Data la complessità della disciplina in questione, ci soffermeremo in questa sede solo su alcuni aspetti fondamentali

di Dario La Marchesina - La riforma del diritto societario contenuta nel DLgs. 6/2003 ha regolamentato anche la responsabilità derivante dall'esercizio di un'attività di direzione e coordinamento, che si inserisce all'interno della politica dei gruppi di società.

Data la complessità della disciplina in questione, ci soffermeremo in questa sede solo su alcuni aspetti fondamentali.

La riforma del 2003 ha introdotto l'azione di responsabilità ex art. 2497 c.c. sulla base del seguente presupposto: la società capogruppo, nell'esercitare l'attività di direzione e coordinamento, viola i principi di corretta gestione societaria comportando una diminuzione della redditività e del valore della partecipazione sociale, e quindi un danno per i soci delle società sottoposte; inoltre lede l'integrità del patrimonio di una di esse, con un danno per i creditori.

La questione maggiormente controversa e dibattuta in dottrina concerne il 3°comma dell'art. 2497 codice civile sulla legittimazione ad esercitare l'azione di responsabilità; infatti si stabilisce che il socio e il creditore sociale possono agire contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta all'attività di direzione e coordinamento.

Da ciò si evince come la società controllante possa essere responsabile solo qualora la società controllata non sia in grado di soddisfare il socio o il creditore; per questo motivo la dottrina si pone il seguente interrogativo: vi è quindi un rapporto di sussidiarietà tra la responsabilità della capogruppo rispetto a quella della controllata?

La riposta è affermativa per quanto riguarda la tutela del creditore; questo perché, nonostante il danno cagionato dalla società capogruppo alla società controllata, è quest'ultima che deve rispondere in via principale dell'eventuale inadempimento dell'obbligazione nei confronti del creditore.

L'azione sussidiaria nei confronti della capogruppo deriva dall'impossibilità di ottenere la prestazione dalla società controllata o dalla sua accertata insolvenza.

La risposta, invece, è negativa per quanto riguarda la tutela del socio; questo perché egli potrebbe altrimenti chiedere un doppio risarcimento alla capogruppo e alla controllata.

Infatti la società controllata non sarebbe tenuta ad alcuna obbligazione risarcitoria in quanto parte lesa e il danno è stato cagionato dalla capogruppo; il socio quindi può essere soddisfatto dalla società controllata solo sulla base di somme messe a disposizione, volontariamente o per ordine del giudice, dalla società capogruppo.

Ciò implica le seguenti conseguenze nel processo civile: se la società controllata è chiamata in giudizio da uno dei soci ex art. 2497 c.3 c.c., può chiedere l'intevento in giudizio della capogruppo ai sensi dell'art. 106 c.p.c. o di essere estromessa dal giudizio ai sensi dell'art. 108 c.p.c.

Qualora invece la società capogruppo le abbia fornito i mezzi necessari, la società controllata sarà obbligata a rispondere del risarcimento del danno.

 

L'azione di responsabilità ex art. 2497 c.c. esercitata dal socio, deriva da un danno indiretto prodotto dalla capogruppo sul patrimonio della controllata; si tratta quindi di una responsabilità degli amministratori della società controllante, i quali cagionano indirettamente un danno nei confronti del patrimonio della società eterodiretta.

Invece per quanto concerne le S.p.A. l'art. 2395 c.c., come sappiamo, dice che il socio o il terzo che sono stati direttamente danneggiati da un atto doloso o colposo degli amministratori, hanno diritto al risarcimento.

A questo punto ci si chiede se il danno provocato ex art. 2497 c.c. costituisca una deroga all'art. 2395 c.c.: se ci si limita all'enunciato della norma, sembrerebbe esserci una deroga all'art. 2395 c.c. con il risarcimento chiesto alla controllata per il fatto della capogruppo; in realtà secondo una parte della dottrina questo in concreto non si verifica perché i soldi li mette la capogruppo.

Una possibile deroga all'art. 2395 c.c. si può avere quando gli amministratori possono essere legittimati passivi insieme alla capogruppo per aver cagionato il fatto lesivo.

Dario La Marchesina


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