"Il provvedimento con cui il giudice dispone, ex art. 282-ter c.p.p., il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa deve necessariamente indicare in maniera specifica e dettagliata i luoghi oggetto del divieto".

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 495 dell'8 gennaio scorso, accogliendo il ricorso di un uomo, indagato per il delitto di cui all'art. 612-bis c.p., avverso l'ordinanza del Gip presso il Tribunale di Fermo che applicava la misura del divieto di avvicinamento dello stesso nei confronti di una minore e ai luoghi dalla stessa frequentati.

Ricorrendo per Cassazione, il difensore dell'imputato deduceva la violazione di legge e la carenza dell'apparato motivazionale del divieto, data l'indeterminatezza dei luoghi inibiti alla frequentazione del suo assistito e delle modalità oggettive da osservare per il rispetto del divieto stesso, giacchè il provvedimento intimava solo una lontananza di almeno 200 metri, senza indicare né l'indirizzo della persona offesa, né i luoghi di abituale frequentazione, ponendo dunque l'indagato nell'impossibilità di osservare il provvedimento emanato.

La Corte non può che dargli ragione.

Ritenendo evidente l'assoluta carenza di completezza delle prescrizioni imposte all'indagato, la quinta sezione penale della S.C. ha, quindi, annullato il provvedimento con rinvio al medesimo giudice per nuovo esame, sottolineando la necessità di indicare dettagliatamente i luoghi oggetto del divieto, "perché solo in tal modo il provvedimento assume una conformazione completa, che ne consente l'esecuzione ed il controllo delle prescrizioni funzionali al tipo di tutela che si vuole assicurare". 


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