, secondo i giudici del Palazzaccio, ha errato nella valutazione della questione di diritto relativa all'impugnabilità dell'ordinanza con la quale veniva rigettata la richiesta di esclusione della parte civile

, fondata non già sulla contestazione del diritto sostanziale a costituirsi ma sulle modalità concrete con cui la costituzione in giudizio era di fatto avvenuta.

Richiamando i precedenti giurisprudenziali in materia (cfr., ex multis, Cass.. SS.UU., n. 12/1999), la S.C. ha spiegato che "mentre l'ordinanza dibattimentale di (positiva) esclusione della parte civile è sempre e definitivamente inoppugnabile, quella di inammissibilità o rigetto della richiesta di esclusione è impugnabile da parte dell'imputato, unitamente all'impugnazione della sentenza". Questo perché, ha aggiunto la Corte "una volta esclusa nel giudizio di primo grado, la persona offesa che intendeva esercitare l'azione civile nel processo penale non è più parte dello stesso, che infatti si svolge regolarmente in sua assenza, sicché sarebbe sistematicamente del tutto anomala un'impugnazione tardiva. Né la scelta del legislatore di non permettere un'immediata impugnazione dell'ordinanza che abbia deliberato l'esclusione della parte civile si presta a censure di costituzionalità, atteso che la persona offesa può sempre esercitare la propria azione civile nella sede civile, il suo pregiudizio pertanto essendo sostanzialmente di mero fatto. Invece, l'imputato - che è parte fisiologica e necessaria del processo - ha un permanente interesse a contrastare decisioni in ipotesi erronee che hanno un'immediata incidenza sul capo della decisione afferente le questioni civili pertinenti al fatto di reato per cui si procede".

Pertanto, mentre la stabilità decisoria dell'ordinanza dibattimentale ammissiva della parte civile "deve ritenersi in ogni caso provvisoria", poiché la ratio è quella di garantire l'ordinato e progressivo svolgimento del giudizio in presenza di una parte eventuale, senza che si instaurino fasi incidentali produttive di stasi nel processo penale, è viceversa consentito, con la sentenza di merito, "il controllo da parte del giudice dei presupposti di legittimità formale e sostanziale per l'esercizio dell'azione civile nel processo penale - sia la legitimatio ad causam, sia la legítimatio ad processum, sia l'osservanza delle formalità e dei termini prescritti dalla legge a pena d'inammissibilità - e per il conseguente riconoscimento del ‘diritto' della parte civile al risarcimento del danno".

Su quest'assunto, quindi, la Cassazione ha ritenuto erronea la statuizione di inammissibilità dell'appello dell'imputato che chiedeva l'esclusione della parte civile, atteso che il motivo attiene a questione di mero diritto e poggia su un assunto in fatto che va ritenuto acquisito al processo, ed ha annullato la sentenza impugnata e quella di primo grado limitatamente alle statuizioni civili.

Cassazione Penale, testo sentenza 19 gennaio 2015, n. 2329

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